Fiducia, questa sconosciuta

Per la rubrica “Tempi Surreali”

Michele Mennielli
Congested Area
2 min readMay 22, 2017

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Da quasi 400 anni la fiducia è alla base della nostra società.

Era il 1648 e mentre “professoroni” come Rousseau, Locke e Hobbes discutevano di stato di natura, contratti sociali e bene comune, a Westfalia nasceva il concetto di “stato nazione”. La società altro non è che un atto di fiducia dei governati nei confronti dei governanti.

Da lì è stato un susseguirsi di rivoluzioni, decapitazioni, colpi di mano, colpi di stato, ancora rivoluzioni e decapitazioni. Ma il principio della fiducia ha retto. Anzi, è proprio per questioni di fiducia che ci sono state rivoluzioni, decapitazioni, colpi di mano, colpi di stato, ancora rivoluzioni e decapitazioni.

Ma da qualche anno ormai la fiducia sta lasciando spazio alla fedeltà.

Quando sentiamo la parola “fiducia”, la prima cosa che pensiamo in Italia è “ricatto per far approvare leggi discutibili, se non deprecabili”.

Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini non cercano la fiducia degli elettori, ma la fedeltà degli adepti.

Quanto accaduto in America nell’ultima settimana ci conferma ancora una volta che tutto il mondo è paese: Trump durante una cena chiede al capo dell’FBI di garantirgli la sua “loyalty”. Comey risponde promettendo “solo” la sua onestà. No fedeltà, no party. Comey, out!

Nel passaggio dalla fiducia alla fedeltà il bene comune lascia il posto al bene del capo e la fede prende il posto della ragione.

La fede è cieca, religiosa, sportiva. Oggi purtroppo è anche politica. La fede non si discute, si abbraccia. Il capo non si discute, si segue.

La fiducia al contrario si concede solo dopo ragionamenti, analisi e valutazioni.

La fiducia è nel prossimo, è in se stessi, è umana. Oggi purtroppo sempre meno politica.

Per questo ringraziamo Gazebo, perchè ci ha ricordato l’importanza della fiducia come strumento politico e sociale. Perchè ci ha insegnato a restare umani nonostante tutto. Perchè ci ha fatto capire che il mondo è pieno di Arturi.

Arturi con storie, lingue e voci diverse che ragionano, analizzano e valutano prima di giudicare. Arturi che non hanno paura di parlare e soprattutto di ascoltare. Arturi che si indignano per la superficialità e gli egoismi. Arturi innamorati del bene comune, per il quale sono disposti a limitare le proprie libertà. Arturi che concedono la propria fiducia, mai la loro incondizionata fedeltà.

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Michele Mennielli
Congested Area

I listen. I read. I travel. I see. I doubt. I ask. I think. I think again. Sometimes I write.