Il giornalismo come passione e metodo

Marco Pedroni
Mapping Journalism
Published in
6 min readApr 29, 2024

di Mario Battaglia; fotografie di Eleonora Marzola

In questo post Mario Battaglia offre un ulteriore punto di vista sull’incontro con Roberto Bonizzi, già oggetto di un precedente post su Mapping Journalism.

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Per il ciclo “Mapping Journalism”, abbiamo ricevuto la gradita visita di Roberto Bonizzi, vice caporedattore dell’attualità a Il Giornale, che non solo ha parlato dettagliatamente di come si lavora in un quotidiano tradizionale, ma ci ha pure trasmesso i valori e le caratteristiche della professione giornalistica.

Una passione che nasce dalla curiosità

Roberto Bonizzi è un giornalista con un’esperienza di oltre 25 anni. Fin dall’infanzia, ha avuto passione per il mondo del giornalismo e ha iniziato a praticare la professione ancor prima di terminare gli studi universitari. Bonizzi sottolinea che la grande forza dei giornalisti nella comunicazione è proprio l’elemento umano. Al di là delle competenze tecniche e della preparazione, ciò che fa la differenza è la curiosità, quella spinta a voler capire a fondo le cose, a non accontentarsi della superficie e paragona questa curiosità a quella di suo figlio, che frequenta la quarta elementare e che a volte gli pone domande che lo mettono in difficoltà, facendogli ripensare a cose che non aveva considerato. È proprio questa curiosità, questo non voler mai dare nulla per scontato, voler sapere cosa c’è dietro le cose, che anima chi fa informazione.

Un metodo universale d’informare

Lavorare in un quotidiano “di carta”, a prima vista, in un mondo dominato da Internet, appare un anacronismo, ma Bonizzi spiega che il modo di fare informazione, nato con il giornale cartaceo, è rimasto sostanzialmente lo stesso nel corso del tempo, e continuerà ad esserlo anche in futuro. Questo metodo, che sta alla base dell’informazione che si legge su Internet e sui social media come Instagram e i suoi Reels, rappresenta la forma primigenia dell’informazione, che rimane invariata indipendentemente dal mezzo di comunicazione utilizzato. Ogni media ha il suo linguaggio specifico, una propria sintassi e forme espressive che devono essere rispettate. È quindi importante adattare il linguaggio e le forme alle caratteristiche di ciascun media e al suo pubblico. Questa capacità di “tradurre” l’informazione è una competenza fondamentale per i giornalisti di oggi, chiamati a muoversi tra piattaforme diverse.

Il valore dell’approfondimento

La notizia va analizzata a fondo, evidenziando il valore aggiunto che i media tradizionali, come i giornali cartacei, possono offrire rispetto alle “breaking news” , ai social media o ai brevi video su piattaforme come Instagram. Bonizzi spiega che i media tradizionali hanno la possibilità di raccontare gli aspetti in più di una notizia, la possibilità di andare oltre la superficie, di spezzettarla e analizzarla nel profondo, fornendo un’informazione approfondita per chi ha il tempo e il desiderio di dedicarsi alla lettura e sottolinea che il giornalismo italiano, pur essendo a volte un po’ arretrato, è molto analitico e bravo nell’analisi dei fatti. A questo proposito, cita l’esempio dell’attacco dell’Iran a Israele, al quale i giornali italiani hanno dedicato un numero di pagine nettamente superiore (Il Corriere 12 pagine, Repubblica 6 o 8, Il Giornale 7) rispetto alle due del New York Times.

L’organizzazione del giornale

Bonizzi fa riferimento all’organizzazione interna del giornale dove lavora, paragonandola a una piramide. Ai vertice si trova il direttore e subito sotto, i vicedirettori, ognuno con competenze specifiche, come il vicedirettore che si occupa di Internet, gestendo i tempi e le relazioni legate al mondo digitale. Oltre ai vicedirettori, i capi redattori centrali costituiscono l’ufficio centrale, che rappresenta la “sala macchine” di tutto ciò che viene prodotto all’interno del giornale. Questo ufficio tiene i contatti con le varie redazioni e spesso anche con i singoli giornalisti, per avere sotto controllo il flusso di tutte le notizie e sapere a quali temi dedicare più spazio ogni giorno, sia che si tratti di politica, esteri o eventi sportivi. E poi ci sono le redazioni, ognuna delle quali si occupa di un settore specifico:

