I regali che voglio farmi oggi

Due su tutti…

Marco Castellani
StarDust
3 min readNov 6, 2015

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Occasioni di compleanni. Una cosa che mi viene in mente è che ho un paio di bei regali che vorrei farmi.

Uno è salutare tutte le paure, che sarebbe di per sé veramente una cosa fantastica. Un regalone, proprio. La paura è la prima nemica del gusto di vivere, mi pare. Svilisce e altera il sapore di tutto, aggredisce i profumi, contesta i sorrisi. E’ davvero fastidiosa, ed è per il 95% splendidamente inutile. Intendiamoci, non che ci si riesca così, di botto. Liberarsi dalle paure è un percorso (che prima di tutto implica accoglierle senza alcun giudizio).

Un paio di regalini me li voglio pur concedere…

Però divertirsi almeno a pensare che la paura non condiziona più, non ferma più, non ostacola più: ecco, questo forse si può fare. E ripartire ogni mattina buttandole via, anche questo — azzardo — forse si può fare.

Anzi, sai che ti dico, che forse è proprio questo il compito della mia vita.

E allora è logico, è pienamente logico che le paure vengano a trovarmi! Se infatti non venissero, come potrei mandarle via? Come potrei fare il lavoro al quale sono stato chiamato, per il quale sono nato? Quindi animo, ho un lavoro, un lavoro profondo, la cui piena utilità sarà chiara solo nel futuro. Ma la sua piena ragionevolezza brilla già adesso, se appena ci guardo con occhi onesti e aperti.

Questo era per quanto riguardava il primo regalo che intendo farmi oggi.

L’altro è cedere finalmente e totalmente alla mia vocazione. Cioè (per quanto capisco) scrivere. O meglio, per dirla tutta, essere scienziato che scrive.

Prenderlo sul serio. Accettare di esserlo (non è affatto banale).

In effetti questo ultimo anno, il percorso del cinquantunesimo, è servito a chiarirmi diverse cose importanti. A chiarire la necessità di questo cedere, per esempio. Nessun percorso (anche spirituale e psicologico) sostituisce questo atto libero del cedere alla mia vocazione, come si è ampiamente constatato. Niente può “esimermi” dal fare i conti con la mia chiamata (uno scienziato che scrive, appunto). Nessuna pratica pia può giustificare una fuga da quello a cui sono — amorevolmente ma assai perentoriamente - sollecitato, spinto da qualcosa di profondo e centrale nel mio cuore. Il biglietto da visita con cui presentarmi davanti all’Universo. Cosa sono, che sto a fare qui sulla Terra, che segno può lasciare la mia esistenza sul pianeta, appunto.

Sì. Parliamo di cose pertinenti così.

In effetti, un pochino ho giocato sporco: un pochino ci ho provato. Forse c’è modo di eludere… ? Beh, tutto quello che sta capitando, tutte le emozioni che accompagnano quello che capita, mi dimostrano senza ombra di dubbio che no, non c’è modo.

Se voglio star bene, fermo restando tutto il resto, devo aderire.

Non ho deciso io lo scopo della mia vita, e sono sempre più convinto che non stia a me deciderlo. A me rimane la libertà di accogliere l’indicazione che affiora, concreta e pressante, alla mia coscienza. Ora.

Terapeuticamente, molto salutare. Del resto lo vedo. Lo avverto subito, sempre, che il flusso di parole fa bene al mio cervello, lo rassicura, lo tranquillizza. Intorno alla parola scritta la mia coscienza profonda riesce ad organizzarsi, a distendersi nell’atto creativo, a modulare poi un respiro che si propaga fino al corpo, alle sensazioni più periferiche.

Inutile resistere.

Ecco il compito. Aderire, dunque. Con tranquilla semplicità.

Ecco i due regali che mi voglio fare oggi. Due regali che non costano niente in termini di denaro, ma due regali che possono aiutare in maniera potentissima a guarire la vita.

Cioè a viverla meglio. Una vita viva, come cantava il grande Lucio (ma quanto è bella e potente questa canzone apparentemente leggera).

Una vita viva, appunto.

Cioè, una vita.

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