L’epoca dell’infodemia

Giulia Banfi
Mapping Journalism
Published in
8 min readJul 25, 2023

Quali sono i pericoli e come si diffondono le fake news nel panorama moderno

di Marco Dante

Il termine Infodemia è un neologismo coniato da David J. Rothkopf attorno al 2003 unendo i termini information ed epidemic usato per definire:

“[la] circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.”

Tale fenomeno ha avuto un importante sviluppo durante il periodo pandemico con la circolazione di notizie tra le più disparate su rimedi fai da te, cure miracolose e complotti internazionali.

Bisogna considerare, però, che i pericoli dell’infodemia non sono unicamente relativi alla pandemia degli scorsi anni, ma si legano a tutti quegli eventi che attraggono particolarmente l’attenzione del pubblico.

Più un evento acquisisce rilievo, più attira copertura mediatica e ciò comporta una maggiore circolazione di informazioni spesso in modo incontrollato. Ed è proprio in questo caos comunicativo che le fake news hanno la possibilità di svilupparsi e prendere piede fino a diventare un fenomeno sociale.

In questo articolo analizzeremo tre aspetti fondamentali riguardanti il mondo delle fake news: quale significato attribuiamo al termine stesso, il modo in cui si propagano e la relazione tra la diffusione di notizie false e l’emergenza COVID-19.

La doppia natura delle fake news

In primis è opportuno offrire una definizione del termine:

“[…] Un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità [..].”

Non ci sono dubbi sul fatto che le fake news rappresentino un problema di grande rilevanza. Caratterizzate da una portata universale riescono a colpire tutti noi in modo indistinto e, per lo più, a prima impressione spesso non ci accorgiamo neppure di essere stati raggirati. Prima di inoltrarci all’interno di casi specifici riguardanti questo fenomeno, però, è necessario attuare un’analisi della parola per andare a fondo nel suo vero significato.

Prima di tutto attuiamo una divisione in due filoni principali di significato:

“C’è il genere di notizie false, che descrive la creazione deliberata di disinformazione pseudogiornalistica, e c’è l’etichetta “notizie false”, che descrive la strumentalizzazione politica del termine per delegittimare i mezzi di informazione.”

Nell’era moderna il termine “fake news” è diventato un leitmotiv carico negativamente, che funge da promemoria dell’aumento delle falsità in un ambiente informativo digitalizzato e frammentato. Tuttavia, questa negatività l’ha resa un’arma potente per un certo numero di attori politici, che ora possono sfruttare il termine per screditare mezzi di informazione ed eventuali avversari politici che si oppongono alle loro posizioni.

L’espressione notizie false utilizzata in tale frangente rappresenta soltanto il sintomo più visibile a livello globale di una tendenza in crescita negli ultimi anni: un aumento delle critiche e dell’insicurezza verso i media, diventati teatro di scontro di attori politici.

L’etichetta di “notizie false” viene dunque sfruttata come strumento politico per ritrarre i media come istituzioni che diffondono di proposito disinformazione, spesso con secondi fini economici o politici. Questa delegittimazione, se portata all’estremo, impedisce la funzione pubblica del giornalismo, la natura del discorso politico e il processo democratico in generale.

“[è] necessaria, dunque, una rigorosa limitazione all’uso di questo termine, poiché definire tutto ciò che è connesso alla tendenza molto più ampia della disinformazione nella vita pubblica come “notizie false” contribuisce semplicemente alla normalizzazione dell’etichetta di notizie false come strumento politico […].”

Dopo questa premessa sul carattere bidimensionale della parola “fake news” e di come questa diversità influenzi il panorama sociale e politico, segue un’analisi di come queste notizie si diffondono attraverso i media fino ad arrivare a tutti noi.

Fake news e media tradizionali: i pericoli della disinformazione a scopo educativo

Ci capita spesso, quando cerchiamo informazioni online, di farci attirare da titoli accattivanti per poi ritrovarci a credere e condividere notizie che solo in seguito scopriamo essere false. È innegabile che internet e social media rappresentino un fattore da considerare nel ciclo vitale delle fake news, ma siamo davvero sicuri che essi siano i soli canali attraverso i quali avviene la condivisione di queste notizie?

Le storie di notizie false sono diffuse principalmente nelle cosiddette “eco chambers” ideologiche, ovvero spazi virtuali in cui informazioni e idee vengono amplificate da una ripetitiva trasmissione all’interno di un ambito omogeneo e chiuso, come blog e gruppi Facebook.

