Moglie, felicità e cedevolezza
Andiamo subito al punto. Per me, per il punto in cui sono, per la mia età, per tante cose, è diventato importante, prioritario, capire l’importanza della famiglia.
Hai presente, il tipo di cose che tu dai per scontato e quindi corri rischi. Come sempre quando dai per scontato qualcosa, lo riduci, lo interpreti parzialmente. Soprattutto, blocchi quello scambio fecondo tra ciò che hai ridotto e la tua interiorità, la tua anima. E non sto parlando del rischio di essere moralmente ineccepibili anche come sposo o genitore (con le propre forze soltanto, del resto, è impossibile). Non si tratta di non sbagliare. Parlo del rischio ben più grande di trascorrere gli anni senza gioire abbastanza di quanto si ha, senza rallegrarsi della bellezza di una lenta costruzione, di un cammino da fare insieme. Più lenti o più veloci, candendo e rialzandosi. Non è il problema.
Kissing Shadows, by -clo
Il rischio per me è un altro. Rischio di guardare mia moglie come una persona che può compiere il mio desiderio. Necessaria e sufficiente, diciamo, a farmi sentire bene.
Spesso cado in quest’atteggiamento mentale. E sbatto presto contro un muro, perché (come poi devo capire) sto forzando la realtà e le persone in una interpretazione errata. Allora la mia delusione è dietro l’angolo. Tutto perché guardo la mia sposa nel modo sbagliato, con una pretesa. Senza arrendermi al fatto che lei sia segno.
“Se ciascuno non incontra ciò a cui il segno rimanda, il luogo dove può trovare il compimento della promessa che l’altro ha suscitato, gli sposi sono condannati a essere consumati da una pretesa dalla quale non riescono a liberarsi, e il loro desiderio di infinito, che nulla come la persona amata desta, è condannato a rimanere insoddisfatto.” diceva Juliàn Carròn qualche anno fa.
Rilke lo dice proprio bene: Questo è il paradosso dell’amore fra l’uomo e la donna: due infiniti si incontrano con due limiti; due bisogni infiniti di essere amati si incontrano con due fragili e limitate capacità di amare. E solo nell’orizzonte di un amore più grande non si consumano nella pretesa e non si rassegnano, ma camminano insieme verso una pienezza della quale l’altro è segno.
Una pienezza delle quale l’altro è segno. Solo questo può essere degna continuazione dell’estasi dell’innamoramento, limitata per sua natura. Solo questo posso ragionevolmente accettare in un rapporto che dura nel tempo: una pienezza maggiore. Non ho proprio voglia di accontentarmi di qualcosa di meno.
La buona notizia è che questo mi fa capire come affidarsi (cedere, attratti da questa prospettiva di pienezza… invece che logorarsi i muscoli e la volontà nel tentare di essere buoni o all’altezza o non fare sbagli), non è qualcosa di astratto, ma è qualcosa che ha molto, molto a che vedere con la felicità. Anche quella coniugale.