Thinking About the Unthinkable:

Enrico Viceconte
Management Stories

--

dai “think-tank” ai “tank” russi in Ucraina;

dalla “fine della storia” alla “fine del mondo”

Premessa

E' necessario premettere che quando una guerra è scoppiata e si sta combattendo non ci sono alternative all’uso delle armi. Come è accaduto contro Hitler. Lo premetto con chiarezza perché non basta dire che si condanna il regime russo autocratico, illiberale, violento con le opposizioni e la stampa libera. Non basta ricordare che quell’indegno regime lo si è sempre condannato, auspicando da sempre la crescita di una vera democrazia liberale in Russia, il rispetto dei diritti umani, e l’abbandono di logiche nazionaliste e imperialiste. Non basta perché, non appena si tocca il tema degli errori strategici di Europa e NATO negli anni trascorsi dal crollo de Muro di Berlino, si sarà accusati frettolosamente (e con un grossolano errore logico) di essere filo-Putin, di sposare la logica priva di sfumature del “né-né”, di indebolire l’unità del mondo civile contro la barbarie. La comprensibile e necessaria solidarietà al popolo attaccato brutalmente ci fa perdere di vista alcuni principi della logica. E la lettura storica che dovrebbe evitarci errori futuri. Quando una guerra è scoppiata e si sta combattendo non ci sono molte alternative all’uso delle armi, vale a dire dare più armi di difesa agli Ucraini. Ma questa guerra non avrebbe dovuto scoppiare. Se è scoppiata c’è sicuramente un colpevole, la Russia, ma ci sono delle responsabilità dell’occidente in termini di “disattenzione”, imperizia, ignoranza, superficialità, sufficienza e chi più ne ha più ne metta. La guerra non doveva iniziare.

L’ecosistema dei media, in cui abbiamo la fortuna di trovarci come cittadini di paesi democratici, per meccanismi che ho in altri post descritto, perde la capacità di applicare correttamente la logica. Ripeto, abbiamo un buon ecosistema dei media rispetto alla porcheria che c’è in Russia, in Cina, in Arabia Saudita e così via, ma questo non significa che il nostro sistema non sia perfettibile. Specie quando l’importanza dell’agenda dei media è commisurata all’importanza dei temi di cui si parla, come una pandemia o una tragica guerra, pericolosissima per il mondo intero.

Questo funzionamento del sistema dei media non aiuta a risolvere la tragedia in cui il mondo si è cacciato né aiuta a impostare diversamente le azioni che il mondo dovrebbe intraprendere per non ricadere in tragedie simili, come una possibile mossa analoga — ad esempio — del regime cinese, altrettanto illiberale, nazionalista, imperialista e contrario ai diritti umani.

Inefficacia dell’analisi degli degli scenari per le decisioni strategiche

Fatta questa premessa, vorrei parlare degli errori strategici fatti dall’occidente che avremmo voluto più saggio e meno autolesionistico.

E' incredibile quanto siano state inefficaci le analisi di scenario di quei “think-tank” che dovrebbero raccogliere, come dice il termine, le migliori menti del mondo per aiutare i politici a prendere le migliori decisioni possibili per il futuro. E' incredibile poi come l’ONU, in tutte le sue articolazioni, sia stato irrilevante nello sviluppo e nel miglioramento delle azioni di peace-building, cioè di prevenzione. Un tragico fallimento. Non metto in conto la possibilità, che escludo, che quella in cui ci troviamo sia esattamente quella in cui qualcuno voleva portarci per trarne beneficio. Scoraggio in ogni modo ogni ragionamento di questo tipo che lascio ai complottisti di ogni genere, quelli razionali e quelli irrazionali.

Un fallimento delle analisi di scenario, aggiungo, che è anche dei movimenti che, da posizioni genericamente pacifiste, internazionaliste, ambientaliste, insomma da posizioni “di sinistra”, non hanno espresso un pensiero ben articolato e sistemico in grado di criticare efficacemente le posizioni “di destra”, lasciando alla sola voce di Papa Francesco, lasciato solo come se se ne vergognassero, alcune questioni di base che riguardano la fratellanza umana, la questione del rapporto tra l’agire umano e la terra, i difetti e i limiti del capitalismo così come lo pratichiamo.

