Cambridge, terzo giorno

Marco Castellani
StarDust
Published in
3 min readJan 22, 2009

From my window…
Inserito originariamente da mcastellani

Giornata piena anche oggi. Nottata un pò tormentata da alcuni randomici risvegli, ma nel complesso sono riuscito a dormire il tempo sufficiente.

Arriviamo all’istituto dopo aver imboccato per errore una strada che ci portava dritti dritti in un allevamento di bovini. Dopo un bel pò di “muuu.. muuuu…” che io intendevo come “Guarda capo che te stai a sbaglià! Non è questa la strada!” ci siamo corretti e siamo arrivati finalmente alla meta.

La giornata è trascorsa in maniera per me psicologicamente piuttosto altalenante, tra gli attimi di micro-sconforto per come mi accorgevo di non padroneggiare ancora adeguatamente la complessa e intricata materia, ad altri di confidenza e maggior sicurezza, allorquando la discussione si portava su cose in cui mi sembrava di essere riuscito a fare un pò di luce, o meglio ancora quando a domanda diretta, mi trovavo a spiegare cosa sono le classi astratte e quando si devono usare.

Ok, ho ancora molta strada davanti, nel mio prefissato obiettivo di prendere tutte le cose con calma e ponderatezza. Forse non sono abbastanza umile: vorrei sempre portare subito il mio contributo, mostrare le mie qualità, evidenziare una mia confidenza. E non è sempre possibile. Poi certo, magari basta che capisco qualcosa e mi rassereno immediatamente. Lo confesso, alcune volte vorrei avere un distacco maggiore, sono certo che gioverebbe anche e proprio al lavoro da svolgere. Questo sul piano ideale, nell’ottica del lavoro su se stessi. In ogni caso, stavolta non demordo. Le cose fatte non son affatto zero; e quelle non ancora chiare, si chiariranno: dopotutto, come dice il mio collega, non c’è nessuna fisica particolarmente complicata dietro.

Intanto stiamo facendo un lavoro che penso abbia una sua importanza, ed è importante anche che noi questi giorni si stia qui.

Cena al pub con Luigi, la borsista rumena conosciuta ieri, poi Marco, Francesca e il loro bimbo Martino, che curiosissimo andava avanti e indietro ad esplorare l’ambiente, Mi ha fatto pensare a qualche anno fa, quando avveniva lo stesso con i bimbi miei. Com’è che mi capita più spesso di pensare al tempo che passa, ultimamente? A volte anche con un attimo di sbigottimento, non posso negarlo. Questo è stato praticamente anche il tema dominante della conversazione avuta con Luigi, rientrati in un quieto Bed and Breackfast tutto per noi, dopo la cena.

Eppure c’è qualcosa. che mi dispiace non riuscire a portare in superficie nei discorsi. Sì, mi dico. C’è una risposta al passare del tempo, si può trovare. O forse — meglio — ci si può lasciar trovare. Consentire appena di essere amati, dire di sì. Lasciarsi abbracciare, consolare, consolare fino in fondo, di tutte le amarezze umane, lasciarsi lenire le ferite …. E lasciarsi pure perdonare tutti i dubbi, tutta la poca, troppo piccola fede, la così minuscola fiducia, i piccoli e grandi tradimenti…

Quanto è dolce, quando viene, la certezza di essere amati tanto, così tanto. E’ di qualche momento, magari di qualche attimo fugace. Possiamo solo domandarla. Ma quando accade, quando ri-accade, mamma mia com’è contento il cuore, e giovane, giovane, sempre giovane, come quello di un bambino che gioca… forse perchè è quello che cerca, forse perchè non cerca nulla di meno…

--

--