Allo stesso tempo, questo tipo di fenomeno viene alimentato dagli stessi algoritmi dei media che tendono a continuare a fornire ai consumatori informazioni in linea con gli ideali già affermati e dove punti di vista diversi dal principale vengono ostracizzati.

I social media, però, non sono gli unici ad avere un impatto considerevole in questo complesso ecosistema.

“Studi sia negli Stati Uniti che in Europa hanno stimato che la stragrande maggioranza dell’esposizione diretta alle pubblicazioni originali sui siti Web di notizie false è fortemente concentrata e limitata a una percentuale compresa tra l’1% e il 10% della popolazione.”

Ciononostante, anche considerando questa esposizione limitata, alcune notizie false acquisiscono una grande visibilità.

La colpa di ciò ricade sui media tradizionali che, seppure con lo scopo di confutarle, portano al grande pubblico alcune delle tesi più degne di nota aumentandone così la popolarità.

Nonostante il vantaggio di ricevere simultaneamente le informazioni false assieme alla loro correzione, uno dei principali problemi della copertura giornalistica delle notizie false, anche se può sembrare banale, è che per riferire su storie di notizie false i giornalisti devono ripetere le informazioni false.

L’aspetto problematico di questa situazione è, appunto, la ripetizione. Questo perché la mera esposizione e reiterazione di affermazioni aumenta la probabilità che le affermazioni siano percepite come vere.

“La ripetizione genera familiarità e le persone tendono a percepire le informazioni familiari come corrette e degne di fiducia, dato il senso di facilità e fluidità di elaborazione che accompagna le informazioni familiari.”

In particolare, quando la correzione risulta complessa ed articolata, in contrapposizione alla fluidità dell’esposizione della fake news, sarà minore la probabilità che la correzione sia efficace.

Con questo, però, non si vuole sostenere che le fake news non dovrebbero avere copertura mediatica da parte di giornali e notiziari perché i principali mezzi di informazione sono e rimangono un’istituzione importante e il loro impegno ad esporre notizie false dovrebbe essere celebrato. Tuttavia, è necessario che ciò avvenga in modi che non vadano contro la società stessa con la diffusione di bugie nella sfera pubblica.

Dopo aver analizzato il significato del termine e il modo in cui le notizie si diffondono è il momento di portare un esempio pratico di questo fenomeno.

In particolare, ci soffermiamo sulla già citata infodemia e, cioè, su come durante i primi mesi di pandemia la circolazione incontrollata di notizie, unita al panico generale, abbia portato ad un clima di incertezza perfetto per la proliferazione di fake news.

Fake news e pandemia: problemi e soluzioni

“[…] dalla vendita di false “cure”, come gargarismi con limone o acqua salata e iniezione di candeggina, a false teorie del complotto secondo cui il virus sia stato bioingegnerizzato in un laboratorio a Wuhan, o che la rete cellulare 5G stia causando o esacerbando i sintomi di COVID-19”

Queste sono solo alcune delle voci che durante la pandemia hanno caratterizzato la nostra quotidianità.

Secondo una serie di sondaggi, durante il periodo pandemico quasi la metà della popolazione del Regno Unito ha riferito di essere stata esposta a fake news sul COVID-19 e risultati simili sono stati riscontrati anche negli Stati Uniti. Come già accennato, tempi difficili e incertezza portano le persone ad aggrapparsi a qualsiasi idea pur di dare un senso alla quotidianità che stanno vivendo:

“[…] un sondaggio YouGov ha rilevato che circa il 28% degli americani e il 50% dei telespettatori di Fox News pensano che Bill Gates stia pianificando di utilizzare il vaccino COVID-19 per implementare i microchip nelle persone.”

È fondamentale sottolineare però come ciò che leggiamo non influenzi solamente i nostri pensieri ma anche le nostre azioni. Ed infatti, in risposta alla cospirazione del 5G, si sono verificati atti di vandalismo come la messa a fuoco di decine di antenne di ripetizione del segnale solo nel Regno Unito.

Date le numerose difficoltà nate con la diffusione di queste notizie e considerando come il fact-checking sia più lento della disinformazione, alcuni studiosi hanno iniziato a introdurre il concetto di prebunking (ovvero debunking preventivo).

Tale teoria si fonda su un preconcetto molto semplice: se una persona viene esposta a una piccola quantità di disinformazione, e poi gli viene spiegato come questa funzioni e perché sia falsa, essa sarà in grado di riconoscere e resistere più attentamente a contatti futuri con fake news come, per esempio, le notizie false sulla salute.

