Blockchain e supercazzole

Emanuele Cisbani
Mitologie a confronto
3 min readFeb 14, 2019

Quando la sicurezza è termodinamica

La Blockchain secondo alcune persone serie, esperte di tecnologia, è una supercazzola. Hanno perfettamente ragione nel 99,95% dei casi. Perché tra 2.000 imitazioni c’è almeno un’eccezione, l’originale: Bitcoin. Si tratta di una supercazzola da 56 miliardi di euro, che cresce di 2 miliardi all’anno. Per avere un’idea di questi numeri, si pensi ad esempio che la più grande azienda italiana, ENI, è capitalizzata in borsa 53,7 miliardi.

Proprio come il protocollo TCP/IP che ha dato il via a internet e alla trasformazione digitale di tanti servizi e contenuti (la posta, le notizie, le enciclopedie, la musica, i film), Bitcoin è una blockchain nata per il decentramento e la digitalizzazione di quel tipo di informazione particolare che è la transazione economica. Per questo motivo viene guardata con una certa diffidenza sia da chi ama fare profitti (accentramento economico) sia da chi ama mettere ordine (accentramento legislativo).

Si tratta sempre dello stesso errore di miopia, come avvenne per chi, con lo scopo di centralizzare e controllare le informazioni e i loro flussi, tentò di ostacolare internet, cercando di creare le intranet e le extranet private (MSN, Compuserve) e altri protocolli (ISO/OSI, Token Ring, IPX, AppleTalk). Le nuove opportunità di business e le nuove regole arrivano comunque, e sono straordinarie per chi le sa cogliere, disastrose per chi non le comprende. Sono un cambio di paradigma.

Ma ora quello che ci interessa è un uso secondario, seppure non privo di valore, della blockchain. Perché il 7 febbraio 2019 il Parlamento italiano ha votato una legge secondo cui memorizzare un dato su una blockchain sarà un modo valido per provarne l’esistenza a quella data. In pratica in Italia tra poco sarà un’operazione equivalente alla registrazione presso un notaio o presso l’Agenzia delle Entrate di un documento cartaceo, oppure l’apposizione di una marca temporale qualificata o l’invio tramite PEC di un documento elettronico.

Questa legge ovviamente ha senso se e solo se il registro distribuito (la blockchain) è sicuro, e non può essere manomesso. Oggi di fatto abbiamo in circolazione una sola blockchain che da 10 anni può oggettivamente dare garanzie di sicurezza e affidabilità insuperabili: quella di Bitcoin. Questo perché la sicurezza su cui si basa è termodinamica, cioè fondata sul fatto che i miners spendano circa 49.5 TWh all’anno (2 miliardi di euro) per produrre i nuovi blocchi (le pagine del suo registro).

L’Italia (pochi lo sanno) è stato il paese più all’avanguardia in Europa e nel mondo, negli ultimi 20 anni, per quello che concerne l’introduzione della firma elettronica qualificata, come strumento di autenticazione a valore legale. Siamo stati un apripista per quel passaggio chiave che nel 2016, con il regolamento eIDAS, ha reso il mercato europeo il più innovativo al mondo dal punto di vista della digitalizzazione dei processi di business.

Se vogliamo continuare a raccogliere e rilanciare questa sfida dobbiamo fare però attenzione. La sicurezza termodinamica di Bitcoin è una soluzione imprescindibile in quanto geniale, progettata appositamente per costruire il consenso in una rete aperta e distribuita come è Internet. Le molte altre blockchain, che in genere non si basano su quei principi con il dovuto rigore, sono per lo più semplici contraffazioni.

Non ci si può aspettare che tutte le istituzioni sposino immediatamente Bitcoin. Ma validarne l’utilizzo per avere la data certa sui documenti è una grande opportunità per cavalcare una delle maggiori innovazioni di questi anni. E confermare il ruolo internazionale di prestigio che ci siamo fin qui meritati.

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Emanuele Cisbani
Mitologie a confronto

Tecnico: per la libertà dai vincoli della natura. Anarchico: per la libertà dal potere dei tiranni. Cattolico: per l'universale libertà dei figli di Dio.