Genesi di una non-notizia

Marco Pedroni
Mapping Journalism
Published in
8 min readMar 25, 2024

Prima di tutto, i fatti. Il 20 marzo, nelle prime ore del mattino, un docente del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara segnala, attraverso la mailing list del Dipartimento, la presenza di un cartello che avverte di possibili furti nell’edificio, indicando come sospetti gli “zingari”, che sarebbero stati notati in quello che appare un sopralluogo preliminare.

Il collega, opportunamente, evidenzia il carattere offensivo del termine usato e suggerisce di rimuovere o riformulare il cartello.

Il termine è stato riconosciuto offensivo (diversi anni fa) da tutte le comunità rom e sinti del nostro Paese […] Quello che insegniamo ai nostri studenti da tempo […] è non fare riferimento all’appartenenza “nazionale” (o tantomeno “etnica”) per “aggettivizzare” le pratiche di singoli individui o gruppi (soprattutto quando questi individui e gruppi sociali sono già oggetto di “stigma”). Pensate se a Berkeley ci fosse un cartello con scritto “da parte di italiani”.

La risposta del direttore del Dipartimento è tempestiva e accoglie la richiesta, precisando che il cartello è stato affisso senza la sua autorizzazione. A seguito di ciò, numerosi colleghi si uniscono alla richiesta di rimozione immediata del cartello, data la sua natura offensiva.

Se dovessimo sintetizzare il fatto in poche righe, suonerebbe così: un cartello contenente un termine offensivo nei confronti della comunità rom e sinti è stato esposto su una porta dell’Università di Ferrara senza l’autorizzazione del direttore del Dipartimento. Non appena la questione è stata portata alla sua attenzione, il cartello è stato prontamente rimosso.

Tuttavia, nell’era dei social media, del Web 2.0 e del citizen journalism, caratterizzata anche da una certa inclinazione dei media verso il sensazionalismo e un’attenzione non sempre scrupolosa alla verifica dei fatti, la vicenda non si è conclusa con la rimozione del cartello.

Pochissime ore dopo, la fotografia del cartello è apparsa sui profili social della sezione ferrarese di un partito politico e, di seguito, sui profili nazionali dello stesso partito, commentato a lettere maiuscole: BASTA RAZZISMO. BASTA.

Confrontando le due fotografie, è palese che si tratti dello stesso scatto.

In breve tempo, la notizia è stata ripresa da vari siti di informazione online. Poco dopo le 18, La Repubblica - Bologna, per prima, riprende il comunicato del partito che denuncia il “cartello razzista” in UniFe. Manca una verifica con l’ateneo: il breve articolo è sostanzialmente un copia-incolla del comunicato.

Nel frattempo, già nel primo pomeriggio, l’Università di Ferrara ha pubblicato sul proprio sito web un comunicato del direttore del Dipartimento, che si dissocia dal cartello e ribadisce l’impegno dell’ateneo nel combattere il razzismo e promuovere l’inclusione:

“Studi umanistici è contro ogni discriminazione”. Dichiarazione della Direzione del Dipartimento su cartello non autorizzato.

La narrazione dell’evento cambia significativamente dopo l’integrazione dell’articolo online con la dichiarazione del direttore da parte de La Repubblica - Bologna e la precisazione che il cartello è stato rimosso.

La modifica permette anche al lettore meno attento di comprendere, nonostante la gravità dell’episodio, la natura dell’incidente e l’estraneità dell’Ateneo rispetto al cartello esposto.

La stampa locale e nazionale, in ritardo rispetto a La Repubblica, ha a questo punto a disposizione sia la denuncia del cartello sia la replica del direttore e può offrire ai lettori un quadro completo della situazione. Così, dunque, il giorno seguente (21 marzo) si può leggere sul Corriere di Bologna un articolo che nel titolo enfatizza le “polemiche per il cartello all’Università”, ma che nel testo sottolinea la rimozione quasi immediata del testo e riprende ampiamente la nota del direttore del Dipartimento.

La Nuova Ferrara dà spazio non solo alla voce del direttore, ma anche alla presidentessa del Consiglio degli Studenti UniFe. Anche in questo caso, abbiamo parole forti nella titolazione (“Cartello razzista”, Shock inaudito”), ma la lettura del testo fa in realtà emergere la risposta tempestiva e salda dell’ateneo.

Sul Resto del Carlino, e siamo al 22 marzo, la notizia prende la forma di una lettera al giornale, con risposta del caposervizio cronaca di Ferrara. Qui un lettore esprime preoccupazione per un’eccessiva tendenza al politicamente corretto, che genera indignazione immediata per l’uso di termini stigmatizzanti, pur diffusi e talvolta utilizzati in buona fede.

Mentre continua la circolazione della notizia, che esce anche nella cronaca locale de Il Giornale, altre fonti sottolineano la gravità del linguaggio usato, associando l’Università di Ferrara, e per estensione le università in generale, a un atteggiamento discriminatorio.

Significativo è il pezzo di UltimaVoce, che titola “All’Università di Ferrara è stato discriminato il pensiero critico”, per poi scrivere: “Se anche il mondo accademico sta cedendo agli stereotipi discriminatori, il pensiero critico ha miseramente fallito”. E continua: “Uno studente decide di frequentare l’Università di Ferrara per accedere ad un vasto campo di opportunità, non immaginando neanche lontanamente che un giorno potrebbe trovare un cartello discriminatorio negli spazi del sapere in cui sta costruendo il suo futuro, nel luogo dove ha la possibilità di apprendere nuovi punti di vista e contribuire realmente allo sviluppo della società in cui vive. Ciò è inconciliabile con l’utilizzo non solo del termine dispregiativo, ma anche dell’associazione del gruppo etnico con la condotta delinquenziale, che va ad alimentare un fenomeno più grande chiamato antiziganismo”.

