L’essere di Parmenide

Letizia Memo
mapgavazine
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2 min readNov 2, 2017

Quante volte durante la vita di tutti i giorni ci capita di dire che qualcosa è, o che qualcosa non è, o che semplicemente, è una cosa e non è un’altra? Tante. Ma non ci siamo mai chiesti cosa significhi veramente essere e non essere. Qualcuno l’ha fatto ancora prima di Amleto nella tragedia di Shakespeare. Colui che, per primo, parlò, o che meglio filosofò sull’essere, fu Parmenide. Parmenide è uno tra i più grandi filosofi presocratici, nonché padre dell’ontologia, che stabilì le caratteristiche dell’essere.

Per cominciare, ci dice subito che bisogna ben distinguere due vie di ricerca , le sole pensabili: ”L’una <che dice> che è e che non è possibile che non sia, è il sentiero della Persuasione; l’altra <che dice> che non è e che non è possibile che sia, è un sentiero del tutto inindagabile: perché il non essere né lo puoi pensare né lo puoi esprimere.”. Questo è il “principio di non contraddizione” che sta alla base della ragione, della verità: ci dice, molto semplicemente che l’essere non può che essere e il non essere non può che non essere.

L’errore che commettono i mortali è quello di ritenere l’essere e il non essere identici. Infatti, danno ascolto ai sensi, i quali dimostrano il divenire cioè che l’essere è e non è. Non seguono, perciò, la strada della Ragione, ma quella dell’illusione.

Parmenide per far comprendere il concetto dell’essere paragona quest’ultimo ad una sfera:

  • Indivisibile perché se si dividesse, un pezzo di essere non sarebbe l’altro e l’essere non può che essere;
  • Completa perché se mancasse di una parte mancherebbe dell’essere e l’essere non può mancare di essere;
  • Immobile perché se si muovesse si muoverebbe nel non essere.

Dunque, possiamo dire che Parmenide fu il primo a domandarsi cos’è l’essere e a risolvere questo problema attraverso la metafisica non basandosi, quindi, sui sensi e le esperienze, ma sulla ragione e sul senso della verità.

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