NRF 2020 — Una visione sul futuro del mondo Retail

Giovanni Scarzella
meduse
Published in
8 min readJan 20, 2020

Chiacchierando con uno degli organizzatori nell’ultimo giorno nell’NRF, mi è stata fatta la seguente domanda: ci puoi dire una cosa che è funzionata male ed una che è funzionata bene all’NRF? Le mie risposte: il WIFI (impossibile connettersi da gran parte della fiera) e la distribuzione di acqua (perfetta, era ovunque). A parte gli scherzi l’esperienza è stata entusiasmante da molti punti di vista e soprattutto ci ha permesso di confermare in pieno quelli che sono gli argomenti a forte tasso di innovazione che accompagnano il cambiamento del mercato Retail nel 2020. Un un po’ di numeri: il Big Show è iniziato domenica 12 gennaio a New York City con un record di 40.000 partecipanti, tra cui 16.000 rivenditori, 800 espositori, 200 sessioni e oltre 100 ore di contenuti previsti, secondo NRF. La voce univoca che si è innalzata da parte di tutti i grandi player (ad esempio i CEO di Microsoft, Walmart, Starbucks, Kohl, solo per citare alcuni degli speaker) è che il Retail non è un settore in crisi, sebbene in molti lo stiano ancora pensando, ma una forza motrice che genera il 31% del prodotto interno lordo mondiale, il che significa un terzo del business del mondo. I dati generati ogni ora sono talmente tanti (più di 400 petabyte) da far riflettere seriamente su come sta cambiando l’economia in generale. In questo contesto, il ruolo stesso delle società è cambiato: non si tratta più semplicemente di generare business, ma di creare opportunità di lavoro innovative, occuparsi dell’ambiente e rimettere le persone (e le relazioni umane) al centro.

L’NRF è il luogo dove i giganti del mondo retail, i clienti e i partner tecnologici si incontrano per disegnare il futuro di un mercato dinamico e in continua discussione ed ovviamente le tematiche sono tantissime. Abbiamo individuato alcuni trend che ci sembrano di particolare interesse:

1) Strategia omnichannel: ecommerce vs store fisici, da rivali ad alleati nella vendita

Il dato di crescita di acquisti online stabilisce ormai record di mese in mese. Nonostante questo un’opinione comune traspare tra tutti i grandi retailers: se fino a qualche anno fa sembrava crisi nera per gli store di qualunque tipo, oggi tutti convergono sull’idea che lo store è necessario. È necessario a se stesso e ha bisogno di essere reinventato ma è anche necessario all’ecommerce, esattamente come l’ecommerce ha bisogno dello store fisico. I dati sono chiari: Il 75% degli acquisti potrebbe avvenire online, ma la raccolta degli oggetti nella maggior parte dei casi avviene offline. Più di 800 aziende retailer native digitali hanno deciso che apriranno gli store fisici nei prossimi 5 anni e questo è uno dei segnali più forti di inversione di tendenza. Ad esempio dotarsi di un punto fisico per la ricezione e il ritiro/riconsegna dei materiali acquistati online anche da rivenditori terzi (anziché la spedizione a casa) può essere un vantaggio per quelle aziende in grado di fornire logistica e velocità (Walmart ad esempio è in grado di capire con la propria app quando l’utente sta arrivando per ritirare un pacco acquistato online e questo agevola le operazione di consegna).

2) Nuove esperienze di acquisto, l’importanza dei brand e la virtual reality

I brand hanno bisogno di riappropriarsi della loro anima e questo ha conseguenze dirette sul mercato (vedi la decisione di qualche mese fa di Nike di abbandonare Amazon). Ben Kaufman (fondatore della catena Camp, negozio di giocattoli dove bambini e genitori possono vivere un momento famigliare anziché semplicemente acquistare) ci dimostra come i brand possono veicolare insieme prodotti e servizi per offrire esperienze immersive. Adidas ha trasformato i suoi store in luoghi dove fisico e digitale interagiscono per un’esperienza unica e continua: l’app “Bring it to me” ti geolocalizza in negozio e gli acquirenti possono scansionare i prodotti, controllare lo stock, richiedere dimensioni e acquistare sul posto senza dover fare code o checkout. E se si preferisse restare seduti sul divano di casa è possibile oggi indossare il visore VR e cominciare a fare la spesa, girovagando virtualmente nel supermercato preferito, provando prodotti, trovandoli senza fare fatica, confrontando i prezzi in maniera immediata, visualizzando pubblicità ad hoc, il tutto in un ambiente costruito sulla base dei miei acquisti precedenti. Il 51% dei consumatori apprezzerebbe questa modalità di acquisto e sicuramente sarà un trend in crescita nei prossimi anni, per un modello di acquisto completamente personalizzato ed intelligente. Un buon esempio è quello che accade da Natuzzi a New York dove puoi sperimentare la VR visualizzando “virtualmente” la tua casa nel negozio e navigandola arredata con i prodotti del brand (e ovviamente puoi in tempo reale valutare cambiamenti di dimensioni o colore degli oggetti selezionati).

