Sulla soluzione (negletta) di Aerts del paradosso EPR

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Uno dei gedankenexperimente (esperimenti di pensiero) più affascinanti della fisica fu formulato da Einstein e da due dei suoi collaboratori, Podolsky e Rosen (EPR), negli anni trenta del secolo scorso. Seguì molto inchiostro, ma sostanzialmente la più parte dei fisici ritiene oggi che l’argomento di EPR sia stato superato dai primi esperimenti di Aspect sulle coppie di fotoni entangled, e da altri esperimenti simili che seguirono, che dimostrarono, tramite la violazione delle famose ineguaglianze di Bell, che l’entanglement è una realtà del mondo fisico con la quale dobbiamo fare i conti.

D’altra parte, EPR, nel loro ragionamento, sebbene non in modo consapevole, avevano puntato il dito su qualcosa di più profondo circa la fisica quantistica, che nulla aveva a che fare con la scoperta sperimentale dell’entanglement quantistico. La questione è assai sottile e questo spiega perché ci siano voluti quasi cinquant’anni dall’articolo di EPR (che era del 1935) per arrivare a comprendere tutte le conseguenze del loro ragionamento, che di fatto era un ragionamento ex absurdum.

La comprensione arrivò grazie ai lavori del fisico Belga Diederik Aerts, che nel suo dottorato di ricerca (siamo nei primi anni ottanta) cercò di comprendere, a un livello fondamentale, quale struttura matematica dovesse possedere una teoria in grado di descrivere dei sistemi compositi, formati da più entità, ad esempio un sistema bipartito formato da due entità fisiche. Nel farlo, cominciò ovviamente a studiare le situazioni più…

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