Amore

Marco Castellani
StarDust
Published in
3 min readFeb 14, 2014

Bella storia parlare dell’amore, oggi. Impegnativa. Sull’amore si sono scritte milioni di righe, si è detto di tutto, si sono scontrate teorie ed opinioni. Allora piuttosto che parlarne ancora, oggi si può soltanto lasciare uno schizzo, un’impressione.

Un’ombra di parola, un taglio di luce.

Un tassello in un mosaico.

Ecco cosa proviamo,

qui.

Cos’è che mi fa andare verso l’altro? Perché non mi basto? Come mai l’innamoramento svapora ad un certo momento? Poche chiacchiere: stiamo a ciò che accade. Accade che puoi trascorrere ampi margini di vita quotidiana vicino a tua moglie o tuo marito senza quasi guardare chi hai accanto. E poi d’un tratto, per una parola, una attenzione, una carezza, ti ritrovi dentro quel fatto, il fatto che sei innamorato ancora…

Cavolo, ti viene da pensare. Proprio quando avevi pensato che ne eri fuori. Che avevi teorizzato che l’amore era roba per giovani. Che sì, certo, ti dispiaceva abbastanza non essere più innamorato, ma almeno avevi capito come vanno le cose.

Invece no, non sei uscito dal gioco. E non ti raccapezzi più (sei contento, ma non ti raccapezzi).

Tutto cospira a pensare che si stia girando attorno ad un mistero. Per chi vive da tanto tempo insieme ad una altra persona, il mistero dell’abbracciare la differenza si fa vivo in tutta la sua ineluttabile luccicanza.

Nell’amore si fa esperienza di qualcosa di più grande, di un mistero che eccede i due e che si esprime con un sospiro, non certo un sospiro di rassegnazione, ma un sospiro che esprime un anelito. Se non c’è sospiro è inevitabile cadere nella pretesa verso l’altro e nella rabbia per la propria ed altrui inadeguatezza. (Eugenia Scabini, qui e di seguito)

La verità, vi prego, sull’amore. Mai come in questo caso non riesco più a sopportare elucubrazioni e discorsi disancorati — secondo me — dalla semplice verità delle cose.

Il matrimonio viene spesso contrabbandato come un’armonia magica, mentre è un’impresa che ha in sé un’evidente drammaticità, in cui le differenze sono un dato naturale e ineliminabile. Non serve applicarsi a limarle, come se volessimo cloroformizzare la realtà e, in fondo, negarla.

Questo è il discorso più onesto che potrei fare sull’amore coniugale. Questo è il parlare più spogliato di illusioni e velleità e desideri e più possibile ancorato alla vita reale, così come mi appare davanti agli occhi, ogni giorno.

C’è qualcosa che cresce, in un matrimonio, durante gli anni.

Diminuisce, inevitabilmente, la passione più istintuale. Ma di più, più di questo. Svapora l’illusione che la presenza dell’altra persona sia la chiave di interpretazione del cosmo, dell’universo, della vita. Di essere al riparo dall’esigenza di senso, dalla ricerca.

Eppure c’è qualcosa che cresce, dicevamo. Qualcosa che nella fase di innamoramento non si può nemmeno sospettare.

Certo cresce appunto il senso della distanza, del fatto che l’altra persona sia inesplicabilmente diversa da come siamo noi. Sia diversa anche da come la vorremmo, in fondo.

Ma non è questo, non è questo che mi stupisce, dopo tanti anni di matrimonio. Questo casomai mi fa arrabbiare, disperare, deprimere — quando non lo accetto, quando non lo voglio accettare.

Il che avviene ancora troppo spesso.

Eppure non è questo il punto.

Quello che mi stupisce, quello che cresce e mi stupisce, è notare come tutta questa distanza venga coperta, abbracciata, travalicata. Dall’amore. Succede. Succede ed è una cosa francamente incomprensibile. Cioè, tu vedi questa persona così insanabilmente differente da te che ti vuole bene, e tu capisci anche — con grande costernazione, con commozione e costernazione insieme — che tutte queste differenze non impediscono che tu le voglia bene.

Due persone che vivono l’esperienza dell’amore vero “sospirano”, perché attraverso l’altro si affacciano all’infinito, tenendosi per mano si incamminano insieme verso il compimento di entrambi.

E volersi bene attraverso le differenze (non dico sforzarsi di farlo, intendo proprio vedere che accade) scusate ma per me resta un mistero. Un mistero che non censura nulla (la noia, la stanchezza, i risentimenti, tutto quello che volete). L’amore provato e temprato di un matrimonio ha una robusta architettura — un punto di stabilità, anche davanti alle mancanze dell’uomo e della donna, alla loro luminosa e commovente imperfezione — che non ha confronti, nemmeno con quello bellissimo sfavillante dell’innamoramento. Diciamolo, è proprio un mistero.

Un mistero che si va approfondendo e rendendo più presente, ogni giorno che passa.

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