La conclusione mantiene lo stesso tono: “L’Università dovrebbe essere uno spazio inclusivo dove poter crescere, quindi la domanda che sorge spontanea è: come può un’istituzione del sapere cedere a degli stereotipi discriminatori così banali? Perché invece di stimolare la conoscenza e la comprensione delle altre culture, l’amministrazione dell’Università di Ferrara ha preso la decisione di allertare gli studenti sul pericolo di un potenziale furto e nessuno si è domandato se fosse lecito appendere un avviso del genere? Probabilmente qualcuno ha pensato che lo fosse e la pericolosità celata dietro un gesto così superficiale sta nell’alimentare il clima di odio, repressione e intolleranza che sembra affermarsi sempre più all’interno degli enti che dovrebbero invece educare all’inclusione, alla condivisione e al rispetto per la persona umana, tutti valori che non conoscono etnie”.

Da notare, qui, due elementi. Di nuovo, la mancanza di verifica con l’ateneo — non corrisponde al vero l’affermazione che “l’amministrazione dell’Università di Ferrara ha preso la decisione di allertare gli studenti sul pericolo di un potenziale furto e nessuno si è domandato se fosse lecito appendere un avviso del genere”.

In secondo luogo, la portata della generalizzazione: un episodio marginale e comunque deprecabile diventa materia di interesse giornalistico, e da qui porta all’associazione tra discriminazione e università — non solo UniFe, ma l’intera comunità accademica.

Una non notizia è diventata una notizia. Un cartello non autorizzato, visto dai molti grazie all’occhio di Instagram e dei social media nelle poche ore in cui è rimasto affisso, rende l’università complice del “sistema che continua ad aumentare le disuguaglianze sociali e a basarsi sulla stigmatizzazione e sulla repressione”. Un giudizio senza appello.

Un cartello non autorizzato, visto dai molti grazie all’occhio di Instagram e dei social media nelle poche ore in cui è rimasto affisso, rende l’università complice del “sistema che continua ad aumentare le disuguaglianze sociali e a basarsi sulla stigmatizzazione e sulla repressione”. Un giudizio senza appello.

Il “cartellogate” come caso di studio

Dato che l’episodio in questione si è verificato all’interno del nostro Dipartimento, sotto gli occhi di molte/i di voi — mi rivolgo qui a voi studentesse e studenti del corso di Giornalismo e Media Digitali, che senza l’interesse dei media locali e nazionali, non avreste probabilmente avuto notizia di quanto accaduto – credo che possiamo cogliere l’occasione per approfondire alcune dinamiche fondamentali del campo giornalistico. Ci troviamo di fronte a un’opportunità unica per analizzare aspetti quali la notiziabilità dei fatti, il processo che trasforma questi ultimi in notizie, la verifica delle fonti e, non meno importante, il potere dei media di influenzare la percezione pubblica riguardo a persone e istituzioni.

Per dare il via a questa riflessione, vi invito a consultare gli articoli sopra menzionati, senza trascurare di seguire gli eventuali sviluppi futuri legati alla diffusione di questa notizia. Attraverso questa analisi, cerchiamo di comprendere e rispondere ad alcune domande.

Sul criterio di notiziabilità e trasformazione dei fatti in notizie:

1. Come si decide se un fatto è degno di diventare notizia? Quali elementi hanno contribuito a rendere il cartello un argomento di interesse mediatico?

2. Qual è il confine tra informare e alimentare polemiche? In che modo la scelta delle parole e del focus dell’articolo influenzano la percezione del lettore?

Sulla verifica delle fonti e sul potere dei media:

1. Qual è l’importanza della verifica delle fonti nel giornalismo? Come avrebbero potuto i giornalisti gestire diversamente la situazione per assicurare un’informazione corretta?

2. In che modo il potere dei media può influenzare la reputazione di un’istituzione? Riflettete sull’impatto che la diffusione di notizie non verificate o decontestualizzate può avere sulla percezione pubblica dell’istituzione, in questo caso l’università.

Sulla necessità di una comunicazione istituzionale efficace:

1. Quale ruolo ha l’ufficio stampa (in questo caso, quello di un’università) nel gestire situazioni potenzialmente promettenti per la reputazione di un’istituzione, ente, azienda, soggetto?

2. Come può un’istituzione assicurarsi che la sua versione dei fatti venga adeguatamente rappresentata nei media?

Sull’origine delle notizie e l’era del citizen journalism:

1. Qual è l’impatto dei social media e del citizen journalism sulla diffusione delle notizie? Come cambia il processo di raccolta, verifica e pubblicazione delle notizie in un’epoca in cui chiunque può pubblicare informazioni online?

2. Quali sono le sfide etiche e pratiche che i giornalisti affrontano nell’utilizzare contenuti generati dagli utenti?

Queste domande possono servire come punto di partenza per comprendere meglio le complessità del lavoro giornalistico nell’era digitale, la pluralità degli attori coinvolti nel confezionamento di una notizia, e l’importanza della responsabilità etica nel raccontare e diffondere le notizie.

Un incontro sulle origini dell’antiziganismo

Notizie e non notizie di questo tipo, inoltre, possono essere un ottimo spunto per approfondire un tema caldo e formarsi un’opinione informata, evitando la polarizzazione a cui spesso ci abitua la narrazione mediatica.

Per questo motivo, mercoledì 27 marzo sarà ospite del nostro corso il Prof. Matteo Bassoli dell’Università di Padova, con un intervento sul tema dell’antiziganismo. Perché a Ferrara la discriminazione non è di casa.

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Marco Pedroni
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Proudly a sociologist, whatever that means. I write about digital media, cultural industries, artificial intelligence, and academia