Napoleone e Betsy

Una storia di Reverse Mentoring

Fabio Salvadori
MentorLab
Published in
4 min readJan 21

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Fotografia della stampa intitolata “Napoléon a l’ile Ste Hélène”, con i membri della famiglia Balcombe, 1815 circa, da copie di ritratti di membri della famiglia Balcombe, State Library of New South Wales PXB1455

Quella di oggi è una stupenda storia di Reverse Mentoring che ha per protagonisti un imperatore e una ragazzina. E per scenario un’isola lontana.

Napoleone venne esiliato una prima volta nel 1814 nell’isola d’Elba. Riuscì però a fuggire da quel primo esilio, tornando a guidare il suo impero contro il resto d’Europa.

Dopo la sua definitiva sconfitta nella famosa battaglia di Waterloo, il 18 giugno 1815, gli inglesi decisero che la punizione più adatta per la sua presunzione, non fosse la morte ma qualcosa di ben peggiore.

L’esilio in un luogo talmente lontano da rendere la sua esistenza irrilevante.

Il luogo prescelto fu una piccola isola persa nel mezzo dell’oceano Atlantico, Sant’Elena. E così Napoleone, un uomo salito in giovane età sul tetto di Europa, si trovò a solo 46 anni a salutare quel mondo di cui si sentiva imperatore con la prospettiva di passare il resto della sua vita lontano da tutto e da tutti.

L’impatto deve essere stato terribile per Napoleone. Già durante la sua prima abdicazione, e conseguente esilio, aveva tentato il suicidio. Possiamo solo immaginare, quale dovesse essere il suo stato d’animo arrivando in quella isola sperduta.

Eppure Napoleone non si suicidò. E questo grazie all’intervento di un ragazzina di 14 anni di nome Betsy Balcombe.

Betsy era la figlia del sovrintendente della Compagnia delle Indie sull’isola. Al suo arrivo, in attesa che fosse pronta la sua dimora, Napoleone venne ospitato proprio dalla famiglia di Betsy.

Poiché lei era l’unica in famiglia a parlare un po’ di francese, Napoleone si rivolse a lei per fare un po’ di conversazione durante la sua prima cena sull’isola. Immagina la trepidazione della giovane Betsy. Davanti a lei quello che qualunque famiglia inglese descriva ai bambini come l’uomo nero.

Questo è il resoconto (la traduzione è mia) di quella prima conversazione.

Napoleone: “Qual è la capitale di Francia?”

Betsy: “Parigi”

Napoleone: “E della Russia?”

Betsy: “Pietroburgo ora. Mosca in precedenza. “

Napoleone, con una certa deliberata ferocia nella voce chiede quindi: “E chi l’ha bruciata?”

Betsy sussulta.

Betsy: “Io … non lo so.”

Napoleone accenna una mezza risatina.

Napoleone: “Sai benissimo che sono stato io a bruciarla!”

C’è una pausa. Un momento di silenzio. Sembrava la fine della conversazione, un nuova vittoria dell’imperatore Napoleone.

Ma non c’è avversario più formidabile dell’impeto di una giovane ragazza.

Betsy: “Credo che i russi la abbiano bruciata per sbarazzarsi di te.”

Un nuovo silenzio. Questa volta ancora più pesante e imbarazzante.

Ma quello che succede a quel punto sorprende tutti.

Napoleone scoppia in una fragorosa risata.

E così, nell’isola di Sant’Elena iniziò l’amicizia fra un imperatore esiliato e una giovane ragazzina inglese.

Nei mesi che seguirono, le loro conversazioni proseguirono. A quelle si aggiunsero gli scherzi e le risate. La relazione con Betsy stava facendo riemergere in Napoleone il bambino interiore che la vita precedente gli aveva fatto scordare.

Questa nuova energia diede a Napoleone lo slancio per iniziare a scrivere la storia della sua vita. O meglio, a scrivere era il suo segretario a cui Napoleone dettava le sue memoria. Durante le loro sessioni, nessuno tranne Betsy poteva disturbarli.

La cosa incredibile è il contributo di Betsy alla scrittura della biografia di Napoleone. Betsy infatti, forte della sua innocenza irriverente di adolescente, non si tratteneva dal fare a Napoleone le domande più scomode sugli argomenti più controversi della sua vita. Napoleone rispondeva alle domande di Betsy apertamente per poi lavorarle con il suo segretario prima di inserirle nel libro.

Il libro venne pubblicato dopo la morte di Napoleone e divenne il più grande bestseller del diciannovesimo secolo. Alla fine, nonostante la sconfitta sul campo, Napoleone riuscì ad avere l’ultima parola sui suoi nemici che tanto avevano fatto per farlo dimenticare.

La storia di Napoleone e Betsy è un ottimo esempio di Reverse Mentoring. Sulla carta una relazione di mentoring di questo tipo, in cui la mentore è trent’anni più giovane del mentee, sembra impossibile. Eppure è propria questa differenza la chiave di questa relazione. L’innocenza di Betsy, ancora non limitata dalle convenzioni sociali degli adulti, le permetteva di ignorare lo status di Napoleone e la sua storia. Lo vedeva come uomo. E questo a sua volta, ha liberato Napoleone stesso dalle sue convinzioni, permettendogli di aprirsi sentendosi visto come pari.

Il Reverse Mentoring è un’opportunità unica, per molte organizzazioni e comunità, che possono valorizzare le persone più giovani come sorgenti di ispirazioni ed energia. Sorgenti in grado di dare nuova linfa a sistemi spesso bloccati da convinzioni costruite negli anni e di rompere le catene del “si è sempre fatto così”.

Ho preso questa storia dal fantastico articolo di Peter Gregoire dal titolo The Most Famous Reverse Mentoring Story in History. L’articolo originale di Gregoire contiene più dettagli e, per chi è a proprio agio con l’inglese, è una lettura davvero coinvolgente.

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Fabio Salvadori
MentorLab

Seeker. Author. Mentor. Coach. Facilitator. | fabiosalvadori.com | Committed to a world where no one feels left behind.