Sul lungofiume…
Una delle fortune di vivere in questo posto dove vivo, è che si è nei pressi di un grande parco. Una possibilità di apertura e di meraviglia a portata di mano. Due secondi e ci sei dentro. Lasci tutti gli incastri e le tristi efficienze cittadine, e respiri del parco. Entri nel parco con i ritmi tuoi e subito scopri che ti devi arrendere, devi stare ai suoi ritmi, devi rallentare.
Il parco dell’Aniene ha qualcosa di antico, di stabile nel tempo. Mischia foglioline e cespi erbosi con una storia che ti arriva addosso, anche se non la sai, non la conosci bene: ma non serve, perché la respiri. Ed é una storia che ti tranquillizza, ti ristora.
Così quando arrivo, in bicicletta con Agnese, papà e bimba ognuno sulle sue due ruote (ma papà, la tua bici va più veloce perché ha le ruote più grandi?), nei pressi dell’Aniene, vedo le case dall’altra parte del fiume, sento addosso la gloria sommessa e florida di un pomeriggio romano di sole: sento una dolcissima pace del cuore, come preso da una bellezza, come davanti ad un bel quadro. Mi fermo a fare una foto e mi vengono in mente i quadri di Roma sparita. Anche da quelli mi viene incontro una dolce e contemplativa tranquillità. Come una pace data da radici solide, estese nel tempo.
Roma sparita (ma presente nel cuore)
Certo, ammetto che le costruzioni intorno al fiume, perlomeno nel punto dove io e la vispa Agnese siamo arrivati, non hanno (probabilmente) niente di particolare. Eppure la combinazione tra il fatto di essere arrivati presso il fiume, il bel parco tranquillo — un verde acceso costellato di fiorellini gialli che avrebbe sicuramente destato l’interesse di un Van Gogh — i ricordi dei dipinti antichi, mi conquista. Ora il mio cuore respira per qualcosa: prima ancora di sapere per cosa, lui respira. Il cuore ti frega, fortunatamente: la mente analizza, razionalizza. Il cuore accoglie. E vince.
Sul lungofiume dell’Aniene…
La mente, appunto. Che cosa strana. Non è vera la misteriosa disillusione che tante volte attraversa la mia mente, spaventandola. Basta essere qui per capirlo. Ma a volte non serve ragionare, serve semplicemente stare in un posto. E farsene prendere. E’ una legge della vita. Del resto, sono convinto che abbia guadagnato molto di più un personaggio “discutibile” come Zaccheo in un solo momento, a salire sopra un albero, rispetto a tanti dotti e sapienti di specchiata fama, che abbiano magari speso la vita a interrogarsi su grandi questioni e su ponderosi testi…
Allora forse, vuoi vedere che questa cosa di stare più che cercare di essere, di cui ragionavo qualche settimana fa, ammette declinazioni anche minime, suscettibili di essere trovate in una gita di Pasquetta? La domanda è squisitamente retorica: se me lo chiedete, vi dico di sì…