La deterrenza del dottor Stranamore

Non si sente abbastanza parlare in questi giorni di teoria della deterrenza. Un tema invece attualissimo, essendo in gioco investimenti in riarmo. Credo che se ne debba parlare perché tale dottrina (che si pensava funzionasse benissimo) ha fallito. Gli studi strategici e politici che fanno ancora riferimento ai concetti e alle dottrine di deterrenza sviluppati all’epoca della guerra fredda probabilmente sono rimasti rudimentali e arretrati. Stanley Kubrick, nel 1964, con il film “Il dottor Stranamore, aveva fatto satira corrosiva sul quelle dottrine che, ad esempio con le teorie di un certo Herman Kahn sulla Bomba “fine-di-mondo” (“Doomsday”, vale a dire “Apocalisse”), avevano instaurato l’equilibrio basandosi sul potenziale dell’arsenale nucleare delle due superpotenze contrapposte. Il film satirico ipotizzava, in fondo, che una falla nella logica delle deterrenza poteva essere nella pazzia umana che, da individuale, poteva diventare collettiva.

L’ispiratore del personaggio interpretato da Peter Sellers, Herman Kahn, era un fisico di origine tedesca dalla fantasia debordante. Il suo lavoro alla RAND Corporation, un think-tank americano, fu di ispirazione alla narrativa. E’noto che Stanley Kubrick si sia appassionato ai libri di Khan e, nel 1964, abbia fatto uscire il film “dr. Strangelove”, il Dottor Stranamore, inventandosi un personaggio che era un miscuglio di quattro personaggi reali: Herman Kahn, John von Neumann, matematico di origine ungherese, Edward Teller, ungherese anch’egli, scienziato nucleare e parte di un gruppo di scienziati ungheresi chiamati ‘marziani’, Wernher von Braun il nazista che ha sviluppato i V2 tedeschi e poi avrebbe portato gli americani sulla Luna.

Thinking About the Unthinkable, del 1962, era un libro di Kahn. L’idea di una macchina “fine del mondo” era stata partorita da Kahn in un suo studio sulla deterrenza nucleare. Uno strano psicologo di Harvard scrisse che Kahn prendesse l’LSD per generare quegli scenari e quelle teorie. Lo psicologo si chiamava Timothy Francis Leary è fu un idolo della controcultura americana, compreso il poeta beat Allen Ginsberg e i figli dei fiori che lo definivano uno psiconauta. Un uomo dagli atteggiamenti oracolari. Leary ha lavorato all’Harvard Psilocybin Project dal 1960 al 1962, testando gli effetti terapeutici e creativi dell’LSD.

Alla fine del film di Kubrik la superbomba fa estinguere la razza umana. Un attimo prima, nel film, un generale pazzo, cavalcando la bomba che precipita, sembra preso da un’estasi delirante. Poi una sequenza di esplosioni nucleari con cui il mondo finisce, accompagnate dalla canzone “We’ll meet again” scritta nel 1939, una delle canzoni più famose e dolciastre degli anni della Seconda guerra mondiale, che allude ai soldati che andavano al fronte e alle loro donne.

Sto scrivendo un libro su quegli anni ’60 in cui, in piena guerra fredda, la rivoluzione libertaria, progressista, pacifista e ambientalista, sessualmente libera, culminata nel 1968 e guidata da una generazione di baby-boomer nati dopo la più spaventosa guerra della storia, oggi settantenni (figli dei fiori o studenti in eskimo) non seppe vincere la sua lotta culturale (per motivi che qui non stiamo ad analizzare) e si estinse lasciando solo un retaggio di edonismo che migrò da “sinistra” a “destra” negli anni ’80. Appartengo a quella generazione ancora in vita ma praticamente estinta.

Perché ci siamo cacciati in questa catastrofe? Ripeto, parlo semplicemente di errori, perché lascio ad altri l’ipotesi che la catastrofe sia voluta. Gli errori occidentali fatti a partire dai tempi di Gorbaciov e del crollo del muro sono evidenziati da destra e da sinistra, dagli Stati Uniti all’Europa, da esperti di cose militari a esperti di relazioni internazionali. Ci sono stati molti appuntamenti persi per cercare di addormentare, addomesticare, progressivamente con la pazienza e la buona volontà l’aggressività e l’involuzione autocratica dell’orso russo come ci possono essere ancora altri appuntamenti per cercare di addormentare l’aggressività e l’involuzione autocratica del drago cinese. Sono stati tutte occasioni perse e temo che ne saranno perse ancora. Qualcuno si sta chiedendo, ex post, dopo che le belve sono uscite dal recinto, se la strategia giusta non sarebbe stata quella della pazienza con cui si doveva favorire lo scivolamento della Russia verso l’Europa, verso Occidente, moltiplicando i progetti e gli interessi congiunti. Qualcuno si chiede se l’effetto di alcune scelte sia stato invece creare le premesse per uno scivolamento della Russia verso Oriente, verso la Cina. Qualche storico del futuro potrà giudicare. Non vorremmo che in quel futuro in cui si emetterà un giudizio storico il nuovo ordine sia quello in della contrapposizione tra USA e Cina, che oggi combattono indirettamente sul fronte euroasiatico. Una contrapposizione bipolare da nuova guerra fredda dove gli equilibri (a livello ideologico) saranno non tra la democrazia e il comunismo ma tra capitalismo liberale e capitalismo illiberale (molto simile al nazismo). Con la possibilità di distruggere la coesione europea intorno al capitalismo liberale. Il crollo della fiducia dei popoli nella democrazia potrebbe essere l’arma vincente del fronte anti democratico. Persino in USA. Con effetti da fine del mondo.

