L’ESOTICO IN EUROPA

Leonardo Dal Cero
mapgavazine
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2 min readDec 18, 2017

La fine dell’isolamento giapponese

Alla fine dell’Ottocento cominciò a sviluppare una politica imperialistica anche il Giappone, fino ad allora rimasto completamente isolato a causa di una politica molto rigida e caratterizzata da una forte chiusura verso l’esterno.
All’inizio del XIX secolo il Giappone era caratterizzato da un ferreo centralismo e da un struttura sociale molto chiusa, paragonabile ai governi assolutistici dell’Europa dell’Ancient Regime: il potere politico era amministrato dalla ricca classe dei proprietari terrieri dei Daimyo, guidata praticamente da uno Shogun (capo militare) e sostenuta dal ceto guerriero dei Samurai, mentre quello religioso era esercitato dalla figura dell’imperatore; a differenza delle società europee contemporanee, la figura imperiale rivestiva un ruolo esclusivamente simbolico e non si curava di questioni politiche.
Sulla spinta del ceto commerciale nel 1853 il Giappone aprì due porti commerciali agli stranieri e stipulò i cosiddetti patti ineguali che concedevano agli americani privilegi di ordine commerciale e giuridico. Questa apertura al mondo occidentale, voluta dallo Shogun, causò una violenta guerra civile che durò quindici anni. Quando nel 1868 lo Shogun morì, il nuovo imperatore Mutsuhito diede il via a un grande processo di riforme conosciuto come era Meiji, ossia governo illuminato.
La politica di Mutsuhito, decretando la fine del sistema feudale, portò al Giappone immediati vantaggi economici ed industriali e diede la possibilità alla nazione di trasformarsi in potenza imperialistica.

Il fascino del Sol Levante

Nella seconda metà del XIX secolo, in Europa si diffuse la passione per la cultura giapponese che contagiò il mondo della moda, della pittura, delle arti plastiche e decorative, della letteratura e della musica.
Il Sol Levante cominciò a svelarsi in Europa solo dopo il 1853 e le arti figurative furono le prime a sentirne l’influenza: le stampe di Utamaro, Hokusai e Hiroshige, con le loro immagini del mondo fluttuante (ukiyoe) che esaltavano i piaceri delle feste, della moda e delle passioni amorose, e che rappresentavano in maniera del tutto unica la natura, affascinarono molti pittori dell’epoca quali Degas, Monet, Gauguin e Van Gogh, che si ispirarono alle stampe giapponesi per l’uso del colore e della prospettiva.
Ben presto a Parigi furono vendute migliaia di stampe giapponesi e si diffusero molto velocemente anche accessori tipici del Giappone come il kimono e i ventagli decorati.
Anche la poesia giapponese, in particolare nelle forme del waka e dell’haiku, contribuì al rinnovamento della lirica occidentale. Il waka era composto da 31 sillabe (5/7/5/7/7) e fu fin dalle origini il metro preferito dei giapponesi per trattare temi amorosi e naturalistici, fino a quando fu messo in ombra dall’avvento dell’haiku, un metro più veloce che coglie l’immediatezza e l’unicità dei temi affrontati e li trasforma in momenti unici ed irripetibili. L’Haiku era composto da 17 sillabe (5/7/5) e furono proprio la sua velocità e la sua leggerezza che ispirarono i grandi maestri di poesia europei e statunitensi come Charles Baudelaire, Walt Withman, Giuseppe Ungaretti e tanti altri.

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