Le leggi scritte e quelle non scritte

Enrico Viceconte
Management Stories
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4 min readOct 3, 2021

«Non pensavo che i tuoi editti avessero tanta forza, che un mortale potesse trasgredire le leggi non scritte ed incrollabili degli dei. Infatti, queste non sono di oggi o di ieri, ma sempre vivono, e nessuno sa da quando apparvero».

Antigone, Sofocle

I classici e la storia, che dovremmo aver studiato a scuola, dovrebbero ispirarci uno sconfinato rispetto della dimensione tragica e grandiosa del Mediterraneo. Un mare chiuso “in mezzo alle terre” al quale popoli diversi si affacciano, giunti a quelle spiagge nel maestoso cammino di ominazione del mondo in continua lotta per la sopravvivenza. Il mare come grande frattura, mezzo di divisione e di comunicazione, luogo di trasmigrazioni, di conquiste, di conflitti, di naufragi. Per capirlo a fondo è forse importante vivere in una città come Napoli, dove è ancora visibile la forma dell’insediamento dei coloni greci e, nei suoi dintorni, il vulcano in mezzo al mare di Pithecusa (Ischia), Cuma degli oracoli, il Capo di Miseno dove avvenne il naufragio dei disperati fuggiti da Troia che hanno inseminato il litorale laziale. La stirpe italica, di cui qualcuno vuole ogni tanto rivendicare privilegi e primati, ha le sue origini mitiche da altre sponde del Mediterraneo.

Qualche anno fa, in occasione del linciaggio verbale sui social media di Carola Rakete, ipotetica rea di aver infranto la legge per motivi umanitari, scrissi degli eroi e dei vigliacchi: eroi della vita i migranti disperati che affrontano il mare in cerca di una vita migliore, vigliacchi quelli che, ben pasciuti, vomitano da dietro le tastiere nel tinello di casa, sentendo minacciata l’integrità della patria da poche barche di disperati inermi.

Qualcuno allora, a proposito della Rakete, ricordò l’Antigone di Sofocle che infranse le leggi scritte di Tebe per rispettare le leggi divine ispirate alla pietà. Mi sembrò allora un paragone forzato che avrebbe scatenato inutilmente la destra (che non vede l’ora di dire che a sinistra vivono di supponenza culturale) quando invece l’innocenza della comandante sarebbe risultata palese in giudizio.

A distanza di quattro anni, però, la tragica contrapposizione messa in scena da Sofocle riaffiora dal Mediterraneo a riempire di significati un altro momento di cronaca.

Vidi la tragedia di Sofocle in TV, come i miei compagni di ginnasio, su suggerimento della professoressa di greco del Liceo Umberto I. Antigone era Adriana Asti. Ricordo che ci soffermammo in classe sul re Creonte che, turbato anch’egli dal dilemma, decise in giudizio contro Antigone per non mostrarsi debole agli occhi dei cittadini. La vigliaccheria del tiranno che, in nome della legge, sacrifica gli inermi alla propria brama di potere. La tirannide è sempre vigliacca e sacrifica l’umanità al potere, al consenso, alla continuità del proprio trono. Ogni dittatura può essere letta in questa chiave. Ogni volta che prevale il valore fondamentale della compassione, della solidarietà, dell’empatia ci allontaniamo dalla dittatura. Quei valori che i vigliacchi di oggi, nel proprio tinello con la tv accesa, chiamano con un ridicolo neologismo “buonismo”. Dando prova della propria povertà culturale oltre che della loro vigliaccheria. La dittatura si nutre di colpevoli da punire esemplarmente, perché il consenso, come ci insegna Ponzio Pilato, vuole le sue vittime e il potere ama concederle.

Ma non abbiamo visto abbastanza teatro antico, non sappiamo attingere alla cultura tragica del Mediterraneo anche quando nella nostra Magna Grecia, così come affiorano a Riace gli antichi guerrieri di bronzo naufragati, affiora l’esperienza di Mimmo Lucano nel nostro immaginario.

Spuntano allora, dal nulla dei tinelli dei vigliacchi, tanti legulei improvvisati che invitano chi è sgomento per l’entità della pena, a vedere le “carte”, la motivazione della sentenza, prima di prendere le parti di Lucano. Spuntano dal nulla i contabili che sommano i capi di imputazione, che giustificano i fattori moltiplicativi della pena. Perché per loro è importante avere un colpevole da condannare in modo esemplare. Molti di loro, in altre circostanze della loro vita operosa, hanno giudicato irrilevante l’incriminazione per abuso di atto d’ufficio (anzi dannoso alla semplificazione burocratica necessaria alla cultura del fare). Molti di loro hanno ritenuto veniale la corruzione come inevitabile in un mondo in cui tutti sono un po’corrotti. Improvvisamente questa indulgenza scompare e si moltiplicano e si sommano gli anni della pena che deve essere inflitta al “buonista” rosso che ha infranto la legge nel tentativo di risolvere con umanità e creatività la tragedia (per chi soffre) dell’emigrazione prima ancora che il “problema” (per chi sta nel tinello) dell’immigrazione.

Solo la cultura, la scuola, l’impegno politico di chi crede nei valori della solidarietà umana più che in quelli del potere, possono ribaltare uno smottamento rovinoso, purtroppo mondiale e non solo italiano. Anche aver metabolizzato negli anni la tragedia di Antigone e il mito di Enea può servire in una lotta impari.

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