Doppio Gioco: le mani sull’Italia

Marco Zoppas
Mitologie a confronto
36 min readJul 14, 2022

Intervista a Maurizio Stefanini

Insieme a Maurizio Stefanini ho avuto il grande piacere di scrivere Da Omero al rock, un libro sui rapporti fra musica leggera e letteratura. Riterrò pertanto appropriato, in alcuni frangenti dell’intervista, partire da spunti provenienti dalle canzoni per addentrarci in un argomento spinoso che Stefanini sta affrontando da alcuni anni nei suoi articoli per varie testate giornalistiche: le ingerenze della propaganda russa nei media e in diversi settori strategici italiani.

Ma prima vanno fatte delle premesse. Due figure cardine del doppio gioco sono l’infiltrato e il disertore. Entrambi permettono all’Agenzia che li manovra di capire che cosa sappia e pensi il nemico, quali siano le sue forze e debolezze, i suoi piani, gli scopi delle sue operazioni, i metodi di formazione, tattiche e strategie, i rapporti interni fra intelligence e regime. Le due figure dell’infiltrato e del disertore possono essere utilizzate per disinformare e manipolare a proprio piacimento la parte opposta, per snidare talpe e traditori e conoscere l’identità degli agenti stranieri, per sventare macchinazioni. Il KGB ha sempre dimostrato di saper aspettare e puntato sulla figura dell’infiltrato. Ci vollero, per esempio, ben dieci anni prima che Kim Philby, celeberrima spia inglese al soldo dei sovietici, occupasse la posizione per la quale era stato designato. Philby apparteneva al famoso circolo delle spie di Cambridge, un nucleo di intellettuali inglesi che penetrò le stanze di potere più recondite della Gran Bretagna sia prima che durante la Guerra Fredda. Viceversa i Servizi occidentali, notoriamente sotto pressione per motivi di budget o ingerenze politiche, hanno fretta di risultati e a partire dalla Seconda Guerra Mondiale hanno quasi sempre optato per la diserzione. Un’imbarazzante duplice penetrazione del KGB ai danni dell’America si verificò negli anni ottanta, quando Aldrich Ames, responsabile del controspionaggio antisovietico della CIA, e Robert Philip Hanssen, addetto al controspionaggio antisovietico dell’FBI, furono entrambi smascherati in quanto agenti segreti del KGB. Mosca ha sempre eccelso nell’arte di infiltrare i suoi uomini ai più alti livelli di intelligence atlantica.

Maurizio, ho voluto iniziare con i casi notori di Philby, Ames e Hanssen per chiederti se qualcosa di simile sia mai avvenuto in Italia. Ultimamente ti sei occupato dell’arresto di Walter Biot, un capitano di Fregata che per 5000 euro avrebbe venduto documenti segreti Nato a un ufficiale russo di servizio presso l’ambasciata a Roma e coperto da immunità diplomatica. Sembra quasi un esempio classico di spionaggio stile Guerra Fredda, o no?

I motivi per una scelta di questo tipo sono in genere due o forse tre. Possono essere dettati da necessità economiche oppure ci si ritrova a subire un ricatto. Il terzo caso è quello della scelta ideologica. La vicenda di Biot, che ha in effetti molti punti in comune con uno scenario da Guerra Fredda, sembra appartenere alla prima casistica. Prendi Igor Gouzenko che nel 1945 disertò a favore degli occidentali facendo trapelare tutta la catena delle spie sovietiche. Lì c’entrava un discorso ideologico. “Ho scelto la libertà”, disse Gouzenko. Gli occidentali non se l’aspettavano perché in quel momento l’Unione Sovietica era un’alleata. Gouzenko si era stabilito in Canada con famiglia, ma da Mosca gli avevano ordinato di ritornare nella madrepatria. Siccome a lui non andava si presentò al governo e alla polizia canadese mettendo a disposizione i documenti in suo possesso e chiedendo asilo. In maniera simile Biot voleva avere dei vantaggi. Evidentemente gli andava benissimo di vivere in Italia, solo che voleva avere maggiori risorse economiche. Le componenti sono tre: la convenienza economica, il ricatto, la motivazione ideologica.

Si può forse pensare a un’agenzia di controspionaggio come a un’agenzia di collocamento altamente specializzata. Solo che contrariamente a quanto accade nel settore privato, nel controspionaggio l’azienda che assume non chiede alla nuova recluta di lasciare il vecchio lavoro. I due posti di lavoro devono essere mantenuti simultaneamente. Il programma della nuova azienda prevede, paradossalmente, che il neoassunto continui a collezionare successi e promozioni nella vecchia azienda. Quando sorgono difficoltà, essa lo guida e lo assiste confezionandogli, con qualche “dritta”, un percorso che lo aiuterà a salire di grado e posizionarsi nell’ufficio che la nuova azienda ha preso di mira. Parimenti la vecchia azienda, se si accorge dell’inganno, può decidere di non licenziare l’impiegato e provare a passargli informazioni false o fuorvianti nell’ottica di danneggiare l’avversario. In uno dei tuoi articoli accenni allo stratagemma di “doppiare” un’eventuale fonte interna che si è scoperto è stata reclutata da Servizi esterni. Le si chiede di riferire tutto e continuare a vedersi con il suo reclutatore, fornendo documenti di minore importanza, allo scopo di carpirne i metodi. Come funziona esattamente questa tecnica e perché l’Italia è restia ad adottarla nei confronti della Russia?

Funziona in vari modi. Scopri l’agente straniero e gli dici: guarda che rischi la galera o che noi ti rimandiamo indietro e lì puoi passare qualche guaio. Possono pensare che ti abbiamo infiltrato, o darti la colpa per esserti fatto scoprire. In alternativa puoi rimanere dove sei, noi ti aiutiamo a confezionare qualche successo, ti diamo delle informazioni, ti facciamo fare bella figura ma tu da ora in poi lavori per noi. Kaarlo Tuomi, un agente del KGB che scrisse un libro sulla propria vicenda pubblicato dal Reader’s Digest, era figlio di un finlandese emigrato negli Stati Uniti che poi si era trasferito in Unione Sovietica. Kaarlo era dunque cresciuto nell’Urss, ma essendo nato negli Usa era un cittadino statunitense che poteva raccontare di averci vissuto sempre. Si poteva quindi creare su di lui una leggenda, come si dice in gergo. Fu rimandato negli Stati Uniti. Non si sa bene come fu scoperto appena vi arrivò. Il punto debole nella sua leggenda era che non aveva mai pagato le tasse nel periodo che teoricamente doveva aver trascorso negli Stati Uniti. Lo arrestarono immediatamente, fu incastrato dalle autorità statunitensi e gli dissero: puoi collaborare con noi. Una volta costretto a collaborare perché non aveva alternative ebbe modo di convincersi gradualmente che il sistema degli Stati Uniti funzionava meglio dell’URSS. Alla fine gli americani gli dissero che erano rimasti soddisfatti del suo lavoro e che poteva tornarsene in Unione Sovietica. Ma lui volle restare negli Stati Uniti e raccontò la sua storia in un’autobiografia. Va ovviamente appurato che cosa è vero e che cosa è stato nascosto. Quando un agente straniero viene scoperto gli si può dire di fingere e continuare a fare il suo lavoro come se niente fosse. Quando un agente diciamo italiano come Biot al servizio dei russi viene scoperto, gli si può dire: continua a fingere di stare con loro. Ma nel suo caso non è successo. Quel che mi è stato spiegato è che normalmente se scopri un agente gli dici: “potremmo farti passare chissà quanti guai però ci sei più utile se tu fingi di continuare a collaborare con l’altra intelligence, ma stai attento a quello che fai e segui le nostre istruzioni”. L’agente doppiato è l’agente che viene identificato ma viene convinto a fare il doppio gioco. Si può inoltre avere un agente triplicato che appartiene al paese A, lavora nel paese A per il paese B ma il paese A l’ha scoperto e gli dice di fingere di continuare a lavorare per il paese B mentre in realtà sta agendo per il paese A all’insaputa del paese B. Si crea una situazione molto pirandelliana. Il personaggio potrebbe aver addirittura aver avvertito il paese B, fingere di aderire, e si crea un gioco dove alla fine nemmeno lui sa più da che parte è schierato. Il gioco può addirittura diventare quadruplo o quintuplo. La cosa che mi hanno spiegato è che normalmente quando i personaggi alla Biot vengono scoperti la cosa non viene rivelata.

