Enrico Viceconte
Management Stories
Published in
4 min readMar 23, 2022

--

Ecologia dei media. I due stress test: la pandemia e l’aggressione all’Ucraina

Ieri, nell’aula del parlamento italiano, sono state pronunciate due frasi che stamattina sono state riportate, ripetute e commentate ossessivamente in tutti i telegiornali e contenitori televisivi. Nessuno escluso.

La prima frase è di Zelensky e dice pressappoco “pensate se Mariupol fosse Genova”, la seconda di Draghi. “Roma è con voi”.

Nel primo caso la figura retorica è quella della similitudine (Mariupol-Genova), nel secondo quella della sineddoche (Roma per Italia tutta, la parte per il tutto)

La frase del Presidente dell’Ucraina fa parte di un accorgimento di comunicazione efficace usato nei collegamenti ai parlamenti occidentali. Il Muro per i tedeschi, l’11 settembre per gli statunitensi, la Shoah per gli israeliani sono riferimenti immediatamente inseribili nel pezzo giornalistico che si sta confezionando. E la cosa ci sta. Il Presidente di un Paese libero ferocemente invaso e distrutto da un paese brutale guidato da un dittatore ha buoni motivi per fare appello ai sentimenti degli altri paesi liberi per chiedere aiuto e ha pieno diritto di farlo. Così come il Presidente del consiglio italiano ha buoni e condivisibili motivi per sottolineare, con il tropo usato, l’unità del popolo Italiano nell’appoggio all’Ucraina.

A scanso di equivoci, per evitare che il mio post possa essere inteso come un tentativo di “indebolire” gli argomenti a favore dell’Ucraina e quindi a “rinforzare” quelli giustificazionisti, premetto che non c’è alcun tipo di possibile giustificazione ai crimini che sta commettendo il regime russo. Nella situazione raggiunta non è utile alcun ragionamento del tipo logico “Né con A né con B” oppure “Chi non è con A è contro di A”. Né ha senso cercare nel passato spiegazioni del presente.

Il mio ragionamento prende atto di una situazione estrema in cui la posta in gioco è tale che si sospendono alcuni sofismi al fine di salvare esseri umani dalla sofferenza, dalla morte e dalla distruzione. Una maledetta situazione estrema in cui non avremmo mai dovuto trovarci. Ma nessun inquadramento storico può attenuare la focalizzazione odierna sul tragico problema che deve essere risolto subito.

Mi dedico però ad un’analisi di quello che succede nel sistema dei media perché è opportuno essere consapevoli che la potenza delle parole che circolano tra televisione, stampa e social media, può qualche volta rivolgersi alla pace e alla solidarietà ma, allo stesso modo, rivolgersi alla guerra e alla sopraffazione. Con la evidentissima certezza che è meglio un paese come quelli occidentali in cui le parole e le idee circolano liberamente di un paese come la Russia in cui non circolano e in cui i giornalisti vengono uccisi. Siamo fortunati di vivere in un paese democratico e dobbiamo aver cura della democrazia (che è più fragile di quanto credevamo).

In alcuni contributi precedenti ho mostrato come il funzionamento del sistema dei media, basato oggi sull’effetto combinato dei media tradizionali e “social”, produca, assieme a ridondanza e amplificazione informativa su alcuni temi in agenda, la creazione di alcuni clamorosi punti ciechi e la produzione di scorie tossiche. L’idea riprende il concetto di “ecologia” dei media di Neil Postman. Erano gli anni ’60 del secolo scorso quando i social media non esistevano ancora, ma, essendo basata su un principio sistemico generale, la visione ecologica del sistema dei media rimane del tutto valida oggi.

Due catastrofi globali, la pandemia e l’aggressione russa all’ Ucraina hanno messo in moto su una scala inaudita il sistema dei media dettando le agende e sconvolgendo i palinsesti. Se i “media studies” uscissero da queste catastrofi con gli stessi strumenti concettuali di prima sarebbe un fallimento imperdonabile. Lo stress test che purtroppo stiamo vivendo non ci avrebbe insegnato niente. Sarebbero passati senza lascar traccia i primi due stress test “fine-di-mondo” dopo la seconda guerra mondiale, nello scenario, mai prima esistente, di un sistema dei media che comprende, oltre alla televisione generalista e i canali all-news, i media digitali.

Facendo seguito ai miei contributi sull’ “ecologia dei media” vorrei mettere in evidenza un aspetto che era già emerso dal caso COVID19. Lo riassumo così:

1) il format del “contenitore” tende a riempirsi quasi tutto del contenuto in agenda;

2) il contenitore tende a spettacolarizzare le seppur minime divergenze di opinione in logica di arena;

3) La spettacolarizzazione della notizia e la fame di attenzione e di audience porta ad una amplificazione selettiva di alcuni aspetti e alla scomparsa di altri.

Un effetto combinato di media tradizionali e nuovi che credo debba essere analizzato con strumenti critici. Forse non per oggi (è troppo tardi, il guaio è fatto), ma per il futuro.

Giunti alla “fine della storia”, pensavamo che catastrofi legate ad “armi, acciaio e malattie” fossero cose del passato (Cito Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, di Jared Diamond). Questi ultimi due anni hanno dimostrato che il quattordicesimo millennio in cui siamo entrati da circa un quarto di secolo non è molto diverso dai primi tredici. Spero che i media studies si sveglino e ci aiutino un po’a vigilare su una parte di quello che accade nel mondo e a salvarci dalla distruzione.

--

--