Undone, la nuova serie degli autori di Bojack Horseman

Domenico Attianese
M E L A N G E
Published in
5 min readSep 16, 2019

Sarà difficile riuscire a spiegare a chi ve lo chiederà di cosa parla Undone, la nuova serie di Kate Purdy e Raphael Bob-Waksberg, i creatori di Bojack Horseman.

Se volete cercare di attirare un po’ di curiosità su questo gioiellino provate a mettere in mezzo ”Donnie Darko” di Kelly: una trama aperta a svariate interpretazioni, che può essere vista come una vicenda visionaria, come un trip mentale ma anche una concreta possibilità di poter superare le barriere dello spaziotempo modificando gli eventi. O tutte queste cose assieme. Ma senza che qualcuno dall’alto (sia un autore o un deus ex machina risolutivo) vi indichi una sola strada da percorrere. Dovete accettare la possibilità di prenderle tutte, e nel mentre ritrovarvi su un’altra pista che non avevate considerato.

In effetti la vicenda della protagonista Alma in questi otto episodi da venti minuti ciascuno è densa di significati, gestita con contrappunti emotivi e tematici di grande complessità: una ragazza che a causa di un enorme trauma si ritrova ad avere la capacità di passare attraverso vari stati di coscienza e consapevolezza, in un baratro visionario e onirico che a tratti sa anche di follia, di claustrofobia — si veda l’episodio 2 con i suoi loop angoscianti di un tempo incastrato in sé stesso.

Ciò che rende Undone così particolare, e forse (ma speriamo di no) non riuscirà a farlo uscire dallo status di serie di nicchia — che pare essergli cucito così bene addosso — è proprio la singolarità di una serie che affronta tematiche tipiche, persino abusate, quali l’onnipresenza (e l’importanza, e l’ingombro) della famiglia, ma lo fa in un modo a dir poco strano. Lo scriveva già Tolstoj nell’indimenticabile incipit di Anna Karenina: tutte le famiglie felici si somigliano, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Nulla di più vero per la famiglia di Alma Winograd-Diaz, con il suo passato di deficit familiari e fisici, probabilmente racchiuso nei geni. E Undone è la storia di una famiglia tipica e infelice, con un padre e una figlia che dopo anni di lontananza riallacciano un rapporto.

La stranezza in tutto ciò è che siamo di fronte a un rapporto da oltretomba, una relazione da viaggio dantesco negli inferi, nei purgatori e nei paradisi di una psiche che sembra essere sotto LSD (e ha letto molto Jung e testi di fisica new age): il padre di Alma è infatti morto anni prima, vuole cambiare il passato e far sì di impedire la propria morte; ma in Undone la certezza che la protagonista stia vedendo davvero quello che è lo spettro del padre noi non ce l’abbiamo: come in Six Feet Under (la ricordate, spero) la serie potrebbe essere anche vista come un lungo, ininterrotto flusso di coscienza rapsodico in cui ogni risonanza emotiva di Alma si riverbera in un cambiamento del suo mondo interiore, in una ristrutturazione totale di un universo che non è più stabile ma in perpetua modificazione, e questo intersecarsi di passato-presente-futuro fa sì che anche i defunti non siano mai davvero morti. Resta da sciogliere il dubbio se siano dei moniti della psiche, o qualcosa di più vicino al mondo al di fuori di questa.

Quindi, il rapporto tra Alma e il trauma di un padre andato via troppo presto (il volto e la voce sono di Bob Odenkirk) è gestito dagli sceneggiatori con la stessa ambiguità con cui riescono a tenere in piedi i simbolismi di ogni episodio — episodi che sono un crescendo, anche se Undone carbura solo dopo i venti minuti dell’episodio 1. Ecco: se il primo episodio di Undone vi sembra noiosetto e nulla di eccezionale, avrete quasi ragione. Ma resistete. Arrivate al crash finale. E dal secondo inizierete a vacillare per la perdita di ogni certezza.

Il mondo è una foresta di simboli, scriveva Baudelaire: che fare quando però VARI mondi si sovrappongono a quella che sembrava essere la sola realtà, e ogni volta bisognerà rialfabetizzarsi e riuscire a comprendere ciò che un dato segno sta ad indicare? Che fare se poi un simbolo, come ogni simbolo, sta a voler dire sia una cosa che il suo contrario? Siamo nei casini, insomma. Senza bussola, se non la guida di un padre morto che però non è una figura così fidata, alla fin fine…

Tornando all’inizio: forse il paragone con Donnie Darko regge ma è limitativo. Donnie Darko era un film che si ispirava ai deliri formali e visionari di David Lynch, ma in Undone la struttura narrativa è molto più coerente, piena com’è di richiami a un mondo (fanta)scientifico — almeno, in una delle possibili interpretazioni della storia -, e per di più la tecnica particolare del rotoscope, che rende l’animazione così simile al mondo reale, ma anche così straniante da destabilizzarci subito, è quella usata in “A scanner darkly” di Linklater, altro film lisergico tratto da un nume tutelare per questo tipo di storie quale era Philip Dick. In questa fitta selva oscura di doppi, loop, Strani Anelli (chi ha letto Hofstadter capirà) e tempi ricorsivi, vale la pena ricordare un altro film che potrebbe ricordare Undone, uno di quelli girati da un mostro sacro ma che giusto quattro gatti avranno apprezzato: “Un’altra giovinezza” di Francis Ford Coppola, altra trama ermetica e simbolica, in cui un uomo colpito da un fulmine riesce ad attraversare lo spaziotempo e esistenze passate alla ricerca della radice del linguaggio primigenio, la scintilla che ha fatto divampare nella foresta (simbolica?) dell’uomo l’incendio del linguaggio.

Undone ha ambizioni simili, parla di linguaggio, di simboli e di gestione emotiva nei rapporti interpersonali tra il Sé e il mondo, ma riesce ad essere di gran lunga più amichevole nell’approccio con lo spettatore, lasciando spazio anche a momenti comici grazie all’esuberanza di una protagonista sboccata e priva di filtri, come poteva essere Fleabag e come è Alma.

Nella speranza di una seconda stagione, Undone ci lascia con la speranza che in fondo nulla sia immodificabile, che una crescita interiore sia capace di andare persino, romanticamente, contro quelle leggi fisiche che conosciamo trovandone di nuove — o contro ogni stereotipo che ci viene attribuito. Per cercare una strada mai battuta prima.

NDD (Nota del Direttore): Il pezzo è stato scritto da Nicola Laurenza, che in questo momento ha un problema tecnico.
Se riusciremo a riportarlo indietro sano e salvo, allora…ah, no, non dovevo dirlo?Ok, come non detto.
Mi stanno chiamando, scusate, alla prossima.

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Domenico Attianese
M E L A N G E

Writer, screenwriter, copywriter, editor. Pizza eater.