In quel caso è stata rivelata. Quasi un segnale di debolezza.

Se tu un agente del genere lo tiri fuori, lo esponi, è un messaggio come per dire ai russi: guardate, avete rotto le scatole, sappiamo che ci state rompendo le scatole, vi diamo questo messaggio e smettetela. Vuoi dir loro di darsi una calmata. Se l’agente fosse stato un russo avresti potuto rimandarlo sottobanco. Avresti fatto sapere che era stato scoperto intimando loro di riprenderselo prima che passi un brutto guaio. Ma non lo fai sapere ufficialmente perché non conviene a nessuno. Si evita uno scontro e si dà un avvertimento. Nel caso di Biot lo si è fatto sapere pubblicamente. È stato lanciato un messaggio ai russi.

Come se Draghi stesse dicendo: sì, finora siamo stati un po’ filorussi con il governo Conte precedente ma ora la musica è cambiata.

Può essere questo il segnale: avete fatto come cavolo vi pareva grazie a Conte, adesso rendetevi conto che è cambiato il gioco. Sì, è un segnale del governo Draghi.

Draghi o chi per lui in realtà avrebbe potuto continuare a utilizzare questa persona per giochi tripli, quadrupli, quintupli?

Oppure, siccome questo era uno che non si occupava di faccende molto importanti, avresti potuto fargli passare dei guai in modo segreto. Avresti potuto trovare il modo di metterlo sotto processo senza dire che era stato un agente. Al limite lo avresti detto sottobanco. Se invece esponi le sue attività alla superficie è perché vuoi lanciare un messaggio.

Il messaggio che traggo dalle tue analisi è che il Controspionaggio italiano è efficiente, ma spesso frenato da una specie di connivenza del potere politico con la Russia. I precedenti di Philby, Ames e Hanssen dimostrano che l’Italia non può essere considerata il ventre molle della penetrazione russa in Occidente. Semmai desta preoccupazione la nostra tendenza a lasciarci destabilizzare. Siamo particolarmente vulnerabili alle campagne propagandistiche di disinformazione. L’ex vincitore del Festival di Sanremo Francesco Gabbani, da te intervistato, si diverte in uno dei suoi brani, “Pachidermi e pappagalli”, a schernire le teorie del complotto. Tu fai un elenco delle verità capovolte orchestrate dalla disinformazione russa che comprende la diffusione delle voci secondo cui: il virus Hiv/Aids è stato creato dal Pentagono nell’ambito di un progetto di ricerca sulle armi biologiche svolto nella base militare di Fort Detrick, nel Maryland; la Cia ha assassinato John F. Kennedy, Martin Luther King, Olaf Palme e Indira Ghandi; il Pentagono avrebbe prodotto un’arma “etnica” in grado di uccidere solo le persone di colore ed innocua per i bianchi; bambini sudamericani verrebbero cresciuti e ingrassati per fornire organi umani destinati al mercato americano; la Cia e i servizi segreti italiani avrebbero appoggiato le Brigate Rosse e le formazioni terroristiche di estrema destra in Italia nell’ambito della “strategia della tensione”. Intravedi una continuità tra le insinuazioni da te elencate e le attuali posizioni no-vax? Esiste una cosiddetta “strategia del disordine” volta a generare confusione nella testa dei cittadini?

Questa strategia era già esistente in epoca addirittura presovietica perché i Protocolli dei Savi di Sion risalgono a molto prima, erano opera dell’Ochrana. Oggi siamo nel mondo dei social. Al tempo, per costruire la storia secondo cui l’Aids era stato creato in laboratorio dagli americani i servizi segreti russi fecero pubblicare la notizia su un giornale indiano. Un meccanismo più lento. Invece adesso nei social le fake news hanno la possibilità di attecchire molto più facilmente rispetto alle notizie normali. Il metodo è stato ampiamente studiato, e risulta più efficace. Vanno messe in circolazione notizie contradditorie tra di loro. Servono a creare caos. Quando nel 2014 fu abbattuto l’aereo malaysiano in territorio ucraino la soluzione da parte russa avrebbe potuto essere di dire, con forza, che l’aereo non era stato abbattuto da un missile dei separatisti ma che era stato abbattuto da un missile ucraino. Ma non fu detto soltanto questo. Fu detto che era stato abbattuto da un caccia, che c’era stato un incidente a bordo, vennero insomma date in pasto al pubblico una decina di spiegazioni diverse. Se hai un’informazione vera contro una falsa c’è quasi un controbilanciamento: uno contro uno. Me se tu mi metti in campo una dozzina di ipotesi qual è il peso della dozzina di ipotesi false? Diventa non più 50 e 50, l’informazione vera si riduce a un dodicesimo delle informazioni fornite, raggiunge forse un 10 per cento dal punto di vista quantitativo. Diciamo pure che quella vera ha un po’ più di forza. Però comunque crei caos perché la gente comincia a chiedersi: come facciamo ad accertare la verità?

Infatti avevi usato l’espressione “buttarla in caciara” in uno dei tuoi articoli.

Lo vediamo. Sai, è difficile in questo momento dire “gli ucraini stanno invadendo la Russia”. Oppure “i russi hanno ragione”. Però puoi dire “è una situazione complicata”, “la ragione non sta mai da una parte soltanto”, “alla fine sono tutti uguali”. Resta il fatto che dal momento che uno è aggredito e l’altro è l’aggressore non è vero sono tutti uguali. Sembra lo stesso discorso delirante che si fa quando una ragazza viene aggredita e stuprata e poi si dice che però lei lo aveva provocato, quella è una che andava con tutti. L’aggressione però c’è stata e i fatti parlano chiaro. Ma se cominci a mettere tutta una serie di ma e di se, allora crei dei dubbi e il dubbio porta ad assolvere per insufficienza di prove. Per questo è importante la condanna. La tecnica di creare confusione funziona così, “buttandola in caciara”. La Russia per esempio aveva prodotto un proprio vaccino, sembra grazie a quanto scoperto durante la loro famosa missione italiana. Tuttavia, contemporaneamente, le informazioni diffuse da parte russa nei vari media contengono una notevole quantità di informazioni no-vax. Il che teoricamente dovrebbe andare contro la stessa narrazione russa. Ma non importa, tutto crea caos. Quindi vanno bene sia le informazioni secondo cui lo Sputnik funziona sia le informazioni secondo cui tutti i vaccini non funzionano. Servono a seminare il caos nell’opinione pubblica occidentale.

