IL GENIO DI WASHINGTON

mario albrizio
mario albrizio
7 min readMar 28, 2022

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Ci siamo assuefatti allo stereotipo dell’americano potente ma un po’ pirla (come se le due cose possano andare d’accordo), che inizia un sacco di guerre e le perde tutte, dopo le due più importanti, nel secolo scorso.

Ma non è così. Non più almeno.

Prendi l’#Ucraina per esempio. Là dove più che mai oggi batte il cuore e il destino dell’Europa. La vittima predestinata dello scontro dei giganti politico-militari.

I russi hanno ceduto a una lunga serie di provocazioni e hanno invaso, prendendosi irrimediabilmente il ruolo del colpevole e altrettanto irrimedialbilmente passando dalla parte del torto.

Gli ucraini sono stati aizzati, spinti, armati e buttati in una guerra per procura contro i russi. Al momento giusto. Nel solito modo: potenti piccoli e grandi a giocare alla guerra e il popolo a pagare per tutti.

E lasciati soli come da programma. Perché una guerra per procura è incomparabilmente meglio di una guerra combattuta direttamente, dove si può anche perdere...

E non è un caso che questa guerra venga lanciata all’indomani della figuraccia cosmica del caotico inglorioso ritiro in mondovisione dall’Afghanistan.

Quali i vantaggi? Mettiamola giù facile.

1. Quanto più la guerra dura, tanto più la Russia si indebolisce - tra dissanguamento sul campo e strangolamento con le sanzioni. E si indebolisce l‘Europa, tra rincaro energetico e auto-strangolamento con le sanzioni.

2. La logica di guerra “in casa” facilita la riduzione ad obbedienza di tutto il mondo “occidentale”, specie europeo, al dominus americano. E questo non potevi ottenerlo con la solita guerra nel medio o nell’estremo Oriente.

3. Il #Covid ha aiutato a instaurare una logica di paura e obbedienza sotto l’immensa potenza di fuoco dei media, tutti controllati dai grandi poteri “occidentali” — favorendo il passaggio indolore a una logica di guerra.

Ha aiutato”? O è stato volutamente propedeutico? Chissà…

4. L’Europa viene isolata dal resto del mondo, accetta un impoverimento sostanziale e una ulteriore riduzione della propria già limitata sovranità, per rifugiarsi sotto il potente “alleato” e “protettore” americano.

Un’Europa mai andata oltre le buone intenzioni (di pochi) e gli incontrollati appetiti nazionali — si piega senza fare una piega alla totale obbedienza di guerra dopo due anni di obbedienza pandemica a Fauci e alla Fda.

Il continente più ricco si accuccia sacrificando ogni desiderio di indipendenza in cambio della conservazione della prosperità — il classico caso, come insegna la Storia, in cui non si ottiene l’una né si conserva l’altra.

5. Si spacca la naturale alleanza tra Russia e Cina, spingendo la seconda a prendere posizione, e alla lunga, se il gioco dura, c’è un solo posto da prendere: accanto alle vittime aggredite. Cioè, di fatto, con gli Usa.

Rigovernare il mondo

La narrazione mediatica, totalmente appiattita sulla versione americana-occidentale (“la parte giusta della Storia”), ha un obiettivo e un impatto strategico assolutamente centrali, persino più che le armi.

Russia e Cina non hanno la forza, né l’autonomia, né l’interesse per costruirsi un mondo parallelo indipendente dal sistema occidentale. Per quanto potenti, non possono fare da sole. Specie la Cina, che va quindi staccata dalla Russia.

D’altra parte oggi, dopo la Brexit e la ricostituita alleanza strategica dei Five Eyes (Australia, Canada, Nuova Zelanda, Uk e Usa) che ricompattano il fronte anglosassone, è chiaro che l’attacco è pianificato da tempo.

I vecchi alleati vincitori della seconda guerra mondiale si ricompattano sotto la guida americana e “si preparano a rigovernare il mondo”, rimettendo in riga le ribelli Russia e Cina, e schiacciando l’Europa.

Padroni della narrazione mediatica, militarizzata e messa al riparo da ogni controllo critico sull’altare della pandemia —con i cittadini terrorizzati e le Costituzioni stravolte — il fronte interno era pronto per la guerra.

La scelta del luogo e del tempo di questo attacco diretto per interposta Ucraina al cuore della criticità dello schieramento avversario è ben più efficace che piazzare cunei vicino agli avversari come con l’Afghanistan.

Da questo si intuisce il cambio di strategia a Washington. E in questo senso si può dire che una strategia vincente val bene un ritiro. Indebolire la Russia riequilibra l’Afghanistan.

C’è un genio a Washington che sta dimostrando di non essere inferiore ai grandi strateghi della Storia.

Sia esso una persona ancora ignota, un humus o semplicemente la risultante geometrica dei fattori a disposizione dei grandi decision makers che comandano realmente nella capitale formale dell’Occidente.

