2011 — La parola ai giurati

Spettacolo 2011 del Liceo Govone di Alba

Marco Asteggiano
Esperienze di un Narratore
5 min readJun 9, 2018

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Monticello d’Alba. Sabato 16 aprile 2011, alle ore 21.00, un pubblico attento e piacevolmente coinvolto ha potuto assistere con vivo interesse e partecipe emozione, nel Teatro parrocchiale “Giovanni Paolo II”, alla trasposizione teatrale in tre atti del surreale e complesso dramma giudiziario “Twelve Angry Men”, scritto dallo scomparso sceneggiatore statunitense Reginald Rose.

La locandina del film originale.

Gli attori in scena erano quasi tutti studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Giovanni Govone” di Alba e, al di là della giovane età e della mancanza di esperienza sul palco, hanno saputo trascendere inaspettatamente la natura stessa dei ruoli imposti dalla trama e dalle vicende narrate, imponendo la loro recitazione sulla scena, non solo dal punto di vista estetico e formale, ma anche sul piano emotivo, psicologico e profondamente umano.

Anche se osservati con occhio particolarmente attento, gli alunni del “Govone” si sono dimostrati all’altezza delle aspettative riposte in loro dagli spettatori in sala, mentre l’anteprima della rappresentazione si è rivelata aderente al testo originale di Rose, trovando la strada per il giudizio favorevole da parte della critica.

Tradotta in Italiano con il titolo “La parola ai giurati”, la sceneggiatura di quest’opera, inizialmente concepita per la rete televisiva americana CBS, raggiunse la notorietà a partire dal 1954, quando ne venne girata la prima versione cinematografica, diretta dal regista Sidney Lumet e interpretata da grandi caratteristi americani di allora come Henry Fonda e Lee J.Cobb. A partire dal 2004, la Roundabout Theatre Company di Broadway ne ha proposto la versione teatrale, che è poi stata portata in Italia nel 2008 dall’attore Alessandro Gassman.

Al centro della versione proposta sabato scorso dal regista Luca Franchelli, vi è il dibattito tra le opinioni di dodici anonimi giurati chiamati a stabilire la colpevolezza o l’innocenza di un diciannovenne sbandato accusato di parricidio. Per rendere con maggiore enfasi i comportamenti dei vari personaggi e donare alla rappresentazione degli stessi un valore universale, sono stati volutamente esclusi dalla messa in scena i riferimenti alla cultura e all’ambientazione americana del testo originale.

Il pubblico, nell’assistere a quest’opera teatrale, ha avuto la possibilità di identificarsi in ognuno dei personaggi proposti e di sentirsi, per questo, maggiormente rappresentato.

Alle contrapposizioni socio-culturali tra i dodici giurati (poveri contro ricchi, cittadini regolari contro immigrati), si è sovrapposto, ad un certo momento della trama, il conflitto psicologico tra favorevoli e contrari alla pena di morte. In un crescendo di colpi di scena, susseguitisi l’un l’altro ai dialoghi serrati tra i vari protagonisti, è stato nel finale inaspettato che questi caratteristi d’eccezione hanno dimostrato il meglio di sé.

Vi era chi, tra i personaggi proposti all’interno dell’unica spoglia ambientazione presente, ovvero la stanza di un Tribunale, desiderava la morte dell’imputato, a prescindere dalla sua presenza o meno sulla scena del delitto, e chi, conscio del ruolo a lui imposto dalla giustizia, desiderava per l’accusato un processo equo, che rispettasse il principio di innocenza fino a prova contraria, proprio di una vera democrazia.

La maggior parte dei tipi umani possibili è stata rappresentata da un equivalente sul palco, quasi a voler dimostrare, in maniera catartica, l’esistenza di un principio che lega indissolubilmente, e di riflesso, la natura dell’arte scenica a quella della vita reale. Nel momento in cui l’arte imita la vita, è anche la vita stessa ad imitare l’arte, ed è stato questo il motivo della comparsa, sulla scena, di quei sentimenti contrastanti quali odio, paura, rabbia e persino desiderio di vendetta e di riscatto sociale, propri delle debolezze umane che richiamano la natura degradata, più che gli uomini e le donne.

Per molti tra coloro che vivono la loro esistenza al di fuori della realtà immaginaria del palcoscenico non rappresenta un problema essere eternamente schiavi delle proprie passioni e dei propri desideri egoistici e prevaricatori. Nella sua opera teatrale “Vita di Galileo”, il regista Bertolt Brecht, considerato da molti come il più influente drammaturgo tedesco del XX secolo, ci invita però a superare questi comportamenti attraverso un impegno perseverante, con la seguente affermazione:

“Vi sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, vi sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però vi sono quelli che lottano tutta la vita: questi sono gli indispensabili”.

Ai deboli e agli indifesi, quando sono sottoposti al giudizio degli arroganti e dei superbi, spetta quasi sempre un’ultima istanza di difesa, portata avanti dalla coscienza di persone in grado di farsi carico, con decisione, dei principi di onestà e rettitudine sui quali la società vorrebbe, e soprattutto dovrebbe, essere fondata.

L’insegnamento ultimo della rappresentazione de “La parola ai giurati” risiede nella capacità di affermare le proprie opinioni anche quando queste sono contestate dalla maggioranza intorno a noi, poiché senza la volontà di imporre un’idea e senza manifestare i propri pensieri in un confronto dialettico è pressoché impossibile evidenziare gli errori, correggere e auto correggersi. Privata di queste basi, la democrazia è destinata a crollare su se stessa come una casa priva di vere fondamenta.

Nel pretendere un’ambientazione spoglia contornata da luci soffuse per la messa in scena di “Twelve Angry Men”, il regista Luca Franchelli ha dimostrato di voler basare il successo dello spettacolo da lui proposto sulla sola recitazione dei vari caratteristi.

Il lavoro svolto dagli studenti del “Govone” di Alba si è dimostrato in grado di sostenere il ruolo di mediazione tra i concetti espressi dalla loro lodevole interpretazione ed il pubblico in sala. Nel vederli agire sulla scena, i numerosi spettatori accorsi al Teatro “Giovanni Paolo II” di Monticello hanno avuto la possibilità di assistere alla nascita di alcuni dei futuri attori del nostro Paese, ragazzi e ragazze capaci di esprimere e difendere i valori più alti e i messaggi più veri, senza perdere di vista i propri obiettivi.

Questo spettacolo, difficile da dimenticare, è stato un’esperienza importante per chiunque ami il teatro e, nell’assistere alla recitazione di questi giovani, in molti hanno intravisto la bellezza della realtà e della verità evidente, che solo i professionisti del palcoscenico sanno rappresentare.

Marco Asteggiano

La scheda

Genere: dramma giudiziario.
Compagnia: Laboratorio teatrale 2011 dell’Istituto di Istruzione Superiore “G.Govone” di Alba.
Regia: Luca Franchelli.
Soggetto: Reginald Rose.
Sceneggiatura: adattamento di Luca Franchelli.
Luci e suono: Joele Previotto.

Ufficio stampa: Giada Grattarola.
Collaboratori: Marco Bazzano, Leano Torello.
Coordinamento generale: Laura Dolcino.

Interpreti:
Alessandra Ernè
Elena Ferrero
Ottavia Gili
Maria Francesca Giordano
Alessia Graziano
Sara Marano
Fabio Moretti
Eleonora Perono
Filippo Porro
Silvia Rabino
Serena Veglio.

Con la partecipazione straordinaria di Laura Demichelis nel ruolo di Presidente della Giuria.

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Marco Asteggiano
Esperienze di un Narratore

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