Non si può comunque nemmeno ritenere la sponda atlantica come un modello di innocenza. Odessa è il nome in codice di “Organisation der SS-Angehörige”, un’organizzazione segreta nazista che permise ai suoi membri di mettersi in salvo in varie parti del mondo occidentale nonostante la sconfitta di Hitler. Una vasta rete di connessioni procurò la fuga a molti criminali di guerra. Ex nazisti lavorarono nei programmi missilistici e spaziali degli Stati Uniti. Gli Alleati si adoperarono a reclutare scienziati che avevano lavorato alla scissione dell’atomo sotto Hitler in cambio dell’immunità. In Italia e nel resto dell’Europa si aprì un’ulteriore pagina nera nel libro della storia mondiale. Con una mossa tanto audace quanto ripugnante l’intelligence alleata sottoscrisse un patto diabolico con l’ex avversario e ripulì la reputazione dei fascisti per reclutarli nella nuova lotta contro la minaccia comunista. I nazisti in fuga si rifecero una verginità politica in veste di leali anticomunisti. Così ebbe inizio la Guerra Fredda. Ed è così che la maggior parte dei perpetratori dell’Olocausto non furono puniti per i loro crimini in modo che la guerra di contenimento contro la penetrazione sovietica potesse essere vinta. Se vogliamo farci un’idea di come i nazisti abbiano ricevuto un trattamento di favore grazie ad Odessa nella loro nuova funzione antisovietica, bisogna immergersi in uno studio dei documenti declassificati delle agenzie d’intelligence e scoprire che l’uomo che a quel tempo tutti volevano incontrare era Allen Dulles, l’eminenza grigia dei servizi segreti americani e futuro capo della CIA durante l’amministrazione Eisenhower. Perché Dulles puntava sulla rinascita immediata della Germania per farne il bastione dell’Europa post-bellica, quasi dimenticando che i tedeschi erano stati nazisti e addirittura sponsorizzandone l’emigrazione negli Stati Uniti? Per via delle loro conoscenze chimico-biologiche in ambito militare? Forse allora non tutte le malefatte attribuibili al nostro sistema vanno catalogate come pura disinformazione.

Attenzione con il discorso sugli alleati. Dossier Odessa è stato pure un film. Il protagonista della storia era un nazista che andava in Egitto per aiutare Nasser a creare delle armi contro Israele. Il discorso sugli alleati è un po’ più complesso.

Quello è successo, senz’altro. Resta il fatto che gli ex nazisti e gli ex fascisti si salvarono e si infiltrarono nei vari gangli delle agenzie occidentali. Tengo senz’altro presente il punto da te sollevato sull’Egitto, anzi mi interessa molto.

La storia è sempre molto più incredibile di quanto si pensi. Gli Stati Uniti, per gran parte della loro esistenza, non hanno avuto un servizio segreto. Secondo la mentalità puritana degli Stati Uniti avere un servizio segreto era immorale perché le cose in segreto non si devono fare. Sembra allucinante a pensarci. Il Secret Service, spesso si fa confusione in proposito, era una polizia nata per sorvegliare la falsificazione monetaria. Dopo l’assassinio del presidente McKinley si appurò che non esisteva una scorta adibita allo scopo particolare di proteggere il presidente. Era già stato ammazzato Lincoln. Diedero pertanto al Secret Service il compito di fare la scorta al presidente degli Stati Uniti e alla sua famiglia. Una quota spaventosa di giornalisti italiani pensa che il Secret Service sia un servizio segreto mentre in realtà è un servizio di scorta, paragonabile ai nostri corazzieri ma senza il ruolo di rappresentanza, con compiti di sorveglianza. Durante la Guerra Civile i nordisti ricorsero all’agenzia investigativa privata Pinkerton per le operazioni di intelligence. Non esisteva l’autorizzazione per svolgere le attività di spionaggio. L’FBI fu costruita perché la giustizia negli Stati Uniti era gestita dalle amministrazioni locali, cioè polizia degli stati, sceriffi, contee eccetera. Siccome i delinquenti ovviamente scappavano da una parte all’altra senza rispettare i confini locali, fu allora costituita una polizia che agisse in tutto il territorio federale, il Federal Bureau of Investigation che nasce come polizia federale, ha sì un ruolo di controspionaggio perché le spie non potevano essere perseguite dalle polizie dei singoli stati, ci voleva un ente unico. Ma l’FBI ha un raggio d’azione limitato. Durante la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti capiscono che la guerra, se la si fa, va fatta sul serio. Non si può fare una guerra contro i nazisti e i giapponesi senza un servizio segreto.

Quindi nasce l’OSS.

Appunto, l’Office of Strategic Services, nel 1942. Con l’intento di utilizzarlo fintantoché c’è la guerra e poi di non utilizzarlo più. Di chiuderlo a guerra finita perché considerato immorale. L’OSS viene costituito per lavorare contro i nazisti, si attiva a collaborare con gli antifascisti. I loro interlocutori fondamentali sono gli uomini della Resistenza europea. In Italia lavora con i partigiani della Franchi, ma non solo.

Ma poi c’è un totale cambiamento di rotta.

Aspetta, bisogna spiegare prima questa storia. L’OSS nel 1945 viene chiusa ma appena inizia la Guerra Fredda si rendono conto che non possono farne a meno. Viene costituita formalmente la CIA come servizio segreto permanente. Alla CIA si aggiungono altre agenzie — l’FBI come controspionaggio, sono 18 in tutto adesso i servizi segreti, tra cui la DEA (Drug Enforcement Administration) e altre ancora — ma la più emblematica è la CIA che nasce per sostituire l’OSS. Deve combattere il comunismo, ma è erede di una organizzazione che aveva dovuto combattere il fascismo. Il suo modo di combattere i nazisti consiste tendenzialmente nell’organizzare dappertutto una sinistra anticomunista per poter fare riforme che tolgano spazio agli estremismi. Cose tipiche della CIA sono aiutare la scissione dei sindacati anticomunisti in Italia, la Cisl democristiana e la Uil socialdemocratica. E così pure tra i partigiani dove dall’Anpi si distaccano la Fivl e la Fiap. Oppure appoggiare le riforme agrarie in Italia o in Giappone. Ma anche la rivoluzione del 1952 in Bolivia, oppure la riforma agraria di Frei, eletto presidente in Cile nel 1964. Nei vari congressi della cultura organizzati dalla CIA vengono invitati personaggi come Arthur Koestler, Ignazio Silone, Bertrand Russel. La CIA nasce come organizzazione che vuole togliere spazio al comunismo da sinistra.

Lì secondo me divergiamo un po’. Mi pare che il comunismo lo combattesse da destra, non da sinistra.

Quella è una fase successiva. Per esempio vediamo che la CIA fa delle cose di sinistra con la rivoluzione boliviana del 1952, quando aiuta ad andare il potere il Movimento Nazionalista Rivoluzionario, che vuole la riforma agraria e la nazionalizzazione dello stagno. Ma già nel 1954 ha interesse ad aiutare la United Fruit in Guatemala e Varga Llosa ha fatto un libro sul golpe in Guatemala. Diciamo che col passare del tempo si assiste a una radicalizzazione. Effettivamente dagli anni sessanta e settanta la CIA comincia a fare colpi di stato. Però con Carter e soprattutto con Reagan gli Stati Uniti smettono di appoggiare i colpi di stato di destra. Vogliono far cadere i regimi di sinistra sponsorizzando le democrazie di destra.