Ipotizzo che la causa di una mole di occasioni di costruzione di pace mancate sia molto dovuta a una teoria più volte falsificata dalla realtà: che l’economia di mercato sia necessaria e sufficiente a far evolvere verso la democrazia un paese (e il mondo intero). Tale teoria ha il corollario che la democrazia è esportabile come una merce. Tale corollario comporta che sia inutile perseguire altri strumenti per attenuare i contrasti se non quello di adottare il modello occidentale basato sul capitalismo (fidandosi in una invitabile futura comunità di valori democratici). Sono realistico, questa teoria fallace non ha molte alternative fattibili, sul breve termine, per come siamo messi oggi. Ma c’è un errore legato alla tacita convinzione che il successo di tale esportazione può essere aiutato e accelerato dall’uso delle armi. E questo deve essere messo in discussione.

Le confortanti teorie derivanti dal concetto di “fine della storia” di Fukuyama, sono state falsificate già ripetutamente con la delusione delle primavere arabe. Ma, se vogliamo, sono state a un passo da essere falsificate perfino in USA nell’involuzione trumpiana, culminata con l’attacco a Capitol Hill.

Teorie ottimistiche che secondo molti hanno avuto un effetto devastante in quelle aree del mondo in cui ci si è illusi che si stesse andando inevitabilmente verso quell’asintoto di progresso. Illusione finita con tragici eventi localizzati di involuzione violenta. Le cose sono molto più complesse.

Oggi, se la filosofia di fondo che anima i forecast dei tink-tank resta la stessa, gli effetti, avendo a che fare con superpotenze nucleari, potrebbero essere da “fine del mondo”. Non vorrei che in questo trentennio dopo la caduta del muro di Berlino think-tank supponenti e farneticanti avessero scommesso sulla “fine della storia” (un asintoto di democrazia, apertura e liberalismo condivisi su scala globale) e, suggestionando politici mediocri e impazienti, avessero perso la scommessa ottenendo, come nel dottor Stranamore, invece della consolante “fine della storia (e delle guerre)” di Fukuyama, la “fine-del-mondo”, il “Doomsday”.

Chi consiglia i politici nel prendere decisioni così importanti per la sopravvivenza dei propri paesi e della stessa specie umana? Probabilmente dei “Stranamore” innamorati delle proprie teorie tanto da non accorgersi dell’evidenza della loro fallacia. Se una cecità nel prendere decisioni può disgraziatamente esserci in Russia, in Cina, in Arabia Saudita e in altri paesi fuori dalle regole basilari della democrazia (come d esempio quelli fondamentalisti) non dovrebbe esserci in Europa e in USA.

Ci siamo cacciati in un disastro dove la supremazia culturale che abbiamo raggiunto in quello che chiamiamo “Occidente” avrebbe dovuto venir fuori, come saggezza e rigore scientifico con cui si fanno previsioni e si valutano gli effetti delle decisioni. Guidati dai valori della democrazia e liberati dall’illusione e dalla credenza magica che il capitalismo (e la minaccia di guerra) bastino a garantire la libertà.

Gli studi sulla complessità sono abbastanza avanzati da consentirci di mettere nuove basi agli studi di politica internazionale, agli studi strategici e a superare quei modellini semplici e stilizzati di “teoria dei giochi” con cui si vuole modellizzare la natura umana in termini di interessi razionali contrapposti esaminati dalla nostra evoluta corteccia cerebrale. Non dico che la teoria dei giochi non sia utile, dico che non è sufficiente per la presenza di comportamenti irrazionali subcorticali molto arcaici. E della follia individuale e collettiva.

Faccio un esempio molto semplice. Sappiamo che molti giochi di contrapposizione di interessi potrebbero dare un esito abbastanza buono per i due contendenti se si abbandonasse la logica “a somma zero” (io vinco e tu perdi) per una logica “a somma positiva” (vinciamo entrambi). La cooperazione, a tutti i livelli, si basa sulla fiducia che esista un soluzione win-win. Cosa ostacola questa razionalità? Lo dice spesso il Papa: l’avidità. L’avidità, che è un buon incentivo all’azione imprenditoriale (come pensava John Stuart Mill o Gordon Gekko nel film Wall Street) rompe ogni legame di fiducia reciproca e provoca squilibri. Sono un ingegnere dei controlli automatici e non progetterei mai un sistema dotato di “avidità”, che si porta inevitabilmente in situazione di squilibrio.

