Guida ad un giornalismo etico: quali principi seguire?

Giulia Banfi
Mapping Journalism
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10 min readAug 3, 2023

Per mantenere un equilibrio tra la funzione pubblica e le dinamiche politico-economiche, l’etica è la via da seguire?

di Benedetta Ruiba

Nel 2017, l’Osservatorio News-Italia dell’Università di Urbino ha pubblicato i risultati di una ricerca sulle modalità con cui gli italiani si informano in un’era in cui la diffusione dei media digitali è capillare. Tirate le somme da un campione di più di mille intervistati, un grafico spicca fra tutti: meno della metà ha dichiarato di riporre abbastanza fiducia nei media tradizionali, mentre meno del 5% ha dichiarato di riporne molta, tant’è che più dei due terzi del campione selezionato erano soliti informarsi su internet. Accanto allo studio, cito anche l’articolo scritto nello stesso anno da Marco Pratellesi per Agi, nel quale propone una spiegazione di questo fenomeno di profonda sfiducia. La sua analisi metagiornalistica rileva una perdita di credibilità di cui il giornalismo odierno non solo sarebbe vittima, ma anche primo responsabile.

Infatti, certi professionisti del settore avrebbero smarrito la diritta via, quella dell’etica, piegandosi alle ingerenze della politica e dell’economia — rinunciando quindi ad una moderata coesistenza fra la funzione sociale assolta dal giornalismo e le altre forze in gioco.

Dati raccolti alla domanda: “In generale quanta fiducia ha nelle capacità dei mass media — come quotidiani, la TV e la radio — di informare in modo completo ed accurato?” — https://newsitaliadotorg.files.wordpress.com/2017/09/larica_fakenews.pdf

È innegabile che per il giornalismo contemporaneo sia arduo mantenere stabile l’equilibrio tra la sua funzione pubblica e le dinamiche politico-economiche a cui è soggetto; ciononostante, i giornalisti sono tenuti a non perdere quella bussola etica che deve guidare il loro lavoro. Il nostro percorso inizia dunque rievocando lo scopo ultimo del giornalismo e descrivendo alcuni dos and don’ts utili a garantire una pratica della professione eticamente orientata.

Una questione di fiducia: il ruolo del giornalista e la sua funzione pubblica

Sebbene sia ormai appurato che i media influenzino i mutamenti della società, è particolarmente ostico delineare con chiarezza il peso del giornalismo in questa evoluzione e quanto di ciò che muta possa essere univocamente ricondotto alla sua influenza. Si può paragonare il potere dell’informazione ad una forza che mette in moto il cambiamento? O è forse corretto descriverlo come una necessaria circostanza affinché la società stessa, già in movimento, possa stabilire una rotta? Comunque la si veda, il ruolo dell’informazione è dirimente per la formazione della coscienza critica dei cittadini.

I giornalisti assolvono ad una funzione pubblica irrinunciabile per la società: informando, creano cornici di senso attraverso le quali il cittadino può comprendere il mondo al di fuori della sua esperienza quotidiana, incontrando realtà altrimenti sconosciute. Essere informato è pertanto un diritto del cittadino, così che possa agire socialmente e politicamente con uno sviluppato senso critico, in virtù di una conoscenza approfondita della realtà da cui successivamente prenda forma il dibattito pubblico e democratico.

Assodata l’esigenza di un imponente apparato informativo, il passo successivo è assicurarsi che i servizi di informazione siano effettivamente utili alla collettività. All’interno dei giornali, i lettori non cercano soltanto la notizia, ma anche suggerimenti per interpretarla; questa deve essere completa e veritiera, riportata senza manipolazioni. Qualora così non fosse, il giornalista avrebbe fallito nel suo compito di informare, finendo invece per deformare la realtà e tradire il suo pubblico.

Il sentimento di sfiducia nei confronti del giornalismo può essere estremamente deleterio per una democrazia. La perdita di credibilità dei media tradizionali dà adito ad un clima di sospetto e scetticismo, oltre che ad un progressivo disinteresse del pubblico, il quale, percependo la verità come qualcosa di inafferrabile, tende a non credere più a nulla di quanto raccontato e addirittura a smettere di cercare risposte, cessando infine di porsi domande. A questo punto quel dibattito che anima la democrazia si estingue o viene relegato ad una forma di superficiale e insufficiente disinformazione.