Ma che mi dici dello scandalo Iran-Contra? Una strana triangolazione che può forse essere suddivisa 1) nell’armamento segreto dell’Iran di Khomeini da parte del governo americano nonostante l’embargo e le accuse di terrorismo rivolte alla nazione islamica; 2) l’investimento dei profitti nella produzione di nuove armi destinate alle truppe contras nella guerra civile contro il regime sandinista in Nicaragua; 3) il traffico di droga risultante dal pagamento delle armi fornite ai combattenti. Non sembra proprio il tentativo di propiziare una democrazia di destra, non trovi?

Anzi, tra i Contras del Nicaragua c’era un ex-comandante guerrigliero sandinista come il Comandante Zero Edén Pastora. In effetti la pressione produsse le elezioni del 1990, in cui fu eletta presidente Violeta Chamorro. L’involuzione autoritaria c’è stata quando Daniel Ortega è poi tornato al potere, con mezzi democratici, ma poi distruggendo la democrazia. Per andare al potere si era alleato con ex-Contras, tra i suoi principali avversari ci sono ex-Sandinisti. In effetti l’appoggio ai Contras era parte del più generale appoggio di Reagan a movimenti di destabilizzazione dell’area sovietica: Afghanistan, Nicaragua, Angola, Cambogia, Polonia… Neanche tutti, in realtà. Ad esempio, in Etiopia o Mozambico ci fu una lotta armata contro un regime filo-Mosca anche senza appoggi Usa. Più in generale, Reagan tenta di costruire un’opposizione ai regimi autoritari di sinistra e contemporaneamente, dove comandano i dittatori di destra, favorire in qualche modo un’evoluzione nel quadro democratico. Per esempio l’operazione delle Filippine appoggiando Corazón Aquino contro Marcos. Oppure in El Salvador quando cercano di appoggiare Duarte contro i militari. Proviamo a ragionare su tesi, antitesi e sintesi. Tesi: Nixon e Kissinger bloccano il comunismo senza disdegnare i colpi di stato di destra in Grecia, in Cile, in Argentina e via discorrendo. Carter rappresenta l’antitesi. La sua posizione è “ci disinteressiamo di tutto, lasciamo fare, parliamo di diritti umani” però poi gli cadono i regimi amici tra cui Somoza in Nicaragua e lo scià in Iran, e gli americani si ritrovano senza alleati. Reagan è la sintesi. Capisce che non possono più agire secondo la tesi di Nixon e Kissinger che appoggiavano i regimi autoritari perché così facendo creano sentimenti antiamericani. Ma non possono nemmeno lasciar stare. Piuttosto che sostenere lo scià o piuttosto che abbandonarlo bisognava, intanto che c’era lo scià al potere, favorire un’evoluzione democratica. E questa appunto è l’operazione che portano avanti nelle Filippine. Infatti tutte le transizioni in America Latina dopo il 1989 conducono alla sostituzione dei militari da parte di regimi democratici filoamericani. Dal duemila questi regimi cominciano poi ad avere certe anomalie con partiti di sinistra soggetti a derive spesso autoritarie. Uno scenario un po’ complesso. Per tornare al discorso iniziale, di sicuro c’è stato il coinvolgimento di ex nazisti e di ex fascisti. Ma sono stati massicciamente utilizzati sia dagli americani sia dai sovietici. Ci fu quel partito neonazista costituito in Germania negli anni cinquanta, il Sozialistische Reichspartei. Creato nel 1949, sosteneva che Konrad Adenauer fosse un fantoccio degli Stati Uniti d’America e che Karl Dönitz fosse l’ultimo legittimo Presidente del Reich tedesco. Ha sempre negato l’esistenza dell’Olocausto, ha affermato che gli Stati Uniti d’America avrebbero costruito le camere a gas del campo di concentramento di Dachau dopo la guerra e che i filmati dei campi di concentramento fossero fasulli. Il programma del partito auspicava un’Europa, guidata da un Reich tedesco unificato, “terza forza” ostile sia al capitalismo che al comunismo. Non solo l’Srp non ha mai apertamente criticato l’Unione Sovietica, ma ha ricevuto persino finanziamenti da essa. A differenza del Partito Comunista di Germania, che era invece ritenuto “inefficace”. Il leader Remer disse apertamente che se l’Unione Sovietica avesse mai invaso la Germania, avrebbe mostrato ai russi la strada verso il Reno e che i membri dell’Srp avrebbero aiutato i russi, fornendo loro armi. Aveva circa diecimila membri e conquistò 16 seggi in Bassa Sassonia; inoltre possedeva un’organizzazione paramilitare, il Reichsfront. Il partito fu in seguito bandito nel 1952 dal Tribunale Costituzionale Federale. La tesi che i fascisti siano stati massicciamente utilizzati in occidente in chiave anticomunista ha alcuni elementi di riscontro, ma messa in questi termini è essa stessa disinformazione. Lo stesso discorso vale per il Donbass. I nazisti ci sono stati sia da una parte che dall’altra.

Tu dici, ce ne sono talmente tanti che li puoi utilizzare dove vuoi, insomma.

E adesso vediamo che Putin, pur continuando a godere a sinistra di un minimo della simpatia che ancora sopravvive per la Russia in quanto ex Unione Sovietica, sta massicciamente diventando un idolo per gli ambienti e i partiti di destra. Nel parlamento europeo la destra sovranista è spaccata in due fra una componente filorussa rappresentata da Le Pen, Salvini e dagli austriaci e una componente antirussa a cui ha aderito la Meloni. I polacchi, per quanto non sempre encomiabili nelle loro rivendicazioni, sono antirussi. Orbán sta nel primo gruppo. Ho un po’ allargato il discorso per cercare di vedere la complessità delle cose.

Mi sono sempre domandato il perché dell’enfasi sulle “mani” nei testi di Lucio Dalla. Alcuni esempi: “Chissà chissà domani / su che cosa metteremo le mani / se si potrà ancora contare le onde del mare / e alzare la testa / non esser così seria, rimani / i russi, i russi gli americani…” (“Futura”); “Anna avrebbe voluto morire / Marco voleva andarsene lontano / qualcuno li ha visti tornare / tenendosi per mano” (“Anna e Marco”); “con grandi mani prese la luna tra le mani, tra le mani / e volò via e volò via / era l’uomo di domani” (“L’ultima luna”). L’8 ottobre 1990, dodici anni dopo la sua uccisione, riemerse dall’ex prigione di Aldo Moro la versione integrale del suo Memoriale. Bettino Craxi alluse a una “piccola mano”, Giulio Andreotti a una “grande mano”, a ribadire l’importanza delle “mani” nella politica italiana. Nel 1978, l’anno del rapimento, l’onorevole democristiano Aldo Moro, sentendosi abbandonato dall’establishment politico, compilò il suo Memoriale domandandosi se la chiave della sua vicenda risiedesse in Vaticano, se la Rizzoli (proprietaria del Corriere della Sera e infiltrata dalla P2) ricevesse istruzioni straniere e se la fermezza dimostrata nel non voler negoziare con i suoi sequestratori per la sua liberazione non obbedisse addirittura “a un’indicazione americana o tedesca”. Da che parte bisognerebbe guardare, secondo te? C’entra anche l’Unione Sovietica per caso?

