Conflitto ideologico tra ritualità e opportunità

Grande Oriente d’Italia
Massoneria Social
Published in
4 min readDec 26, 2014

di Pietro F. Bayeli

Già pubblicato in HIRAM_3_2014

Spesso, troppo spesso, noi massoni ci veniamo a trovare qui in Italia in un conflitto ideologico, inesistente in altri Paesi, tra riservatezza e apertura
al mondo profano. Anni di esoterismo, di introversione, di segretezza, a difesa di una accanita opposizione clericale e fascista, ci hanno portato a volte a dimenticare le nostre origini illuministe, legate ad una filosofia della ragione, della logica, aperte alla conoscenza dell’uomo, in contrasto ai pregressi oscurantismi, indirizzate alla pubblica ricerca del vero, del bello, del buono, del giusto.

Da un passato obbligatoriamente catacombale stiamo tentando di passare ad una apertura all’esterno, al mondo profano, agli uomini, ai nostri concittadini. Quattro sono le cose a cui aspiriamo: espandere all’esterno
la conoscenza dei nostri meriti, delle nostre qualità di uomini probi, retti
ed onesti ai fini di un giusto apprezzamento sui massoni e sulla Massoneria; costruire buoni cittadini propagando, coinvolgendo nella laicità dei nostri antichi, universali, ecumenici Valori il maggior numero di persone, senza, per questo, escludere o rinnegare gli atti di fede di un credo religioso; combattere ogni giorno l’ardua battaglia di affermazione della libertà
nei diritti e nei doveri di cui ogni uomo deve o dovrebbe responsabilizzarsi;
praticare un selezionato proselitismo, nella intenzionalità di “pochi ma buoni”, nella consapevolezza che “la qualità è migliore e più importante della quantità”.

Se questa è la nostra visione politica di specchiata onestà, di partecipata solidarietà, di apertura alla pubblica osservazione, come si può conciliare la liturgia, la ritualità dei nostri incontri all’interno del Tempio? Sono esse segrete, misteriose, occulte, oppure più semplicemente rappresentano
quei momenti di intimità, di riservatezza, di partecipata fratellanza che
non possono essere sbattute all’esterno. È un nostro piccolo conclave dove la porta del Tempio viene chiusa a chiave (cum clave) dal Fratello Copritore sotto mandato del Primo Sorvegliante e su indicazione del Maestro Venerabile. Il Tempio, la sua struttura architettonica, i suoi addobbi, i paramenti rappresentano solo un inanimato scenario di un luogo che diventa vivo, suggestivo, emozionante, intimo, coinvolgente,
esoterico solo quando è animato dalla presenza dei fratelli, dai loro movimenti composti, dalle loro parole ieratiche, dal loro incedere solenne. È tutto questo che crea una atmosfera, una sensibilità, un incanto che coinvolge ed anima tutti i partecipanti, è tutto questo che deve rimanere
nell’intimo di ognuno e di tutti i partecipanti, che non deve trapelare all’esterno perché rappresenta quella parte dell’essenza della istituzione che deve rimanere riservata al sentimento, al cuore, all’anima
di ciascuno di noi.

Nessun estraneo può vivere questi intimi sentimenti scaturiti, fioriti nel vissuto del Tempio, nessun estraneo può essere introdotto nella magia di una loggia operante.

Eppure il Tempio con i suoi apparati, addobbi, icone, simboli e nella silenziosa atmosfera di una suggestiva penombra, può e deve essere visitato, con la dovuta compostezza e nella serietà di un accompagnamento, visitato da parte di profani, uomini o donne che siano, ma che lo abbiano richiesto con il serio intendimento di una conoscenza
e non con la sciocca stupidità di una superficiale e perversa curiosità.
Anche il mondo ecclesiale mostra i propri santuari, le antiche chiese nella loro bellezza ed imponenza, mai nella loro intimità, nelle loro clausure, ma solo nello sfarzoso paludamento di una pubblica ritualità che anche noi, seppure raramente, abbiamo (apertura ai profani durante la Gran Loggia).

Perché quindi non mostrare anche i nostri Templi, oltre che le nostre “Sale dei passi perduti” dal momento che abbiamo deciso di mostrarci al mondo profano, di esprimere agli uomini i nostri valori che poi non sono altro che i valori universali di tutti: fratellanza, uguaglianza, libertà, rispetto, amore.

Non siamo giustamente propensi a mostrare l’intimità, la riservatezza delle nostre tornate, dei nostri riti che animano il Tempio, né ad esempio la cerimonia di iniziazione di un profano con il suo passaggio nel gabinetto di riflessione: sono questi istanti di intimità, di privacy che vanno vissuti senza distrazioni ma nella intensa consapevolezza di sé, dei fratelli, dell’atmosfera del Tempio, del substrato della istituzione. Sono i momenti in cui si mette a nudo la propria personale identità che è bene rimanga intima, riservata, mentre forte è invece il desiderio di manifestare a tutti la vera identità profonda ma anche ufficiale della nostra istituzione: bontà e
onestà, impegno sociale e culturale.

Ma, non siamo angeli, siamo uomini che, anche se accanitamente alla ricerca della virtù e della verità, sovente incedono nell’errore, nel dubbio, nel malanimo. È qui che si fa più forte il dovere di raddrizzarsi, di aiutare i fratelli che sbagliano a ripercorrere la retta via, è qui lo sforzo più grande anche perché continuo e duraturo di una consapevolezza di sé. Il primo grande merito istituzionale della Massoneria è quello di riconoscere i propri errori, porsi le domande del dubbio, cercare le risposte più razionali, evitare i preconcetti dogmatici.

Se tutto questo è male, non apriamolo al pubblico, ma se esso rappresenta un bene perché egoisticamente e caparbiamente tenercelo solo per noi?
Teniamoci la nostra riservatezza, offriamo i nostri valori, solo allora scomparirà il “Conflitto tra ritualità ed opportunità”.

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