Il giornalismo non solo assolve al necessario compito di informare, ma è anche chiamato a garantire una certa qualità nel suo lavoro. Trasparenza ed onestà sono essenziali nella professione, l’oggettività è un obiettivo da perseguire senza sosta: così si fa una buona informazione, quella che è realmente utile al pubblico ed alla collettività.

Bisogna oliare bene la macchina democratica affinché funzioni.

Dos: i principi etici. Le giuste condotte per garantire un giornalismo di qualità: la deontologia del mestiere

Come si fa un’informazione di qualità? Nel corso della storia del giornalismo si sono affermati i principi etici fondativi della professione, colonne portanti e mete a cui i professionisti del campo devono attenersi ed aspirare. I giornalisti sono chiamati a perseguire la verità e la veridicità dei fatti, distinguerli dalle opinioni, essere obbiettivi e agire nel rispetto dei cittadini, ossia assolvere al compito di “informatori” della collettività pur riconoscendo i limiti invalicabili della sfera privata degli individui.

La deontologia ha provato a seguire il passo dell’etica, definendo nero su bianco quelli che sono i doveri in seno ai giornalisti. L’Italia in particolar modo è uno dei Paesi meglio dotati di carte deontologiche. Il sito ufficiale dell’Ordine dei Giornalisti dedica una pagina ai “preconcetti deontologici”, chiarendo quali sono i doveri dei professionisti del settore; l’articolo 2 della legge professionale 69/1963 decreta come fondativi della professione i criteri di verità e veridicità, ed inoltre stabilisce il riconoscimento di alcuni oneri, fra i quali si annoverano la lealtà alla cittadinanza, la buona fede e la necessaria collaborazione fra gli operatori del campo, uniti da una comune vocazione.

Si riportano di seguito alcuni principi etici da tenere sempre a mente:

  • Il rispetto della verità: la conoscenza è la condizione necessaria perché i cittadini possano sviluppare un’opinione critica rispetto alla realtà in cui vivono. È essenziale che vengano loro proposte notizie veritiere.
  • Agire in buona fede: procedere nell’indagine con occhio disonesto significa minare il principio di verità e di pubblica utilità dell’informazione.
  • Essere imparziali: ritagliare e incorniciare la notizia a piacimento, ignorando volutamente dettagli significativi per la sua comprensione, equivale a manipolarla se non addirittura a falsificarla.
  • Il dovere di rettifica: ammettere di aver preso una cantonata è tanto imbarazzante per una testata quanto doveroso. Informare il pubblico è il fine ultimo dell’attività del giornalistica, rimediare ad un errore commesso è di conseguenza indispensabile. Il giornale che aggiusta la rotta acquisisce credibilità di fronte ai suoi lettori, dimostrando onestà professionale.
  • Il diritto al segreto professionale: rientra nell’ambito del rispetto del cittadino e della privacy, il giornalista deve dunque tutelare le parti in causa per poter mantenere quella fiducia che gli garantisce di poter procedere nel suo lavoro.
  • Il dovere di controllo delle fonti: al fine di evitare la diffusione di fake news, i media sono tenuti a verificare la veridicità della notizia, approfondendone il contesto e vagliando attentamente la fonte.
  • Rispetto della dignità umana: in questo ci aiuta la Costituzione, che nell’art. 21 esplicita che il limite alla libertà di informazione è il “buon costume”. Questo criterio non è meglio specificato nel testo, ma si tende a prendere come modello di buon costume la morale pubblica (specialmente in ambito sessuale).
  • Una netta distinzione fra il fatto e l’opinione: chi informa è tenuto ad essere chiaro nel dichiarare ciò che è fattuale e ciò che è invece frutto di congetture. È giusto che l’informazione sia chiara al pubblico, scevra da elementi non fattuali.
  • Tenere separate le notizie dalla pubblicità: dobbiamo scendere a patti con l’idea che una testata giornalistica sia anche un’impresa e che in quanto tale debba rispondere ad obbiettivi e necessità di carattere economico. Tuttavia, non ci si deve arrendere a pratiche scorrette come propinare subdolamente la pubblicità ai lettori. Il puff — o soffietto, ossia nascondere la pubblicità negli articoli — è praticato dagli albori del giornalismo, ma si tratta di una maniera meschina di raggirare e influenzare il lettore intento ad informarsi.
  • La presunzione di innocenza: condannare ed emettere sentenze sono esercizi propri di un tribunale e non competono al giornalista.