Due libri importanti in proposito sono stati quello scritto dalla commissione parlamentare di inchiesta e Bi.Erre. I fondatori di Gianremo Armeni, un romanzo sulle Brigate Rosse che va dal ’69 al ’74. Armeni ha parlato con una quantità di testimoni sia tra i brigatisti sia tra chi gli aveva dato la caccia. Nel romanzo nessuno è chiamato col suo nome e cognome però sono tutti abbastanza chiaramente riconoscibili. Quando gli ho fatto la recensione l’ho chiamato e gli ho chiesto l’identificazione dei personaggi. Alcuni li avevo riconosciuti, altri no. Feltrinelli si capisce subito chi è perché muore cercando far saltare in aria un traliccio. Questa vicenda andrebbe unita al famoso attentato bulgaro contro Berlinguer, il famoso camion bulgaro. L’impressione che si ricava è che comunque nel sequestro Moro erano veramente coinvolti i servizi russi e i servizi dell’est a cui non stava bene il compromesso storico perché avrebbe creato un modello indipendente. Pure la RAF era fortemente infiltrata dalla Stasi. Che ci fossero di mezzo i servizi occidentali fa parte della disinformazione. Dopodiché va detto però che tutto il capitolo riguardante le stragi da Piazza Fontana in avanti non è che si sia mai capito bene cos’era. Dietro le BR e dietro la RAF comunque è abbastanza accertato che ci fossero alcuni servizi dell’Est, Bulgaria e Germania Orientale innanzitutto. Chi invece stesse dietro agli attentati di Bologna, dell’Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia non è che sia mai stato appurato finora. Si è parlato dei servizi occidentali, ma non si è ancora capita bene la logica. Non è che poi abbiano bloccato la svolta a sinistra. Qual è stato il senso?

Nel 1978 Bob Dylan suggellò la sua conversione al cristianesimo con l’uscita dell’album Slow Train Coming. Scoprì in sé una vena di predicatore utilizzando la metafora di un “treno” inizialmente lento che però acquistava man mano velocità. Un po’ come il treno piombato di Lenin che nel 1917 era approdato alla stazione Finlandia per prendere in mano le sorti della rivoluzione. Dylan stava tradendo i propri ideali libertari o portando a compimento un percorso già avviato sin dalle sue prime registrazioni? In “Masters of War” del 1963, canzone emblema anti-militarista del 1963, Dylan stava scagliandosi contro il complesso militare-industriale americano oppure poteva aver in mente la macchina imperialista sovietica che si nasconde, come dice la canzone, “dietro a un muro”?

In Dylan ci sono molti motivi. Nel 1997, ad esempio, eseguì Blowin‘ In The Wind di fronte alla gioventù cattolica riunita per il raduno eucaristico di Bologna alla presenza di papa Giovanni Paolo II, che chiosò: “è Gesù Cristo la risposta che soffia nel vento”. E nel 2009 Dylan fece addirittura un album di canzoni natalizie tradizionali. Il folk e country Usa hanno un’immagine di sinistra, ma in realtà c’è un’evidente cesura ideologica tra il filo-comunismo aperto di Guthrie e Seeger e il più tranquillo appoggio di Springsteen alle campagne democratiche di Kerry e Obama. E in questa cesura si inserisce appunto Dylan. Allarmante per coloro che coltivano la sua immagine stereotipata è sempre stata in particolare “Neighborhood Bully”, veemente presa di posizione pro-Israele scritta per la guerra del Libano del 1983. “Bè, il bullo del quartiere è solo uno/ I suoi nemici dicono che è sul loro territorio/ Loro sono più numerosi circa un milione contro uno/ Lui non ha nessun posto dove scappare, nessun posto dove correre/ È il bullo del quartiere”. ‎ “È circondato da pacifisti che vogliono la pace/ Loro pregano ogni notte perché lo spargimento di sangue finisca/ E non farebbero male ad una mosca, a far male a qualcuno piangerebbero/ Ma si nascondono ed attendono solo che questo bullo cada addormentato/ È il bullo del quartiere”. Possibile che un tale sarcasmo venga proprio dall’autore di “Masters of War” e di “Blowin’ In The Wind”? Possibile, perché lo stesso Bob Dylan in un’intervista ha spiegato che lo hanno capito male. “Tutte le volte che canto Masters of War c’è qualcuno che scrive che si tratta di una canzone contro la guerra. Ma non c’è nessun sentimento contro la guerra in quella canzone. Io non sono un pacifista. Credo di non esserlo mai stato. Se presti attenzione alla canzone scopri che si tratta di quello che Eisenhower andava dicendo in merito ai rischi del complesso bellico-industriale nel nostro Paese. Credo profondamente che sia diritto di tutti difendersi in tutti i modi necessari”. E quanto a “Blowin’ In The Wind”, tu stesso nel tuo libro hai raccontato di un blog in cui nel 1999 un commentatore lo definì “un’ingenua supplica politica da parte di un giovinastro immaturo”. “Come fai a dire una cosa del genere?”, gli fu chiesto. “Perché io sono Bob Dylan!”. “Dimostralo”. “Al mio prossimo concerto suonerò ‘Highlands’”. E davvero nel suo concerto successivo Dylan eseguì quel pezzo che non fa quasi mai! “Quando ho un’opinione non mi chiedo se è di destra o di sinistra. Posso restare della stessa idea su uno stesso argomento ma con angolature diverse”, ha pure detto Dylan in un’intervista. Ed ecco qua, dunque, che diventano plausibili alcune delle più clamorose reintepretazioni. “It Ain’t Me Babe”, ad esempio. “Vattene dalla mia finestra,/ vattene alla velocità che preferisci./ Non sono quello che vuoi, baby,/ non sono quello di cui hai bisogno”. Sembra una invettiva d’amore, qualcuno l’ha riferita ai rapporti a volte difficile tra il cantante e i suoi fan, qualcun altro ci ha letto un rifiuto della bandiera a stelle e strisce nell’era del Vietnam, ma potrebbe essere invece di un colossale vaffa a comunisti, radical-chic e affini. Oppure “Maggie’s Farm”. “Non lavorerò più alla fattoria di Maggie/ No, non lavorerò più alla fattoria di Maggie/ Bè, mi sveglio la mattina,/ incrocio le braccia e prego che piova”. Nel 1980 il gruppo inglese “The Blues Band” ne ha registrata una nuova versione in chiave anti-Thatcher, ma secondo Zoppas “strofe che sono sempre state viste come un’invettiva anticapitalista” in realtà “potevano benissimo puntare il dito contro la collettivizzazione di stampo marxista”. “Gates of Eden”? “Il triste passero canta/ E non ci sono re all’interno dei Cancelli dell’Eden”. “E non ci sono processi all’interno dei Cancelli dell’Eden”. Anche questa l’hanno presa per una satira anti-Usa: ma non sarebbe più corretto ritenere invece che proprio gli Usa e l’Occidente liberal-democratico siano l’”Eden” immune da dittatori e processi staliniani? “It’s Alright, Ma”? Effettivamente la canzone attacca con un “Darkness at the break of noon” che è una citazione quasi letterale dal titolo di un classico dell’anticomunismo come “Buio a mezzogiorno” di Arthur Koestler.