  • La redazione politica, detta anche “interni”, è considerata la redazione principale nella maggior parte dei giornali italiani
  • La redazione attualità, che si occupa delle cronache italiane e degli esteri, un’impostazione adottata dal Giornale a fronte della crescente interconnessione del mondo, nel quale eventi apparentemente lontani possono avere ripercussioni anche a livello locale.
  • La redazione economica, un tempo considerata una “riserva indiana” nei giornali generalisti, ha assunto un’importanza sempre maggiore, poiché molte delle scelte politiche di un governo sono in realtà scelte economiche
  • Le redazioni spettacoli e cultura, a volte separate, a volte unite, rappresentano l’evoluzione della tradizionale “terza pagina” dei giornali, dedicata all’approfondimento culturale.
  • La redazione sportiva e, nei giornali che hanno una parte locale, anche una redazione dedicata alle notizie del territorio.

Questo schema redazionale è sostanzialmente comune a tutti i giornali e anche ai telegiornali.

L’organizzazione della giornata

La giornata tipo in un quotidiano di carta inizia la mattina con la lettura delle notizie grezze (token) diffuse dalle agenzie di stampa e la rassegna dei principali quotidiani.

Alle 12 si tiene la riunione mattutina in cui si fa il punto su tutte le notizie e i servizi speciali del giorno. Le diverse sezioni del giornale propongono i loro articoli (di solito dalle 30 alle 70 proposte) che vengono selezionati in base a criteri di notiziabilità e valore aggiunto. Ci si basa sul “timone”, la rappresentazione grafica delle pagine con gli spazi pubblicitari.

La riunione pomeridiana delle 15 serve per “fare fisicamente il giornale”, verificando gli orientamenti della mattina in base allo sviluppo delle notizie e operando scelte dettate dai limiti fisici del giornale (nel caso de Il Giornale, 32 pagine). Si stabiliscono i contenuti di ogni pagina, titoli provvisori e si assegnano i pezzi ai giornalisti.

Segue il disegno delle pagine da parte dei grafici, che impostano un layout su misura ogni giorno invece di template predefiniti. Grande importanza hanno le infografiche per un’informazione di tipo immediato.

Alle 16:30 ogni capo redazione si riunisce con la propria squadra per assegnare articoli, interviste e reportage. I giornalisti iniziano a scrivere, intervistare, scegliere foto. Il giornale evolve costantemente rispetto alla pianificazione iniziale e a sera, il giornale difficilmente è lo stesso pensato al mattino.

Alle 19 c’è la riunione di prima pagina per decidere titoli e argomenti da mettere in prima, considerando i limiti di spazio. La composizione è un delicato equilibrio.

Alle 21:30 il giornale deve essere chiuso e inviato in stampa. Prima della chiusura c’è un attento controllo delle pagine. Alcune sezioni, come lo sport, possono rimanere aperte più a lungo. Fino alle 23:30 una squadra ridotta di 3 persone rimane in redazione per eventuali modifiche dell’ultimo minuto. Per eventi, come le elezioni, la chiusura può slittare, in accordo con le tipografie.

Un futuro per il giornale di carta

Per Roberto Bonizzi, il giornale di carta non scomparirà, contrariamente alle previsioni che indicano, ogni volta, un anno diverso per l’ultima copia venduta. Il giornale di carta sopravviverà nella sua forma tradizionale, ma sempre più su prenotazione. Questo significa che i lettori, interessati a ricevere il quotidiano cartaceo, dovranno comunicarlo al giornale, che organizzerà la distribuzione in modo mirato, evitando i costi della presenza capillare presso le edicole, anche a causa della chiusura conseguente alla crisi di molte di esse. Uno scenario in cui il lettore comunica il proprio indirizzo e l’orario in cui desidera ricevere il quotidiano, ad esempio prima delle 8 del mattino per fare colazione con la lettura prima di andare a lavoro. E il giornale provvederà a consegnarlo.

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Marco Pedroni
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Proudly a sociologist, whatever that means. I write about digital media, cultural industries, artificial intelligence, and academia