Roberto Carlos cuor gentile nel badantato a Pisa

Francesca
MigrantEntrepreneurs Europe
5 min readJun 30, 2017

Roberto è manager dell’azienda pisana Noi Con Voi — precedentemente cooperativa Ama Ridi Vivi — che offre assistenza ad ore a persone anziane, disabili e non autosufficienti. Fattura circa 300 000 euro all’anno, ha un team di sei persone e ha vinto riconoscimenti per l’impatto sociale dei servizi offerti dall’azienda. Roberto dice che il suo, “non è un lavoro, ma una missione perché prende non soltanto tempo, ma tutto il corpo.”

In molti casi riceve chiamate urgenti da persone che richiedono assistenza per cui lui deve trovare una soluzione. “Ci sono giorni che non mi fermo mai dalle 7 alle 23” racconta e aggiunge che, tuttavia, la fatica maggiore è il carico psicologico. Con le emozioni che gli si mescolano fra gli occhi e le mani spiega:

“Quando torni a casa hai lasciato delle persone bene, altre meno bene e qualcuno con la consapevolezza che non ci sarà più. Per cui non si riesce a distaccarsene del tutto. Tante volte parlo del mio lavoro e chi mi ascolta dice ‘mamma mia quanto amplifichi!’ Ma io non amplifico, io la vivo così. Però mi piace perché non c’è cosa più bella che l’amore. E la cosa più bella per dimostrare amore è aiutare gli altri.”

Il badantato è stato il primo settore in cui Roberto ha lavorato in Italia, ma non fu né per scelta né amore a prima vista. Innanzitutto, non era il motivo per cui Roberto aveva lasciato il suo paese. Era partito perché, per dirlo con le sue parole, “il Perù mi stava stretto.” L’economia peruviana era forte declino e molte famiglie si dividevano perché uno o più dei membri erano costretti ad emigrare per cercare lavoro. A soli dieci anni vide sua madre partire per lavorare all’estero e suo padre che rimaneva a gestire con difficoltà i figli. Si creò per Roberto una situazione di stallo che lo spinse a partire per cercare nuovi stimoli.

Racconta: “Sono arrivato in Italia a quasi 19 anni. Per caso, perché la mia intenzione iniziale era di andare in Spagna. Poi però le cose non sono andate come immaginavo e siccome avevo dei famigliari qui in Italia, mio padre mi aveva consigliato di provare a stare un po’ con loro.” Alla peggio sarebbe tornato in Perù.

Grazie ai suoi parenti, Roberto trovò subito un impiego come assistente notturno ad un signore anziano ricoverato in ospedale. Stette con lui e la moglie anche dopo la dimissione dall’ospedale perché la coppia gli si era affezionata. “Con loro ho imparato tante cose. Ho avuto i miei primi approcci alla cultura italiana, ho imparato ad interagire e a parlare la lingua.”

Roberto si sentiva il ‘nipote adottato’ ma era pur sempre un ragazzo ventenne. “Non è stato semplice, mi mancavano i miei spazi avevo bisogno di tempo libero, volevo avere amici, magari uscire a mangiarmi una pizza. Queste cose erano un po’ impossibili da gestire perché io dovevo stare sempre con loro.”

Per qualche anno dunque Roberto cambiò ambito. Si iscrisse ad un corso di cucina e nello stesso tempo iniziò a lavorare in un ristorante come aiuto chef. Ricordando quel periodo Roberto commenta, “In cucina sono tutti pazzi. Si lavora tantissimo e bisogna sempre essere reattivi, quindi ci si esaurisce presto.” Deluso nel suo desiderio di avere più tempo, Roberto iniziò a pensare che quella della cucina non fosse la carriera per lui.

“Mi mancava quel mio mondo di essere con le persone, di essere di aiuto. Perché io ho bisogno di sentirmi utile a livello mentale ed affettivo e come badante lo ero: diventavo un punto di riferimento per persone che si fidavano di me. Le persone con cui lavoro si sentono tutelati, protetti e mi vogliono bene.” Roberto racconta che è una cosa in cui trova sostegno perché , “Sono sempre stato molto riflessivo e profondo su certe questioni. Ho dovuto imparare a gestire tante cose: il bisogno, la sofferenza, il farsi forza, l’essere forte. È tutto un lottare per qualunque cosa ed essere un punto di riferimento per qualcuno dà più senso ai miei sforzi.”

Dopo la parentesi culinaria, Roberto ricominciò a studiare. Divenne operatore socio sanitario certificato e trovò lavoro in una cooperativa. Nel frattempo accarezzava l’idea di iniziare una propria associazione di badantato perché gli piaceva la creatività, l’autonomia e il rischio che l’avventura imprenditoriale implicava.

Il passo decisivo avvenne grazie a Luca, un suo grande amico ingegnere informatico che aveva le competenze per lo sviluppo della parte digitale, capitale da investire e, soprattutto, aveva molta fiducia in Roberto.

Roberto e Luca. Noi Con Voi è stato vincitore del Moneygram Award 2017

“Non è stato subito facile” precisa Roberto. “All’inizio non ci chiamava nessuno, fino a che non ci siamo affidati a dei professionisti che hanno curato il marketing.” Con il tempo i lavori sono aumentati, fino a doverli rifiutare. La pubblicità, secondo Roberto, è l’elemento necessario per far decollare qualsiasi tipo di business.

Migranti e migranti

Per quanto riguarda la sua opinione sull’immigrazione, Roberto fa riferimento soprattutto alla sua esperienza lavorativa.

“Noi operatori abbiamo un po’ di difficoltà con i badanti stranieri perché sono un po’ ingestibili. Non per cattiveria, ma per delle problematiche a livello culturale. Bisogna stare molto attenti a come si parla e ci si comporta perché sono persone che facilmente si sentono ferite nel loro orgoglio, dato che spesso il tipo di lavoro che fanno non è all’altezza delle loro ambizioni.”

“Non so perché, ma molti immigrati non si sentono alla pari degli altri. Io non l’ho mai vissuta così. Io sono stato straniero, ho fatto il badante, ma non ho mai avuto questo senso di inferiorità e forse è questo che mi ha permesso di inserirmi molto meglio. Io mi sento italiano a tutti gli effetti.”

Secondo Roberto, “in Italia noi siamo indietro perché abbiamo ancora molti pregiudizi. C’è una percentuale abbastanza marcata di razzismo; inoltre siamo una popolazione molto longeva…e purtroppo le idee delle persone vecchie non si possono cambiare.”

A Noi Con Voi, il personale dipendente è tutto di origine italiana. “Non è semplice inserire all’ interno delle famiglie degli stranieri, soprattutto se lavori ad ore. L’h24 è già diverso: I clienti già sanno che saranno stranieri perché solo loro riescono a sacrificarsi in questo modo.”

Le affermazioni di Roberto rimandano ad una contrapposizione quasi imprescindibile fra cittadini nativi ed immigrati. Gli uni appartengono ad una cultura che include anche elementi razzisti, gli altri svolgono lavori più umili e si sentono inferiori per le loro limitate prospettive di carriera. Come per le idee delle persone anziane, Roberto crede che per ora non ci sia molto da fare: “L’intolleranza è un problema in Italia, ma noi la si supererà fra una ventina o una trentina d’anni.” Tuttavia migrare rimane per Roberto un’azione positiva: “Io sono ricco. Appartengo a due culture da cui ho scelto e scisso elementi che ho saputo mettere insieme e far ingranare.”

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