“Facebook, dobbiamo parlare (di reach organico)”

Perché non è solo l’algoritmo di Facebook a influire sulla visibilità dei contenuti su Facebook

Luca Della Dora
5 min readApr 2, 2014

Il reach organico di Facebook è crollato, e lamentarsene è un po’ la moda degli ultimi mesi (anni?). Ma perché?

Perché per molto tempo è stato possibile raggiungere le proprie community senza servirsi di social ads. Fino a poco tempo fa la percentuale degli utenti raggiunti da un contenuto condiviso da una pagina si aggirava attorno al 16%, oggi — secondo uno studio di Ogilvy — questa percentuale tende al 5% (per pagine con più di 500.000 Like non supera il 2%).

TIMES ARE CHANGING

Ok. Quindi? Quindi questo è dovuto in primis alle abitudini delle persone, che in questi anni sono cambiate, come è cambiato lo scenario competitivo all’interno del quale si muovono i brand su Facebook. Le persone seguono molte più pagine di quante ne seguivano qualche anno fa, e sono — di conseguenza — potenzialmente raggiungibili da un numero molto più alto di contenuti e in formati diversi. È piuttosto ovvio che questo abbia un impatto enorme sul reach organico di quello che le persone vedono.

Se alcuni brand investono in social ads, e altri non lo fanno, va da sé che i contenuti dei primi saranno più visibili, e lo saranno anche quelli non promossi delle stesse pagine, perché più affini — secondo l’algoritmo di Facebook, a causa delle interazioni generate dai contenuti promossi — all’audience che raggiungono.

È quindi più corretto dire che Facebook ha modificato il proprio algoritmo per fornire contenuti potenzialmente più rilevanti alle persone, piuttosto che abbia modificato l’algoritmo per uccidere il reach organico. Che poi la rilevanza sia dettata — in gran parte — dalla promozione di altri contenuti, è verissimo, ma non è una novità che un’azienda — tanto più se quotata in borsa — cerchi il modo di monetizzare.

Uno studio di EdgeRank Checker sottolinea che le Facebook Page che trattano di musica o sport — ad esempio — hanno sofferto molto meno, a conferma che i contenuti che interessano alle persone e sanno coinvolgerle continuano a raggiungere % delle community non molto inferiori a quelle del passato.

FAKE FAKE FAKE

L’altra critica che viene spesso mossa a Zuckerberg è che Facebook sia popolato — in gran parte — da utenti fake. Ma su Google non ci sono? Beh, secondo il Wall Street Journal il 36% del traffico web è generato da bot, bot che generano visite e clic su banner e website di tutto il mondo.

Facebook permette un targeting dell’audience che consente di evitare accuratamente — ad esempio — di far sì che il proprio messaggio raggiunga utenti indiani, filippini o indonesiani (alcune delle nazioni da cui provengono la gran parte degli utenti fake di cui sopra), quindi, sì, il problema esiste, ma è molto meno evidente che in altri ecosistemi.

David Plunkert | http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702304026304579453253860786362

Queste considerazioni sono figlie di un caso piuttosto singolare, verificatosi qualche giorno fa, quando Eat24una catena di food delivery con più di 25.000 ristoranti in +1000 città in tutti gli USA — ha scritto una “lettera aperta” a Facebook lamentandosi di com’è cambiato in questi anni e di come il rapporto tra l’azienda e Facebook stesso si sia incrinato, proprio come quello tra due innamorati.

Queste le prime righe (potete leggere il post integrale qui):

Hey. It’s Eat24. Look, we need to talk. This isn’t easy to say since we’ve been together so long, but we need to break up. We’d love to say “It’s not you, it’s us” but it’s totally you. Not to be rude, but you aren’t the smart, funny social network we fell in love with several years back. You’ve changed. A lot.

When we first met, you made us feel special. We’d tell you a super funny joke about Sriracha and you’d tell all our friends and then everyone would laugh together. But now? Now you want us to give you money if we want to talk to our friends. Now when we show you a photo of a taco wrapped with bacon, you’re all like “PROMOTE THIS POST! GET MORE FRIENDS!” instead of just liking us for who we are. That’s hella messed up.

La cosa interessante è Facebook ha risposto direttamente, per voce di Brandon McCormick, commentando il post:

Hey Eat24, this is Brandon over at Facebook. I was bummed to read your letter. The world is so much more complicated than when we first met — it has changed. And we used to love your jokes about tacquitos and 420 but now they don’t seem so funny. There is some serious stuff happening in the world and one of my best friends just had a baby and another one just took the best photo of his homemade cupcakes and what we have come to realize is people care about those things more than sushi porn (but if we are in the mood for it, we know where to find it Eat24!). So we are sorry that we have to part this way because we think we could still be friends — really we do. But we totally respect you if you need some space.

Facebook — inizialmente — poteva essere considerato un earned media a tutti gli effetti, ma oggi non è più così per una serie di ragioni, ed è importante che le aziende se ne rendano conto, pianificando in modo efficiente i propri budget adv anche su questo canale, e — allo stesso tempo creando contenuti che sappiano essere rilevanti per le persone che desiderano raggiungere, abbandonando la tendenza a sparare nel mucchio e rispondendo a due semplici domande:

#1 Per quale motivo la marca ha senso di stare sui social media?

#2 Qual è il valore in grado di fornire alle persone che la seguono?

Se non sapranno rispondere a queste due domande, probabilmente non si tratta di reach organico, di Facebook o di piattaforma, ma di approccio.

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Luca Della Dora

Marketing & Innovation Director @wearesocialit / Not understanding the meaning of caffeine-free coffee and alcohol-free beer / @Luca2D