Dove punta la guerra

Il problema è in realtà uno solo. Fin dove ha intenzione di spingersi il novello Napoleone — chiunque o qualunque cosa sia — in questa nuova campagna di Russia?

Di certo non in una guerra nucleare, che sarebbe distruttiva per tutti — Usa compresi.

Né in un nuovo Vietnam/Afghanistan troppo lungo che potrebbe moltiplicare le incognite, i danni e la povertà e rendere irrequieta la ritrovata “fedeltà” (leggi sottomissione) europea.

E allora fino a dove? Fino a dove provocare i Russi, per spingerli a reagire e a fare ciò che tutto il mondo giustamente condanna?

Senza dubbio la chiave per sciogliere il rebus sta nell’escalation di insulti con cui quotidianamente il presidente americano definisce quello russo: tiranno, killer, criminale di guerra, macellaio

Persino una nullità politica come il ministro (incredibilmente) degli Esteri Di Maio, ovvero il capo della nostra diplomazia (sic!) ha aderito al mantra, definendo il presidente russo “un animale”.

A riprova di quanto questo sia più un ordine di scuderia che un delirio del vecchio presidente Usa lasciato solo dalla badante.

Allora il quadro si chiarisce e si capisce che per entrambi i reali contendenti (sulla pelle degli ucraini e degli europei) è una lotta contro il tempo.

Quando finirà la guerra

I russi mirano a rovesciare il governo ucraino e sostituirlo con uno amico. Che accetti l’annessione dei territori ancora ucraini che collegano la Russia alla Crimea.

Gli americani a sbarazzare il campo da Putin e a una leadership più amichevole. Se non un nuovo Eltsin, almeno un amico dell’”Europa” che sconfessi il predecessore in cambio del riallaccio dei rapporti.

Le reciproche rassicurazioni russo-americane che “non stanno cercando un cambio di regime” ne sono ovviamente la più chiara conferma. Quello che formalmente si nega è esattamente quello che si sta cercando.

È fondamentale però che a fare fuori Zelensky o Putin sia il loro entourage, verso cui sicuramente si concentrano in queste settimane lusinghe e minacce, pressioni e promesse nel backstage della guerra guerreggiata e mediatica.

Un mero assassinio non avrebbe effetto e anzi rischierebbe di essere controproducente, rinsaldando i rispettivi popoli intorno alla figura del “martire” ucciso.

Il percorso classico è un altro: delegittimare e squalificare il leader avversario a tal punto che siano le iene che sempre li circondano nel loro entourage a sbranarli per prenderne il posto.

Il futuro prossimo ci dirà chi vincerà la gara. Ma è questo e solo questo che metterà fine alla guerra. Almeno fino a che i contendenti mantengono un minimo di controllo razionale sulle proprie azioni, altre ipotesi sono escluse.

Operazioni sul campo da un lato, e sanzioni dall’altro, mirano a convincere chi è intorno ai due leader sul campo a prendere l’iniziativa e farlo/i fuori per “salvare sé stessi e il Paese”.

Quando questa molla scatterà nella mente di chi di dovere (“stiamo per perdere, devo salvarmi e salvare il Paese”), allora ciò che deve succedere succederà, e la guerra finirà.

È una corsa contro il tempo ed è difficile dire chi la vincerà, perché Usa-Nato e Russia (e la Cina sullo sfondo) si muovono con i piedi di piombo per l’impossibile sfida nucleare, ma sono tutti decisi a vincere la partita.

Sì può però dire sin d’ora con certezza chi perderà la sfida in entrambi i casi. Anzi l’ha già persa. L’Europa. Che paga così duramente le sue divisioni e la sua mancanza di visione unitaria.

E siccome all’Europa non c’è alternativa, almeno non per gli europei, sulle macerie dell’elefante burocratico di Bruxelles bisognerà cominciare a costruire qualcosa che sia finalmente autonomo, indipendente e libero.

Come Europa, a lungo abbiamo dominato il mondo con la guerra.

È arrivato il momento di dimostrare che siamo in grado di guidarlo anche nella pace. Un’Europa finalmente capace di una visione comune e ben al di sopra degli egoismi nazionali.

O questo, o essere l’Ucraina di domani. Altra via non c’è per l’Europa che dimostrarsi all’altezza delle esigenze di un mondo che ha bisogno di essere liberato dalla guerra e dalla paura.

Solo questo riscatterà l’Europa dal peccato originale di essere una Unione solo burocratica ed economica, senz’anima e coraggio e progetto — e la sua lunga prospera esperienza, dall’essere solo un inutile inciampo della Storia.

Per farla finita con i Napoleoni e le invasioni, tipiche di una umanità ancora cavernicola, bisogna che nasca un vero e proprio genio della pace. Che guardi al di là del passato e cominci a spiegarci il futuro.

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