In Italia esiste la possibilità di essere sottoposti ad un procedimento disciplinare in caso di violazione delle norme deontologiche, così come previsto dall’articolo 48 della legge 69/1963. L’art. 54 della medesima legge definisce le sanzioni: innanzitutto vi è l’avvertimento, successivamente la censura, poi la sospensione dell’esercizio della professione per un determinato periodo ed infine la radiazione dall’Albo. Il nostro Paese è l’unico in Europa in cui il diritto pubblico può avvalersi di strumenti repressivi della libertà di stampa.

Dont’s: deformare anziché informare. Una carrellata di frequenti fallimenti del giornalismo contemporaneo

Le deformazioni nel giornalismo contemporaneo sono tanto ricorrenti — in quanto parte di un sistema soggetto alla sistematica intromissione della politica e degli interessi economici — quanto fisiologiche per ragioni tecniche, poiché la stessa comunicazione non è mai imparziale: per quanto possa cercare di emanciparsi, chi racconta è influenzato dal suo background personale e lo stesso accade al ricevente del messaggio. Vale dunque la pena di soffermarsi su alcune delle più frequenti deformazioni della professione giornalistica, così da evitare scivoloni e riconoscere la malafede in un articolo quando la incontriamo.

  1. La manipolazione della notizia

L’oggettività nel giornalismo è una chimera. La rassegna di articoli presentata nei quotidiani sui loro siti internet e nei profili social è il frutto di una selezione filtrata delle infinite potenziali notizie che arrivano dal mondo. È importante riconoscere che il medium non è mai neutrale: alla base della notizia vi sono la sua scelta, la raccolta delle informazioni e la sua narrazione. Questi elementi dipendono da coloro che operano per confezionarla e il loro lavoro non può che essere soggettivo. Pertanto, è di fondamentale importanza che al lettore siano fornite le corrette informazioni, imprescindibili per comprendere non solo la notizia, ma anche come e da chi sia stata riportata. Al pubblico devono essere forniti gli strumenti necessari affinché possa orientarsi in quell’articolo e trarre le sue conclusioni anche in relazione alla parzialità di chi lo ha scritto. Mancare di farlo significa manipolare la notizia, fornire al lettore una “realtà premasticata” e spacciata per veritiera.

Più spesso la verità è stravolta al fine di generare e direzionare il consenso del pubblico verso determinati obbiettivi. Tecniche come l’enfatizzazione, la sottovalutazione e l’autocensura creano una notizia modellando il fatto, ritagliando ciò che è di interesse per proporre al pubblico una visione della realtà ben più utile a chi scrive che a chi legge. Nasce dunque il fattoide, ossia una notizia che snatura il fatto originale, creata ad hoc per imbrogliare il pubblico.

2. Overdose cognitiva

Tramite internet, e ancora prima, la televisione, siamo quotidianamente bombardati di notizie. La velocità con cui le informazioni si diffondono e la capacità sviluppata dai media di pubblicare grandi quantità di notizie in poco tempo — addirittura live — mal si concilia con la nostra capacità di elaborare quell’imponente mole di informazioni. Quest’eccedenza di notizie, definita “overdose cognitiva” da Giuliano Da Empoli, crea confusione, impedendo al cittadino di assorbire le novità.

L’impostazione gigantista del nostro sistema informativo può essere controproducente rispetto alla vocazione di utilità sociale del giornalismo. Il cittadino rimane intrappolato in una “tenaglia”, schiacciato fra la sempre crescente domanda e l’offerta spropositata che ne segue, senza essere in grado di comprendere e far sue le notizie da cui è sommerso. In questa circostanza diventa ancora più difficile riconoscere le violazioni dell’etica quando queste avvengono: poiché il processo di analisi delle informazioni va a rilento, il vaglio critico tende ad essere sempre più superficiale e si avvantaggia la diffusione di fraintendimenti e false notizie.

3. La diffusione incontrollata delle fake news

L’internet ha azzerato le distanze fra gli utenti, favorendo la circolazione delle informazioni. Innanzi alle grandi possibilità garantite dai nuovi media si è intensificata la richiesta di notizie sempre fresche; fra le testate si fa a gara a chi pubblica per primo la notizia, assicurandosi click e visualizzazioni sulla propria pagina, opportunamente imbottita di inserzioni pubblicitarie.