Putin probabilmente è pazzo come Hitler. Per questo ci si deve sempre domandare il perché un pazzo può prendere il potere. La seconda guerra mondiale era “unthinkable” ma accadde. La dottrina della deterrenza simmetrica, sviluppata per evitare che accada l’impensabile, non basta più. Lo dovremmo aver finalmente capito. Se si pensa in modo sistemico (à la Bateson) si sa che i fenomeni di contrapposizione di interessi e quindi di conflitto seguono dinamiche di schismogenesi che portano un determinato sistema “in fuga”. La schismogenesi complementare (uno intensifica l’attacco e l’altro si piega) o simmetrica (uno intensifica l’attacco e l’altro lo intensifica a sua volta). Disinnescare all’origine lo “schisma” prima che il sistema vada in fuga sarebbe pratica ovvia (raccomandata anche dal Papa) e che risparmierebbe infiniti lutti. Abbiamo avuto più di trent’ anni per disinnescare una possibile schismogenesi tra occidente e oriente. Li abbiamo lasciati passare.

Se il contributo di idee della mia generazione, durante la guerra fredda, è stato quel che è stato, nelle intenzioni e negli effetti, quale sarà il contributo della generazione dei millennial? Non vedo che spaesamento, fuga dalla realtà, disimpegno. La cosa mi deprime.

Tra cento anni

Un economista del 2122, se avremo ancora tra cento anni esseri umani che studieranno economia, potrà analizzare l’importanza delle materie prime nel primo ventennio del XXI secolo. E mettere in relazione con la politica internazionale i poteri contrattuali dei paesi detentori delle materie prime (quelle che attengono molto al possesso della terra) e dei paesi detentori della conoscenza. Potrà interrogarsi sul perché l’avidità (tipica del coccodrillo) non sia stata tenuta sotto controllo, considerati i modelli economici basati sulla razionalità (tipica dell’homo sapiens), ad esempio quello dei “vantaggi comparati” di David Ricardo (1772–1823). Potrà studiare gli oligopoli che condizionano la politica dei blocchi mondiali dell’Ovest (Europa-USA con le loro moderne corporation knowledge based) e dell’Est (Russia-Cina con i loro arcaici oligarchi). Potrà infine concludere che, nonostante il cambiamento tecnologico accelerato (esponenziale) di quegli anni (i nostri anni) le cose assomigliavano ancora maledettamente a quelle di un secolo prima e a quelle di due secoli prima. Potranno individuare dei “punti ciechi” di cui i nostri pensatori economici e politici (magari concentrati in think-tank molto influenti) non furono consapevoli. Potrà domandarsi se non si sarebbe potuto trovare un adeguato e paritario equilibrio nello scambio (win-win) tra chi possiede le materie prime e chi possiede la conoscenza. Tra chi è demograficamente ricco e chi è demograficamente povero. Potrà domandarsi perché, con queste ottiche, non si era ripensato il problema dell’Africa, ad esempio, includendo, nel modello Ovest-Est, il Sud del mondo. Potrà domandarsi perché il nascente pensiero ambientalista non abbia avuto un ruolo nella costruzione dei modelli decisionali per la costruzione di un nuovo ordine mondiale. Un pensiero sistemico che, a quello studioso del 2122, paradossalmente sembrerà appartenere solo ad un’ istituzione vecchia di duemila anni, la Chiesa.

L’agenda dei media, polarizzata in queste settimane sul problema Est-Ovest, e sconvolto dagli orrori di questa guerra (distruzioni, lutti e migrazioni), ha messo in secondo piano il problema Nord-Sud e gli orrori di altre guerre (distruzioni, lutti e migrazioni). In secondo piano è finito anche il problema del cambiamento climatico e quello della salute a livello mondiale che la pandemia aveva messo alla ribalta fino a un settimana prima dello scoppio della guerra in Ucraina. In secondo piano è restato sempre il problema della distribuzione ineguale della ricchezza.

Non sappiamo ancora ragionare che con la logica di breve termine di “un problema alla volta”, una logica poco sistemica e a breve termine, volta a tamponare le falle ormai rovinosamente aperte, a usare l’extrema ratio delle armi per intervenire quando le piccole fratture divengono, per quell’effetto sistemico chiamato schismogenesi, dei conflitti sanguinosi e distruttivi.

--

--