La danza delle cose

Marco Castellani
StarDust
Published in
4 min readJan 17, 2013

Mi è venuta in mente di nuovo stamattina. Quella incredibile, fantastica canzone. The swing of things. Incredibile perché il testo è poetico e profondo, la musica si sposa veramente bene con le parole — ok, decisamente anni ottanta, come arrangiamenti ed atmosfera — ma poi ha questo salto sublime, diventa delicata e struggente sul ritornello, quasi sospensiva. Lascia respirare le parole. E di respiro ce ne è.

healing

“Healing” (“Guarigione”) di hannah davis.

Chissà quanti la conoscono. Chissà quanti sanno ancora chi fossero gli A-Ha. E chi conosce quella stupenda canzone del loro secondo album (come disse acutamente mio fratello, una delle rare volte in cui il secondo disco è meglio del primo). Una vera gemma lucente, quella canzone. Mah. Suppongo che molta gente non li avrà mai sentiti (al pari dei Grisembergs, magari — anche se il genere è molto diverso).

Ma andiamo al punto.

Ecco il respiro, eccolo.
Mi colpiva fitto allora, da ragazzo.
Ancora mi colpisce.

Oh, when she glows in the dark
And I’m weak by the sight
Of this breathtaking beauty
In which I can hide

Che mi piace tradurre così

Oh, quando lei splende nel buio

e sono reso debole dal contemplare

la sua bellezza mozzafiato

nella quale posso nascondermi

L’ultima riga dice tutto, nella quale posso nascondermi. Non c’è posto migliore per nascondersi, per ristorarsi, della bellezza. Perché non affidarsi a questa bellezza è devastante. Non domandarla è assurdo.

Continuo a pensare alla notizia del duplice omicidio all’Aquila. Certo con tutto quello che succede anche in campo internazionale (penso alla atroce tragedia degli ostaggi morti in Algeria) non ci sarebbe da starci troppo sopra. Poi, purtroppo cose come questa non sono certo nuove.

Eppure ci penso.

Metto le mani avanti: non conosco bene i fatti. Non so e non voglio fare analisi psicologiche e sociologiche. Mi preme dire una cosa semplice, veramente una cosa semplice. La cosa che mi sembra devastante è che la mancanza della percezione del bello, che c’è un bello dove riposare, può essere mortale. E che non è questione di coerenza, di bravura, di niente di tutto questo. Proprio un cavolo di niente. E’ questione di resa, di arrendersi e affidarsi. Di lasciar respirare le cose.

Perché se non avvertiamo questa bellezza cerchiamo soddisfazione ovunque, ovunque. E non abbiamo riposo. E siamo sempre in balìa delle circostanze, non capiamo che le circostanze arrivano per noi, per spingerci ad un lavoro. Può non essere facile, per niente. Se le circostanze non ci piacciono. Ma se non cediamo a trovare un senso in tutto, tutto si fa senza senso: tutto ci urta. E diventa più facile fare delle enormità, siamo meno morbidi e più violenti.

Oh, there’s a worldful out there
Of people I fear

Proprio vero

Cè un mondo intero là fuori

di gente di cui ho paura

Perché siamo onesti, per una volta. Ma cosa rimane, se smettiamo di sognare, di sondare le nostre profondità, se rimaniamo in superficie, se non cerchiamo più un senso a tutto quello che succede? La paura, la paura.

Ieri sono andato al funerale di una donna morta a circa cinquant’anni di tumore. Ecco io davanti a questa cosa posso essere spazzato via, posso perdermi. Posso non capire, magari soltanto chiedere di capire. Ma se sono qui, finché sono qui, devo cercare un senso a quello che capita. Devo.

E chi dice con triste, falsa e fraintesa consapevolezza, occhio, che per noi moderni un senso non c’è vorrei che si rendesse conto che senza senso diventiamo semplicemente matti (almeno io, che ormai mi conosco abbastanza). Perché siamo fatti per un senso, un significato. Abbiamo un cuore grande, un’ansia di compimento stratosferica. Allora! Cavoli, la vita è troppo grande per privarla di un significato. Ci si può scoprire veramente poveretti, vedere magari un ideale e tradirlo millemila volte al giorno, ma non è questo il punto. E che già vederlo è tanto. Tantissimo. Tantissimissimo, come dicono i bambini. Perché vuol dire respirare. E l’umiliazione del tradimento ci cambia, pian piano. Ma non voler vedere niente è devastante (perché in fondo è un’opzione, guardare o non guardare).

E’ urgente, urgentissimo. Ed è una cosa concretissima. Troviamo la bellezza nella quale nasconderci. Quella bellezza che, riconosciuta, rende morbido il mondo. Quella bellezza dove le cose possono finalmente danzare. Crediamoci, aiutiamoci a trovarla.

But given time I’ll get into
The swing of things

Non percepite la speranza che già brilla dentro il given time ? Io sì! Entrerò piano piano nella danza delle cose. Ci vuole tempo, ci vuole tempo. Piano piano. Ok. Nessun problema. Devo fare un lavoro su di me. C’è una strada da percorrere ma che mi importa se è lunga, ma che me ne frega. L’importante è che ci sia.

Alziamoci ogni mattina con questo ideale: cercare la bellezza e servirla. Diamo senso al mondo: così possiamo portare pace. Non trovo rivoluzione più profonda ed interessante di questa.

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