Non va sottaciuto, all’interno dei confini dell’ex Unione Sovietica, il proliferare di vere e proprie città nucleari, basi militari e laboratori finalizzati alla preparazione di armi biologiche. Nomi strani come Arzamas-16, Sverdlovsk-44, Čeljabinsk-65, e così via. Centrali che tra l’altro hanno verosimilmente prodotto il polonio 210, l’isotopo radioattivo scoperto nel 1898 dall’insigne scienziata Marie Curie e tristemente balzato alle cronache per il suo impiego nell’avvelenamento dell’ex agente KGB naturalizzato britannico Alexsandr “Saša” Litvinenko in una sala da tè londinese il 1° novembre 2006. Nove anni prima Shoko Asahara, leader della setta millenarista Aun Shinrikyo, era riuscito a procurarsi le quantità necessarie di Sarin, il gas tossico sprigionato nei treni in pieno centro di Tokyo il 20 marzo 1995 in un attacco terroristico diretto al cuore dello stato giapponese, dopo aver infiltrato il laboratorio russo di fisica nucleare Kurtchatov. Viene da chiedersi chi conta più scheletri nell’armadio, gli Stati Uniti o la Russia? Oppure, sebbene l’argomento esuli forse dalla nostra intervista, la Cina?

In un sistema aperto come gli Stati Uniti gli scheletri li scopri. Le cose che hanno combinato si vengono a sapere. Gli Stati Uniti hanno fatto una quantità enorme di dichiarazioni di guerra, molte delle quali in modo equivoco. Per esempio la corazzata Maine, la nave della Marina USA che affondò a causa di un’esplosione nel porto cubano dell’Avana provocando l’origine della guerra ispano-americana, sicuramente non l’avevano fatta saltare in aria gli spagnoli. È difficile persino che l’avessero fatta saltare in aria gli americani. Non è che tu distruggi la nave per scatenare una guerra. Probabilmente era saltata di suo. Le corazzate dell’epoca avevano proprio un problema di manutenzione delle caldaie. Tendevano spesso a saltare. Alcune navi italiane esplosero in porto durante la prima guerra mondiale. Si disse che erano stati gli agenti austriaci, ma in realtà non si è mai trovata la prova. Lo stesso incidente del Golfo del Tonchino che provocò la guerra del Vietnam fu una cosa un po’ strana, un po’ montata. Ma la verità a livello storico a un certo punto viene fuori. I documenti vengono desegretati. Le false flag con cui si cerca di scatenare una guerra non vanno paragonate alla distruzione di una flotta. Quanto alla Cina, in passato non ha avuto una storia imperialista, salvo al suo interno. I suoi scheletri riguardavano l’autoritarismo interno. Ma adesso hanno un grosso ruolo mondiale con la loro potenza economica, e già il modo in cui per scarsa trasparenza hanno contagiato il mondo col Covid configura una responsabilità pesante.

Alcune teorie del complotto danno in effetti molto fastidio. Però, magari in Russia quella dei condomini fatti saltare in aria nel 1999 per poi trovare la scusa per mandare l’esercito in Cecenia ci sta pure, o no?

Quello sì. Come non va sottaciuto il possibile ruolo degli Stati Uniti nel far uccidere alcuni personaggi. Per esempio chi ha ucciso Mehdi Ben Barka, il leader marocchino assassinato a Parigi nel 1965? Si è parlato di servizi marocchini, servizi francesi. Là è possibile. Però negli Stati Uniti gli scheletri nell’armadio tendono a saltare fuori. Si sa che il caso in Guatemala del 1954 fu montato, è stato appurato. Fu montata una grossa propaganda per giustificare un colpo di stato da parte di un esercito di non so se mercenari, forse gente che ci credeva, armati comunque dalla CIA per attaccare un leader che era stato democraticamente eletto e cercava di fare delle riforme. Fu un’operazione infelice perché fu attaccato un regime che in realtà non era comunista. In seguito ci sono stati altri regimi che effettivamente lo erano. Il regime venezuelano ha avuto un’involuzione autoritaria. In Nicaragua c’è stata un’involuzione autoritaria. A Cuba c’è stata un’involuzione autoritaria. In Guatemala è stato inventato qualcosa che poi si è effettivamente verificato da altre parti. Queste operazioni in occidente le puoi fare fino a un certo punto. Le fai meglio in altri contesti. Ma alla fine l’Unione Sovietica è crollata.

Il tuo accenno a Cuba solletica la mia curiosità. Forse non tutti sanno che il 17 aprile 1961, giorno della fallita invasione di Cuba sponsorizzata dalla Cia, Leonard Cohen si trovava proprio lì all’Avana. Dal suo hotel poteva sentire il fuoco antiaereo e vedere lo spiegamento delle truppe. Il motivo del suo soggiorno non ha ancora trovato una spiegazione presso i suoi biografi, forse era sulle tracce di García Lorca oppure in cerca di avventura. Leonard nel descrivere quell’esperienza non risparmia l’autocritica definendosi nella sarcastica Field Commander Cohen “la nostra spia più importante / ferito nell’adempimento del dovere / nel paracadutare acido alle feste diplomatiche / e indurre Fidel Castro ad abbandonare campi e castelli”. Mi sono sempre chiesto come cazzo facesse Leonard Cohen a trovarsi sempre nel posto giusto al momento giusto. In Grecia ai tempi del golpe militare, a Cuba per l’invasione fallita della Baia dei Porci, in Israele per la guerra dello Yom Kippur, a New York quando uccidono John Lennon, a Los Angeles quando scoppiano le rivolte del 1992 (d’accordo, viveva lì vicino, però non me lo spiego). Benché il tentativo della Baia dei Porci del 1961 di invadere Cuba sia stato praticamente abortito, raggiunse comunque l’obiettivo di formare una squadra di professionisti che ricompariranno nelle successive operazioni della CIA. I romanzi di James Ellroy spesso raccontano le gesta di agenti provocatori USA che importano oppio dal Vietnam per finanziare sommosse anti-Castro a Cuba. Ti risulta?

Da quando fu repressa la guerriglia dell’Escambray, che combatté contro Castro dopo aver combattuto Batista, in realtà a Cuba non ci sono state più proteste fino agli anni ’90, e a dopo il Periodo Speciale. Nel frattempo col processo Ochoa il regime cubano aveva ammesso che i narcos avevano avuto collusioni con i militari dell’isola. Bisogna solo decidere se credere alla verità di Fidel che avevano fatto per conto proprio o credere all’ipotesi alternativa che avevano agito su suo ordine e che poi una volta scoperta la cosa li scaricò e ne fece capri espiatori. In effetti da Cuba c’è stata una grossa emigrazione da un Paese sotto dittatura in cui esistevano mafie, e le due dimensioni della mafia e dell’opposizione negli Usa si sono un po’ mescolate. Avvenne anche con l’antifascismo italiano. Ma identificare l’anticastrismo tout court con la mafia sarebbe un po’ come identificarci l’antifascismo. Comunque l’autofinanziamento con traffici illegali è una cosa diventata importante soprattutto dopo la fine dei finanziamenti delle superpotenze per la fine della Guerra Fredda, e lo hanno praticato sia i gruppi rimasti orfani degli Usa che quelli rimasti orfani dell’Urss. Essenzialmente coca nelle Americhe, diamanti in Africa e oppio in Asia.

“Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa”, recita Giorgio Gaber in uno dei suoi monologhi più famosi. Più avanti aggiunge: “qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona”. Nella sua ricostruzione del processo contro Giulio Andreotti per associazione mafiosa il magistrato Giancarlo Caselli, convinto della colpevolezza dell’ex premier italiano, invitava a diffidare del buon senso comune. Saremmo istintivamente portati a considerare implausibile lo scambio di un bacio tra un capo mafioso e un capo di stato. E questo sarebbe un limite della pubblica opinione, perché non ci permetterebbe di comprendere a fondo come sia abituato a muoversi il potere. Mi viene in mente Paolo Guzzanti, un tempo responsabile della Commissione Mitrokhin creata nel 2002 per stabilire se le rivelazioni dell’archivista russo Vasilij Mitrokhin contenessero prove di un’infiltrazione del KGB nell’élite politica italiana. Guzzanti sosteneva, senza credo averlo mai dimostrato, un coinvolgimento di Romano Prodi nel KGB — altra notizia sensazionale al pari di quella riguardante il bacio tra Totò Riina e Giulio Andreotti. Vorrei una tua opinione sul senso comune, e provo a spiegarti perché. Quando Vladimir Putin fu accusato di aver avvelenato Litvinenko col polonio, io stentavo a crederci. Mi dicevo che un capo di stato non si spingerebbe mai a tanto. Oggi, alla luce degli orrori in Ucraina, sto cambiando idea.

Feci tre interviste a tre pezzi grossi prima dello scoppio della guerra in Ucraina. A Giulio Sapelli, a Germano Dottori e a Lucio Caracciolo. Tutt’e tre mi dissero che era impossibile che ci sarebbe stata una guerra in Ucraina perché non era nella logica che ci fosse. Devo dire che in seguito con Dottori ho avuto uno scambio di idee, in cui ha riconosciuto che le mie obiezioni erano in realtà corrette. Gli ho spiegato il mio punto di vista. Non è vero che l’aggressione ai danni dell’Ucraina non si possa spiegare. Gli esperti hanno ragionato come se Putin fosse un leader politico razionale. Un leader politico razionale se trova un oppositore che conta poco non è che lo avvelena, lo lascia fare per far vedere che comunque conta poco. Il problema è che il regime di Putin ha una logica di tipo mafioso. Putin nella logica della Russia e degli oligarchi è espressione di una cosca di ex agenti segreti che ha deciso di prendere in mano la Russia per salvarla dagli oligarchi. Tutta una serie di mosse che non sarebbero logiche dal punto di vista di un leader normale acquisiscono logica se si pensa che l’essenza del pensiero mafioso è che tu devi mettere paura. Se uno non ti paga il pizzo tu lo fai saltare per aria ma magari i soldi che hai speso per l’esplosivo utilizzato sono molto di più del pizzo che ti dava. Non ha una logica economica, bensì una logica generale. Hai presente il film A Bug’s Life?

No.

Il cartone animato. Quello delle cavallette. Le cavallette taglieggiano le formiche in una storia ispirata ai Sette Samurai. Si fanno dare il pizzo in grano. Al boss viene chiesto “perché dobbiamo perdere il tempo con le formiche? A te nemmeno piace il grano.” Spiega molto meglio la situazione che tanti geopolitici. Se avessero visto quel film avrebbero capito molto di più. Quando la cavalletta ammazza un paio di compari con una macchinetta per distribuire chicchi di grano gli altri rimangono attoniti ma lei risponde: “Lo vedete, una formica da sola non conta niente, ma prese tutte insieme. Il nostro potere, il nostro stile di vita dipende dal fatto che hanno paura di noi. Se noi permettiamo a una sola di sfidarci il nostro modello è finito”. Questa è la logica di stampo mafioso, no? Riguardo alla questione se l’Ucraina debba o meno entrare nella Nato, Anne Applebaum ha detto che l’Ucraina benché abbia un regime democratico sgangherato, per quanto abbia gli oligarchi, corruzione e tutto quello che vuoi, resta però un paese in cui nessun presidente è riuscito a farsi rieleggere la seconda volta che si è candidato. Gode di un sistema di alternanza. Applebaum ha giustamente sottolineato che un paese dotato di un sistema politico così può funzionare. Dottori alla fine si è convinto e mi ha citato in un convegno: gli esperti hanno sbagliato a prevedere perché “avevamo ragionato come se fosse una logica di un certo tipo e invece è una logica di un altro tipo”.

Quindi addio senso comune.

Non è il senso comune. È che ognuno ha la propria logica. C’è la logica del politico, c’è la logica dell’imprenditore, c’è la logica del generale, c’è la logica del mafioso, del giornalista. In un paese come l’Italia nei talk-show la logica non è quella di dire la verità. È quella di fare spettacolo. E fai spettacolo se inviti gente come Orsini, come Povia. Più fanno casino meglio è. Attenzione, puoi anche invitare uno che dice una cosa corretta ma lo inviti perché fa casino contro gli altri.

Ricorre spesso la tesi revisionista secondo cui l’ex premier sovietico e direttore dei servizi segreti Yuri Andropov fosse un genio, addirittura l’eminenza grigia e segreto inventore della figura del “leader buono” Mikhail Gorbačëv. Ciò avrebbe permesso ai russi di perdere appositamente la Guerra Fredda, godere finalmente dei benefici dello stile di vita occidentale una volta aperte le frontiere e diffondere liberamente in tutto il territorio europeo un network di spie riattivabili al momento opportuno. Si sente dire di tutto e il contrario di tutto. In “The Day John Kennedy Died”, un brano tratto dall’album The Blue Mask, Lou Reed ricorda di aver appreso dell’attentato a JFK mentre si trovava in un bar a nord di New York. Alla TV stavano trasmettendo la partita di football della squadra locale. La telecronaca fu interrotta da uno speaker il quale annunciò che avevano sparato al presidente. Nella realtà dei fatti però non risulta che ci fosse la diretta di una qualche partita di football il 22 novembre 1963. La canzone di Lou Reed fu scritta nel 1982, due anni dopo l’assassinio di John Lennon, ed è facile che Lou Reed avesse volutamente mischiato le carte in tavola concentrando in un’unica narrazione sia gli eventi di Dallas che l’omicidio dell’ex Beatle perpetrato da Mark Chapman presso il Dakota Building di New York. Infatti il giorno in cui John Lennon morì la notizia dell’attentato venne data alla televisione proprio mentre buona parte della popolazione statunitense stava guardando il programma Monday Night Football. L’effetto poetico di stravolgimento della realtà nella canzone è notevole. Meno rassicurante è constatare che lo stesso metodo può essere applicato da un’abile macchina propagandistica per distorcere la percezione cognitiva dell’opinione pubblica. Hai spesso sottolineato come la disinformatia oggi miri non tanto a persuadere i destinatari della bontà di una tesi precisa, ma piuttosto a diffondere confusione cognitiva, a mettere in dubbio le narrazioni occidentali, a relativizzare e screditare il concetto di verità promuovendo l’idea che esistano molteplici verità e che tutta l’informazione sia manipolata non importa da dove essa provenga.