La frequenza e la mole delle notizie sono aumentate in una maniera tale per cui la verifica accurata previa pubblicazione non è più possibile. Non bastano il tempo ed il personale per garantire che le notizie vengano approfondite e vagliate, il che costituisce il terreno ideale per la proliferazione di fake news. Una volta che le notizie sono entrate in rete la loro circolazione non è più controllabile, siano esse veritiere o meno. Neppure una successiva smentita può raggiungere tutte le appendici di propagazione della falsa notizia. Ne risulta che, una volta in rete, il danno della fake news è fatto. La violazione della norma di accuratezza da parte delle testate giornalistiche più accreditate innesca un meccanismo a catena per il quale la falsa notizia, ritenuta attendibile, rimbalza in articoli e post, espandendosi capillarmente.

4. La minaccia all’autonomia del giornalista

Esistono due grandi poteri che tendono a limitare l’autonomia delle testate, forze da cui il giornalismo inevitabilmente dipende: la politica e l’economia. Uno studio svolto da B. Wilczek e N. Thurman nel 2021 ha analizzato le tendenze con cui i media trasmettono notizie inaccurate. In particolare, sembra che i giornali intensifichino strategicamente la disinformazione politica durante i periodi di campagna elettorale, il che suggerisce un interesse a influenzare le masse insito nel mondo del giornalismo, un’attenzione che va ben oltre all’intenzione d’informare il pubblico.

Il giornalismo contemporaneo affonda le sue radici nella società, contribuendo alla sua stessa determinazione, e perciò costituisce una preda succulenta per chi intende consolidare il proprio controllo sulle masse.

Guardare in basso per ritrovare il focus. Il pubblico è il punto di partenza per guadagnare la credibilità persa

Nel suo intervento per la rubrica TEDxTalks il giornalista televisivo Enrico Mentana ha affrontato il tema della perdita di credibilità subita dal sistema mediale tradizionale, delegando la responsabilità del fenomeno ad un giornalismo sempre più lontano dal suo pubblico, disattento alle sue richieste.

Enrico Mentana per TEDxTalks, Come reinventare il giornalismo nell’era delle fake news: https://www.youtube.com/watch?v=CrtOjTwXRJE

Data la sfiducia dilagante nei confronti dell’informazione, il pubblico tende a non credere più a ciò che i giornali riportano e il loro ruolo ha parzialmente perso l’autorevolezza che li distingue. Sempre più persone guardano con sospetto il lavoro di professionisti da cui si sentono traditi, preferendo rivolgersi a figure alternative. Queste consolidano la loro immagine in netta contrapposizione ai giornalisti, percepiti lontani da una parte del pubblico che li considera asserviti alle odierne logiche di potere.

Alla luce di quanto osservato, è di vitale importanza per il giornalismo che gli attori del campo ricomincino a guardare alle esigenze del loro pubblico. Il cittadino avanza giustamente la pretesa di un’informazione trasparente e veritiera, attraverso cui possa emanciparsi intellettualmente ed esercitare i propri diritti. Riconoscere gli errori commessi e le responsabilità del giornalismo in questa deriva scettica presuppone una messa a fuoco dell’obbiettivo primario della professione: informare. In quest’ottica, il ritorno all’etica costituisce la chiave di volta per riscattare il giornalismo.

Riferimenti utili

  • Grossi, B. e Fabris, A. (2011). Guida alle etiche della comunicazione. Edizioni ETS.
  • Sanders, K. (2003). Ethics and Journalism. SAGE Publications.
  • Elliott, D. e Ozar, D. (2010). An Explanation and a Method for the Ethics of Journalism.
  • Wilczec, B. e Thurman, N. (2021). Contagious accuracy norm violation in political journalism: A cross-national investigation of how news media publish inaccurate political information.
  • Pratellesi, M. (2017). La perdita di credibilità del giornalismo. AGI.
  • Mazzoli L., Giglietto F., Carabini F. e Marino G. (2017). Le fake news sono un problema. News-Italia.

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Giulia Banfi
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Dottoranda @Unife. Studio la società, analizzando i processi comunicativi e la transizione digitale della PA ✏️ Credo in un’innovazione sociale accessibile.