[Quinto Elemento]: Black Mirror, stagione 6
Sono un fan di Black Mirror dalla prima ora. Ho scritto di tutte e cinque le stagioni prima di questa. Non qui su Melange, sull’altro mio sito (non preoccupatevi, ve li linko tutti in coda). Questo per dire che con Black Mirror ho avuto un rapporto speciale, me la sono goduta — quasi — sempre.
San Junipero, per dire, risulta ancora uno dei miei episodi preferiti. Non il preferito in assoluto, per quelli bisogna risalire alla matrice british della produzione, che corrisponde, caso strano ma non troppo, alle prime due stagioni.
Il resto è storia, Black Mirror e Charlie Brooker approdano poi a Netflix, e qui comincia l’altalena.
Per chi non lo sapesse, Black Mirror, secondo le parole di chi l’ha creata, è nata con uno scopo preciso:
Ci si proponeva, infatti, di esplorare le controindicazioni, in stile bugiardino, dell’impiego della tecnologia sulla società, con una particolare vena distopica… (C. Brooker)
E ancora,
Black Mirror è il riflesso di noi stessi sullo schermo del computer, dopo che l’abbiamo spento.
Temi chiari e efficaci: l’individuo e il suo rapporto con la macchina. Con una particolare visione distopica, perché si sa, all’essere umano piace non solo usare, ma soprattutto abusare di ogni nuova tecnologia.
Sono state stagioni stupende, le prime due, altalenanti le successive, ma pur sempre valide.
E sì, sto tardando perché sinceramente soffro all’idea di scrivere ciò che sto per scrivere.
Black Mirror è nata come serie di fantascienza. Uomo e tecnologia. I confini di genere sono stretti, lo so io per primo, e pensare a una stessa cosa per dieci anni può annoiare, o può spaventare dal momento in cui la realtà là fuori mette la freccia e supera la distopia televisiva.
Black Mirror stagione 6 in salsa Netflix è arrivata al capolinea.
Per due ragioni.
Il rapporto con la tecnologia sa di minestra riscaldata: episodio 1, dove compaiono grandi star e, con la scusa che quando esprimiamo il consenso non leggiamo quello che stiamo accettando (Well, no sh*t, ndr), i nostri imbastiscono una satira tanto facile quanto volgarotta. Quando si arriva a fare battute sulla cacca, vuol dire che il registro, per così dire, si è esaurito.
E dopo il prologo, tutto sommato futuristico, che prende in giro Netflix stessa, si torna nel passato. I restanti episodi sono dominati da un’estetica vintage: anni Novanta, anni Settanta, anni Cinquanta, etc…
E il rapporto dell’uomo con la tecnologia, che pure poteva essere interessante, è sempre più sfumato.
Interessante perché ok, ci poteva stare come suggestione quella di esplorare l’uomo in rapporto con le tecnologie passate. Anche il VHS e i videoregistratori hanno fatto i loro danni, all’epoca.
Ma non è così, non c’è coerenza nello sviluppo di questa idea, avendo cominciato la stagione 6, come detto, nel futuro.
L’episodio 3, poi, per quanto carino nella messinscena, manca della logica elementare che tiene in piedi l’intera trama, per cui… (in breve: esistono copie perfette di esseri umani che svolgono medesima funzione. Perché mai a fare i lavori difficili vengono mandati gli esseri umani (insostituibili) e non le copie? Mah.)
È però con l’episodio successivo, il 4, che il sole morente di Black Mirror si trasforma in una gigante rossa di nonsense.
Ebbene, ci sono i licantropi.
I licantropi.
Capite bene che una serie che vuole esplorare essere umano e tecnologia non può — non dovrebbe — permettersi di ignorare il suo mandato, e il tuo leit motiv, per andare a cercare l’oro in altri generi: l’horror, nella fattispecie.
Cosa che poi viene ripetuta nel quinto e ultimo: Demon 79, che prevede l’intervento di… ok, l’avete capito dal titolo.
Il problema non è nemmeno nell’aver narrato altri generi che con Black Mirror non c’entrano niente. Sarebbe un po’ stirato, e di sicuro poco elegante, ma si potrebbe anche accettare una contaminazione di generi.
Il problema è aver dimenticato il motivo per cui Black Mirror è stata creata, in primis. Per cui questi episodi andrebbero bene per qualunque altra serie, che so, Ai Confini della Realtà, etc…
C’è il fatto che sono anche storielle banali (i paparazzi cinici e malvagi, really? O il politico xenofobo destinato a diventare il nuovo Hitler? Ancora una volta… really?), banalissime nel messaggio e nell’esecuzione, che si rifugiano nell’estetica storica nella speranza che il grande pubblico dimentichi cosa stia guardando e perché.
E, senza sorprese, succederà.
Ciao, Charlie, è stato bello finché è durato.
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Il mio Linktree
E, se siete interessati alle precedenti stagioni di Black Mirror:
Stagione 1 (i e ii parte)
Stagione 2 (i e ii parte)
Stagione 3
Stagione 4
Stagione 5