Il family experience store di Camp New York

3) Powered Store: evoluzione delle abitudini di pagamento e checkout nei negozi

Il costo medio nascosto di un acquisto fatto in negozio tramite cash è di circa il 9,1% del totale (Fonte IHL Group). La cash process automation è un argomento di cui si parla molto e i big della tecnologia fanno a gara per offrire la soluzione in Cloud basata su microservizi più efficace. I pagamenti “brandizzati” tramite gift card o carte di credito personalizzate sono una tendenza in forte aumento che aiuta le aziende a veicolare messaggi e semplificare in molti casi le forme di pagamento o loyalty reward. I dati ci dicono che 3 telefoni su 5 possiedono un mobile wallet ma che la tecnologia non è ancora così utilizzata (solo il 13% dei consumatori in USA lo ha utilizzato almeno una volta). Le app sono invece dei veri e propri portafogli per le aziende (secondo 506 US Consumer, in USA Walmart vanta 58 milioni di clienti registrati su app, Amazon 54, Uber 52, Starbucks 44) e tramite queste app le aziende possono costruire delle esperienze di pagamento uniche e basate sulla fiducia (pagamento tramite punti, carte brandizzate, mobile wallet, cashback o acquisto e ritiro in negozio). Non mancano naturalmente le aziende o startup che offrono soluzioni di self checkout: l’esperienza che si prova entrando in un negozio Amazon Go (ce ne sono alcuni non lontani da NRF) è impressionante per immediatezza e semplicità, ed è proprio questo il valore aggiunto dell’automazione dei negozi: aiutare le persone a trovare ciò che cercano, evitare che facciano code, velocizzare i processi di pagamento, il tutto per far loro guadagnare tempo. Ci sono però dubbi su come la tecnologia utilizzata da Amazon possa essere scalabile a causa dei costi eccessivi. E’ quindi un proliferare di telecamere, strumenti di misurazione e peso, sensori, robot che girano per i negozi e si sostituiscono ai magazzinieri, braccia meccaniche che sistemano i prodotti sugli scaffali, ed ovunque software che gestiscono tutto questo.

Messaggio all’uscita dello store Amazon Go di Bryant Park

4) Dati sempre più importanti: Data Driven Economy e AI

Secondo Forbes, il 75% dei clienti è più incline ad acquistare da qualcuno/qualcosa che li riconosce. I dati in tempo reale possono aiutare le aziende a cambiare velocemente il loro business perché forniscono sia informazioni utili per il marketing, sia informazioni indispensabili per ottimizzare logistica, magazzino ed ordini. Il digital marketing stesso sta cambiando a causa della data driven economy e sta diventando qualcosa di più esperienziale per l’utente, meno invasivo, aumentando il coinvolgimento. L’empowering employees è una tendenza sempre più diffusa nei grandi store: dotare i dipendenti di strumenti in grado di conoscere tramite i dati le persone con cui stanno parlando e di fornire loro risposte puntuali ed efficaci rende tutto il processo di acquisto più soddisfacente per entrambi. Ma la vera rivoluzione la sta trainando l’intelligenza artificiale con la quale si può ad esempio pianificare in tempo reale il riordino dei materiali personalizzato per i negozi in franchising o costruire strumenti di previsione della domanda automatizzati (è il caso di Carrefour Parigi). Tutto questo sta cambiando il modo di comprare, fisico e digitale si stanno sovrapponendo, ci sono diversi touchpoint e l’esperienza veramente omnichannel è l’unica che può accontentare una generazione (tra pochissimo i “gen Z” avranno potere di acquisto) esigente ed abituata all’innovazione. La tecnologia da questo punto di vista deve essere il veicolo della semplicità: i nativi digitali si aspettano fluidità, rapidità ed efficienza, coinvolgimento immersivo e gaming. Non basta più l’esperienza a guidare l’intero business, ma servono i dati degli utenti: oggi grazie alla tecnologia siamo in grado di gestire questi dati (dati di abitudini e sentimenti, di frequenza e potere di acquisto) per restituire ai retailer informazioni preziosissime per conoscere i clienti, ma anche per gestire gli ordini e il magazzino.

Tecnologia nascosta per riportare le relazioni umane al centro del processo di acquisto.

La tecnologia da sola può fare poco, serve pensiero, serve dominio ed in questo sta la forza delle aziende IT in grado di garantire soluzioni efficaci ed immediate a problemi complessi, per gestire in maniera corretta la frenesia di cambiamento.

La maggioranza delle persone ha sensazioni negative sul futuro, la paura e l’incertezza economica sono fattori che fanno tremare maggiormente il mondo del Retail. Nonostante questo c’è un dato confortante e cioè che il numero di persone povere nel mondo è calato drasticamente da 2 miliardi nel 1990 a 0,7 miliardi nel 2015 (fonte Oxford University) e questo non può che far ben sperare.

Ho sentito in questi giorni parlare molto della volontà dei retailers di regalare tempo e spazio alle persone per stimolare la costruzione di relazioni (il CEO di Sturbucks Kevin Johnson ne ha fatto un mantra dei suoi negozi) e sicuramente tutto questo va nella direzione di umanizzare i punti vendita nonostante il forte impatto (in termini di riduzione di persone) che la tecnologia causerà al mondo casse/pagamenti.

La parola più sentite in giro sono “esperienza” e “semplicità”. Questo significa un’attenzione particolare ai clienti non solo come portatori di denaro ma come persone. Ed è quello che facciamo in GFT e con la nostra CX Agency Meduse: ascoltiamo, impariamo e applichiamo le nostre competenze per dare ai clienti risposte semplici a domande complesse. La nostra missione in questo mercato è rendere le persone sempre più indipendenti da una tecnologia digitale che ci accompagna in ogni cosa ma deve essere invisibile.

Giovanni Scarzella — Industry Area Director GFT Italia

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