India, il paese delle meraviglie

Il Taj Mahal, ad Agra

Elisa Gelmetti
MA.DE.MA. 24

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“L’India è una paese che assale, prende alla gola, allo stomaco, e non permette di restare indifferenti”

Ho voluto iniziare questo viaggio nelle meraviglie architettoniche dell’India, con una citazione di Tiziano Terzani, che riassume in poche parole ciò che sento per questo paese.

La prima tappa di questo itinerario non poteva che essere il Taj Mahal, dal sanscrito “palazzo della corona”, che è sicuramente l’architettura più iconografica indiana, tanto da essere considerata una delle sette meraviglie del mondo. A rendere ancora più affascinante questo monumento è la romantica storia d’amore che ha portato alla sua costruzione nel 1632.

Infatti un anno prima Mumtaz Mahal, terza moglie dell’imperatore moghul Shah Jahan, morì prematuramente dando alla luce il suo quattordicesimo figlio. Donna persiana di straordinaria bellezza e con solide virtù morali, celebrata da artisti e poeti di tutto il paese, divenne in poco tempo una figura fondamentale nella vita del marito, tanto che alla scomparsa di quest’ultima la disperazione dell’imperatore fu tale, che capelli e barba divennero completamente bianchi nel giro di qualche giorno.

La storia racconta che la moglie prima di andarsene chiese al suo amato di prometterle quattro cose, tra cui la costruzione del Taj e l’impegno a recarsi sulla sua tomba ogni anniversario.

Ci vollero 22 anni prima di poter vedere l’opera finita, vennero impiegati più di mille elefanti e vi lavorano quasi venti mila persone, alcune provenienti anche da Asia Centrale e Europa. La leggenda narra che quando il mausoleo fu completato a tutti gli operai furono amputate le mani, in modo che tale splendore non potesse mai più essere replicato.

Il monumento venne realizzato in modo tale da essere accessibile dai quattro punti cardinali, attraverso il fiume Yamuna a nord, i due portali secondari a est e ovest ed per quello principale a sud. La tomba fu posizionata alla fine dell’asse centrale, sulla destra, in arenaria rossa, fu costruita la moschea, mentre sulla sinistra venne edificata una struttura gemella con la funzione di casa per i pellegrini.

Il mausoleo è l’unico edificio rivestito interamente in marmo bianco, punto focale è la cupola che grazie alla posizione vicino al fiume, crea un gioco di colori unico, in costante mutamento durante l’arco della giornata e in base alla stagione. Il Taj è rosato al mattino, bianco latteo alla sera e dorato quando la luna splende, in India si dice che i cambi di colore rispecchino la mutevolezza dell’umore delle donne.

Come capita sempre più spesso alle nostre architetture, anche il Taj sta affrontando il problema dell’inquinamento. Le polveri sottili, infatti ingialliscono il bianco marmo che ricopre tutta la struttura, le autorità locali nel tentativo di diminuire il problema hanno vietato la costruzione di industrie inquinanti nelle vicinanze del monumento.

“Chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. È sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso maleodorante, corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno”

cit. Tiziano Terzani

Vi aspetto con il prossimo articolo per continuare questo viaggio…

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