“L’idea alla base dell’inoculazione attiva è consentire alle persone di generare i propri anticorpi”

Questo però rappresenta solo una delle modalità che dobbiamo abituarci a seguire per evitare di rimanere vittime delle fake news. Nell’epoca dell’infodemia in cui viviamo risulta necessario vedere la realtà e ciò che incontriamo in essa attraverso un prisma di scetticismo.

È evidente come sia necessario un aiuto da parte di istituzioni e governi per aiutare gli sforzi che ognuno di noi fa tutti i giorni per combattere la disinformazione. Istituzioni come l’Unione Europea, mediante fondazioni e progetti, ci aiutano a non cadere nel tranello delle fake news.

Uno di questi è il progetto FERMI (Fake nEws Risk Mitigator), tra i cui partner troviamo anche Transcrime, centro di ricerca su criminalità dell’università Cattolica di Milano. Finanziato dalla commissione europea, si impegna ad analizzare le fake news e le loro fonti, insieme ai fattori socioeconomici che ne influenzano la diffusione ed effetti sulla società.

Lo scopo di questo e di molti altri progetti simili è quello di migliorare la rilevazione e il monitoraggio da parte delle polizie europee della diffusione delle fake news, mettendo in atto contromisure di sicurezza. Considerando che quasi il 66% dei cittadini appartenenti all’UE legge le notizie online si può evincere come il ruolo di progetti come questo sia fondamentale per la nostra società.

Per combattere le fake news serve uno sforzo cognitivo?

Il mondo attorno a noi diventa sempre più interconnesso, dandoci possibilità che solo cinquanta-sessanta anni fa sarebbero sembrate fantascienza. Ovviamente, però, assieme ai vantaggi vi è sempre il rovescio della medaglia. Il problema principale legato a questa sovrabbondanza di notizie è che crea lo spazio perfetto per la proliferazione di fake news: le notizie sono così tante e viaggiano così velocemente che il fact-checking non è sempre possibile.

Ciò apre la porta alla possibilità di essere influenzati e manipolati da forze esterne che sfruttano tale problematica a loro vantaggio. Nel testo ne è stata offerta una breve introduzione, esponendo come la circolazione di disinformazione possa essere associata a un’ampia gamma di problemi, come la polarizzazione della società, la sfiducia pubblica nelle istituzioni e l’erosione della politica democratica.

Per non soccombere alle fake news è dunque necessario uno sforzo congiunto. Ognuno di noi singolarmente deve affinare il pensiero critico, stando attenti a cosa si legge e dove lo si legge, senza limitare la soglia dell’attenzione a dei titoletti provocanti o a post online facilmente mal interpretabili.

Le istituzioni da parte loro dovrebbero vegliare sui cittadini cercando di limitare la circolazione di disinformazione, intervenendo quando possibile, senza intaccare la libertà d’espressione, ma educando e promuovendo uno spazio di scambio equo.

Riferimenti utili

infodemia in Vocabolario — Treccani. (s.d.). Treccani, il portale del sapere. https://www.treccani.it/vocabolario/infodemia_(Neologismi)/

fake news nell’Enciclopedia Treccani. (s.d.). Treccani, il portale del sapere. https://www.treccani.it/enciclopedia/fake-news/

Egelhofer, J. L., & Lecheler, S. (2019a). Fake news as a two-dimensional phenomenon: a framework and research agenda. Annals of the International Communication Association, 43(2), 97–116. https://doi.org/10.1080/23808985.2019.1602782

Tsfati, Y., Boomgaarden, H. G., Strömbäck, J., Vliegenthart, R., Damstra, A., & Lindgren, E. (2020). Causes and consequences of mainstream media dissemination of fake news: literature review and synthesis. Annals of the International Communication Association, 44(2), 157–173. https://doi.org/10.1080/23808985.2020.1759443

Van Der Linden, S., Roozenbeek, J., & Compton, J. (2020). Inoculating Against Fake News About COVID-19. Frontiers in Psychology, 11. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2020.566790

FERMI Project — Fake News Risk Mitigator. (s.d.). FERMI Project — Fake News Risk Mitigator. https://fighting-fake-news.eu/

FERMI — Transcrime. (s.d.). Transcrime. https://www.transcrime.it/progetti/fermi/

Immagine principale: freepik

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Giulia Banfi
Mapping Journalism

PhD Student @Unife. Studio la società, analizzando i processi comunicativi e la transizione digitale della PA ✏️ Credo in un’innovazione sociale accessibile.