Indicatori di allerta e Covid 19

Brunello Menicucci
Performance Review
Published in
4 min readMar 21, 2020
Photo by Martin Sanchez on Unsplash

Quanto durerà lo stato di emergenza che viviamo in questi giorni? E quali conseguenze avrà sullo stato di salute delle nostre aziende, in particolare micro e PMI?

Per quanto riguarda la prima questione, a mio avviso, le previsioni sono come il meteo: difficile dire che tempo farà di qui a un mese, più semplice (o attendibile) dire come sarà domani; l’unica cosa da fare è affidarsi a quello che dicono le autorità, in base ai modelli matematici, e rispettare le regole per abbreviare il più possibile il ritorno alla normalità. Ritengo che questo sia il massimo del contributo che ciascuno di noi può offrire.

Per quanto riguarda lo stato di salute delle aziende invece, la palla è, per così dire, in mano nostra. Siamo noi che, aldilà degli aiuti più o meno consistenti offerti dal governo, dobbiamo agire per evitare — ove possibile — che l’attività vada in crisi.

Quand’è che un’azienda si può dire in crisi? Se avete partecipato a un qualsiasi corso di formazione d’impresa, negli ultimi 20 anni, avrete sentito dire che l’ideogramma cinese che rappresenta la parola “crisi” ha il doppio significato di cambiamento e di opportunità. Molto romantico, ma poco pratico. E infatti nel mondo Occidentale, soprattutto negli ultimi anni, la parola crisi utilizzata in relazione a un’azienda ha un solo significato: l’impresa non è più in grado di far fronte ai propri impegni.

Questa situazione può avere origine da numerose cause, sia di natura interna che esterna, a volte anche in combinata tra loro. Perciò, per cogliere i segnali di crisi, e prevenirne gli effetti, diventa indispensabile — per prima cosa — mettere a punto un sistema di controllo direzionale che permetta, in ogni momento, di valutare i parametri vitali (esterni o interni che siano) dell’azienda.

La sopravvivenza delle imprese, oggi, è strettamente legata alla capacità di “apprendere continuamente”, per conoscere al meglio la propria clientela, ma anche la concorrenza, e di verificare costantemente la propria abilità nel rispondere o, meglio ancora, nel superare le aspettative dei Clienti.

Dunque, come dicevamo, la struttura aziendale deve essere in grado di percepire e distinguere i sintomi di una eventuale crisi, prima di tutto identificandone la tipologia: è una crisi determinate da inefficienza o da sovrapproduzione? Chiaramente, i sintomi sono diversi a seconda del tipo di problema che stiamo esaminando. La crisi da inefficienza si presenta quando un’azienda presenta una marginalità inferiore a quella della concorrenza; tipicamente ha un impatto immediato su indicatori di tipo economico, che in un secondo momento possono avere riflessi anche di natura finanziaria.

Viceversa in una crisi da sovrapproduzione vedremo un rapido peggioramento della rotazione di magazzino, un aumento significativo delle scorte di magazzino e/o un allungamento significativo del ciclo del circolante. Situazione che può peggiorare quando i prodotti trattati siano soggetti a obsolescenza come, ad esempio, nel mercato dell’elettronica o nell’alimentare. C’è poi la possibilità che questa seconda tipologia di crisi sia più grave, nel caso in cui la produzione dell’azienda abbia perso di appeal rispetto al mercato (ad esempio in favore di prodotti analoghi provenienti dall’estremo oriente).

Studiosi e ricercatori si sono posti il problema di verificare se attraverso i dati di bilancio vi fosse la possibilità di anticipare l’insorgenza di una crisi. Numerose ricerche, iniziate già alla fine degli anni 70, hanno dimostrato che le situazioni di insolvenza sono diagnosticabili con un certo anticipo, utilizzando gli strumenti opportuni. In sintesi ci sono alcuni indicatori che sono strettamente correlati a situazioni di insolvenza:

  • il primo indicatore è certamente il rapporto tra patrimonio netto tangibile e attivo netto. Un rapporto inferiore al 5% evidenzia una situazione critica, e comunque minore il rapporto, maggiore la probabilità di default.
  • anche il tasso di indebitamento risponde a una logica simile: un rapporto tra indebitamento netto e totale attivo superiore all’85% segnala una elevata probabilità di crisi finanziaria.
  • come dicono gli americani, cash is king perciò un terzo indicatore, molto utile da monitorare, è il rapporto tra cash flow e indebitamento totale. Valori prossimi allo zero o negativi sono indice di una crisi in atto.
  • le banche, a loro volta, tengono sotto controllo il rapporto tra oneri finanziari e fatturato; insieme alla capacità di pagare tali oneri, questo rapporto, se supera determinati valori, rappresenta un evidente peggioramento della capacità finanziaria dell’azienda.
  • da non trascurare il tasso di sviluppo del fatturato che, ove segnalasse una crescita troppo rapida (ad esempio in aziende giovani e start up) o, al contrario, perdite consistenti, è un indicatore di emergenza; un po’ come il livello dell’olio o la temperatura dell’acqua nella nostra auto.

Anche se non corrispondono tutti agli indici di allerta previsti dal “Codice della Crisi e dell’insolvenza d’impresa”, questi indicatori sono estremamente utile per valutare la salute dell’azienda. Naturalmente l’assunzione è che i dati di bilancio siano aggiornati (il mio suggerimento è che entro il 20 del mese siano disponibili i dati riferiti al mese precedente).

Facendo un passo indietro, ho affermato che per prima cosa bisogna mettere a punto un sistema di controllo per monitorare la situazione. Per usare una metafora, questa fase può essere vista come l’anamnesi che viene fatta quando ci rivolgiamo al medico: in pratica uno studio dei sintomi.

La fase successiva è quella di impostare un sistema di miglioramento continuo, di cui vi parlerò nel prossimo post.

Per saperne di più clicca qui.

--

--

Brunello Menicucci
Performance Review

Come consulente di management aiuto le Persone a modificare i Processi per aumentare le Performance, implementando Sistemi di miglioramento continuo.