Qual è il (vero) nome di Cenerentola?

--

Durante il diciottesimo secolo, i primi coloni britannici che approdarono sul continente australiano si dovettero confrontare con un territorio totalmente nuovo. Questo sia per gli usi e i costumi dei nativi, gli aborigeni, sia per la misteriosa flora e fauna che popolava quelle terre lontane, come ad esempio delle strane mandrie di animali saltellanti dalla lunghissima coda: i canguri.

Tra gli animali australiani ce n’era uno in modo particolare che colpiva l’immaginazione dei coloni. Ogni tanto riuscivano a intravederlo in prossimità dei corsi d’acqua, ma essendo molto schivo era difficile osservarlo chiaramente.

Quando lo scorgevano dal davanti, vedendone il becco piatto e i due piedi palmati, esclamavano:

“È un’anatra!”

Poi però, quando si girava e scappava, si accorgevano che non aveva due, bensì quattro zampe, e una fitta pelliccia.

Così ribadivano:

“No, è una talpa!”

E a forza di gridare:

“È un’anatra!… no, è una talpa!… no, è un’anatra!… no, è una talpa!”

… alla fine, forse stufi, convennero che:

“È una talpanatra!”

La situazione ricorda un po’ quella della celebre protagonista di una favola dei fratelli Grimm, la cui matrigna le inveiva continuamente contro strillando:

“La cenere!… la pentola!… la cenere!… la pentola!”

Tanto che alla fine battezzò (impropriamente) la povera ragazza… Cenerentola!

Lo stesso accadde dunque ai coloni australiani, che inizialmente battezzarono lo strano animaletto con il nome paradossale di talpanatra (duckmole in inglese), ottenuto dalla composizione dei nomi di due animali diversi.

Naturalmente, questa designazione, di natura dualistica, era del tutto inesatta, poiché nessun animale poteva essere ogni tanto una talpa e ogni tanto un’anatra: o era una o era l’altra cosa, o allora nessuna delle due!

In altre parole, si trattava di un nome equivoco, dovuto all’impossibilità di identificare con esattezza la vera natura di quell’animale furtivo.

Ma quando finalmente riuscirono a catturarne uno, e poterono osservarlo da vicino, si accorsero che non era né una talpa né un’anatra, ma qualcosa di completamente diverso.

Così, infine, l’animale ottenne un nome tutto suo:

Ornitorinco!

Questa curiosa metafora delle talpanatre fu raccontata alcuni anni fa dal fisico francese Jean-Marc Levy-leblond, in una sua conferenza 1, per illustrare la situazione in cui si trovarono i fisici, all’inizio del secolo passato, quando osservando le entità microscopiche, come ad esempio gli elettroni, ogni tanto le vedevano come particelle (anatre) e ogni tanto come onde (talpe), cosicché, a forza di gridare:

“È una particella!… no, è un’onda!… no, è una particella!… no, è un’onda!”

… alla fine, forse stufi, convennero che:

“È un’ondaparticella!”

Ma ovviamente, come insegna il racconto dei coloni australiani, un elettrone (un protone, un neutrone, ecc.) non è né un’onda né una particella. Questa percezione dualistica, infatti, è solo il frutto di un’osservazione affrettata, “di sfuggita”. Quando ci prendiamo il tempo di osservare le entità microscopiche con più attenzione, scopriamo che sono “un qualcos’altro”, che non è riconducibile né a una particella, né un’onda, così come un ornitorinco non è né un’anatra né una talpa.

Esiste a dire il vero una versione antecedente di questa istruttiva metafora, del fisico e teologo britannico John Polkinghorne (1930), il quale per testimoniare la sua sorpresa nell’apprendere del comportamento paradossale delle “ondaparticelle” quantistiche, utilizzò come immagine un altro aspetto di questo curioso animaletto.

Era come se, asserì Polkinghorne, qualcuno avesse sostenuto che un mammifero potesse deporre le uova, ed ecco che di colpo si scopriva l’esistenza dell’ornitorinco, che per l’appunto era in grado di farlo!

Per chi volesse saperne di più sugli ornitorinchi quantistici:

L’atomo che non c’è
Viaggio alla ricerca dei costituenti ultimi dell’universo. Un viaggio affascinante alla scoperta dei (presunti!) costituenti ultimi dell’universo, e dei misteriosi paradossi della teoria dei quanti. Un testo di alta divulgazione scientifica, decisamente provocatorio, che in venti capitoli ben ritmati (e una nota metodologica) si addentra, con un linguaggio il più possibile leggibile e leggero, nella descrizione della ricerca che ha portato nei secoli a identificare, e successivamente disidentificare, gli elementi alla base della nostra realtà fisica.

Lulu Edizioni: versione e-book

Originally published at www.zenon.it on April 13, 2014.

--

--