Paracelso

Annachiara Grando
mapgavazine
Published in
2 min readOct 13, 2017

Paracelso fu un alchimista, “mago”, medico, vissuto nel Rinascimento. Le sue dottrine furono sempre avvolte in un’aura di ambiguità ed egli venne considerato dai suoi contemporanei come superbo, orgoglioso e pazzo, in quanto si distingueva da loro per idee e convinzioni.

Nacque in Svizzera nel 1493, da padre medico che gli insegnò i precetti della medicina fino a che non si laureò all’Università di Ferrara. Nel corso della sua vita intraprese lunghi viaggi in Europa spingendosi forse fino all’India e alla Cina, durante i quali studiò le malattie più frequenti fra il popolo e fondando un nuovo sistema terapeutico sulla base delle sue cognizioni e osservazioni cliniche e chimiche conquistandosi l’amicizia di medici e malati, ma anche sollevando grandi discussioni.

In seguito ai suoi viaggi divenne professore all’Università di Basilea nel 1527, dove fece bruciare pubblicamente dai suoi studenti i testi di Galeno e Avicenna (le cui dottrine erano considerate fondamentali dalla medicina tradizionale), bollandoli come ignoranti in materia medica. Da quel momento divenne sempre più impopolare e perse la cattedra all’Università.

Dopo aver passato i restanti anni della sua vita a vagare di città in città, morì a Salisburgo nel 1541.

Ad oggi viene considerato come “mago” Rinascimentale, in quanto fu l’autorità del periodo tra coloro che cercavano di penetrare la natura e scoprirne i segreti con mezzi ambigui, formule e atti simbolici.

Le sue dottrine:

Secondo Paracelso le malattie, come la salute provenivano dalla volontà divina, perciò se una persona viveva nella preghiera e nella fede sarebbe rimasto salvo. Il medico dunque non era altro che colui che faceva avvenire quella guarigione che altrimenti sarebbe venuta direttamente da Dio.

Diede vita ad una nuova disciplina, chiamata iatrochimica, basata sulla cura della malattia utilizzando sostanze minerali, in quanto la salute dell’organismo dipendeva essenzialmente da uno specifico equilibrio tra i componenti chimici dei fluidi corporei, mentre la malattia derivava dalla separazione di questi elementi. Questi componenti per lui erano i quattro elementi di Aristotele (acqua, aria, terra, fuoco) ai quali però aggiunse tre nuovi principi della materia (sale, zolfo e mercurio).

Si getta quindi alle spalle la teoria degli umori di Ippocrate, continuando però a credere ad una disciplina molto antica: la “teoria dei simili”, già presente presso i primitivi e gli egiziani, secondo la quale una malattia può essere curata con la stessa sostanza da cui è stata causata.

Pose inoltre le basi della semiotica (branca della medicina il cui oggetto di studio sono i sintomi soggettivi e i segni della malattia come elementi che servono per giungere alla diagnosi), distinguendosi così ancor di più dalle pratiche dei suoi contemporanei per agire non solo sul corpo fisico del malato, ma anche su quella regione interiore dove il morbo aveva origine.

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