Daron Acemoğlu ha spiegato abbastanza bene che l’Unione Sovietica spostando massicciamente le risorse di un paese enorme dall’agricoltura all’industria è riuscita ad avere per molti anni una crescita del 5% all’anno del PIL dando vita allo slogan che il socialismo funziona. Ma era evidente che era un fatto di spostamento, non erano riusciti a creare una società “inclusiva”, ma erano rimasti una società “estrattiva”. A un certo punto l’Unione Sovietica è andata in panne. La corsa alla luna è stata persa, l’URSS è rimasta indietro. L’ultimo che prova a fare la sfida diretta con l’occidente è stato Kruscev. Con Breznev è tutta una stagnazione. Tutto si mummifica, pure lui aveva quell’aspetto di mummia. Il sistema sovietico non era più produttivo già dagli anni sessanta. Gli Stati Uniti da parte loro avevano un loro problema riguardo alla crisi della colonizzazione. Le potenze occidentali ex colonialiste erano entrate in crisi. Gli Stati Uniti provarono a gestire questa crisi ma con un grosso handicap. Erano di vocazione una potenza anticolonialista perché la prima rivoluzione anticoloniale l’avevano fatta loro. Però si sono trovati a gestire l’occidente che aveva le colonie. Il comunismo internazionale da canto suo ha pompato alla grande l’anticolonialismo. Il comunismo diventa un alleato per Cina, Vietnam, Cuba. Gli Stati Uniti in Vietnam hanno perso. A metà degli anni settanta dopo il conflitto del Vietnam, dalla decolonizzazione in Portogallo alla rivoluzione in Nicaragua sandinista, gli Stati Uniti tirano i remi in barca. Non riescono più a gestire tutti i meccanismi del terzo mondo, si ritirano. E lasciano lo spazio libero all’Unione Sovietica. Ecco allora il colpo di stato in Etiopia. L’occupazione dell’Afghanistan. L’appoggio in Nicaragua. Tutte le ex colonie portoghesi sono diventate comuniste. C’è stata davvero un’espansione massiccia dell’influenza russa, ma proprio in quel momento l’Unione Sovietica ha perso la Guerra Fredda. È passata dal fatto di poter giocare in contropiede all’impossibilità di gestire fenomeni troppo complessi. Gli americani si sono detti: il terzo mondo è un casino, non ce la facciamo a gestirlo. Non l’hanno deciso espressamente, non è che hanno voluto farlo. È stata una conseguenza del Watergate, dell’elezione di Carter. Quando Reagan ha voluto fare la sintesi, cercando di tornare in campo, i russi erano incasinati. Si sono ritrovati con la guerriglia eritrei contro etiopi, la guerriglia in Angola, la guerriglia in Mozambico, in Afghanistan, poi il post-Vietnam in Cambogia, la rivolta in Polonia. Reagan si è messo ad appoggiare tutti i movimenti di destabilizzazione, come avevano fatto i sovietici negli anni sessanta e settanta. Andropov che era uno dei servizi segreti, queste cose le capiva perché sorvegliava. Capiva la necessità di fare delle riforme, dei cambiamenti, quindi sicuramente Gorbacev fu una sua creatura studiata apposta per poter fare questa evoluzione, questa trasformazione. Prima la perestrojka e poi la glasnost. Perestrojka significava ristrutturazione, Glasnost trasparenza. Il problema è che tutto è scappato di mano perché il sistema era irriformabile, ed è crollato tutto. A quel punto chi ha potuto riciclarsi si è riciclato. Gorbačëv si è ritrovato a fare il pensionato rimettendoci pure i soldi del Nobel. Molti personaggi sono dovuti scappare. Yeltsin è andato al potere, ha smantellato tutto. Uno come Putin ha dovuto fare il tassista per alcuni anni perché non aveva più da lavorare. A un certo punto si sono organizzati prima per salvare se stessi, poi per prendere il potere e ristrutturare la Russia secondo il loro modello riacchiappando quello che potevano riacchiappare. La mia posizione probabilmente è molto più revisionista di altre. Non in senso convenzionale, nel senso che io non credo ai complotti non perché non ci siano ma perché i complotti scappano di mano. La realtà è talmente complessa che poi va per conto suo.

Prima hai accennato al colpo di stato in Etiopia condotto da Mengistu Haile Mariam, successore del Negus. Un grosso dibattito ha sempre imperversato all’interno del rastafarianesimo intorno alla figura di Hailé Selassié. Era davvero l’Unto del Signore, il successore di Abramo, Mosè e Gesù? Uno dei più grandi studiosi dell’Africa, lo scrittore e giornalista polacco Ryszard Kapuściński, ne offre un ritratto per certi versi impietoso nel saggio Il Negus. Lo presenta come un uomo dalle due immagini, quella caldeggiata dall’opinione pubblica internazionale di monarca esotico ma capace e dotato di un’energia inesauribile, e quella opposta di demagogo e padre padrone deciso a difendere il potere con ogni mezzo. In tarda età, secondo Kapuściński, avrebbe prevalso la personalità numero due. Trovandosi al di sopra della legge in un paese in preda ad arretratezza e assurde manie di sviluppo, il Negus cedette alla propria avidità e a cerimoniali stantii che ne decretarono la fine mentre il mondo intorno a lui stava inesorabilmente cambiando. Ma il mito di Hailé Selassié è un’altra cosa e continua a vivere, come quello di Bob Marley che idolatrava il Negus e pretese addirittura, ma senza essere finora esaudito pare, di avere sepoltura in terra etiope. La visita di Sua Maestà Imperiale Hailé Selassié in Giamaica il 21 aprile 1966 ebbe grosse ripercussioni nella comunità Rasta. La mia domanda tuttavia è un’altra: parliamo tanto di Ucraina ma allo stesso tempo si sta consumando una tragedia umanitaria nel conflitto tra il governo etiope e la popolazione del Tigrai. Cosa sta succedendo da quelle parti?

Non è tra governo etiope e popolazione del Tigrai. È tra il governo del Tigrai, che per un trentennio ha gestito l’Etiopia, e un esponente di un’altra etnia che era stato messo come segno di apertura e che invece si è messo ad agire in modo totalmente autonomo. Una vicenda complicata, in cui effettivamente ci va di mezzo la gente. Come in tutte le guerre. È una vicenda di cui si parla poco perché ha una logica poco decifrabile e anche perché non ci sono di mezzo grandi protagonisti della scena internazionale.

Le tue analisi non disdegnano nemmeno l’elemento dell’occulto. Hai accennato alle profezie della veggente bulgara Baba Vanga e a una certa predilezione del popolo russo per il soprannaturale. In effetti, dalle cure miracolose di Rasputin e degli sciamani siberiani ai trucchi di magia di Wolf Messing, si potrebbe aprire un capitolo dedicato agli X-Files d’oltrecortina. E come dimenticare la fondatrice della società teosofica Helen Blavatsky, una donna comunque straordinaria che si vocifera avesse addirittura combattuto a Mentana tra la fila garibaldine travestita da uomo? Il sincretismo esoterico divulgato da Madame Blavatsky, nata nell’allora Russia meridionale, offriva una miscela di induismo, islamismo, buddismo tibetano, religione egizia, vegetarianismo, proiezione astrale, chiaroveggenza, telepatia, politeismo greco-romano, ermetismo, ellenismo e altro ancora. Alcune canzoni di Franco Battiato come “L’ombra della luce” o “Il re del mondo” si rifanno a quegli insegnamenti. Come ti spieghi questo proliferare dell’occultismo?

L’esoterismo che sta sotto al nazismo, al nazismo magico, è già stato ampiamente analizzato. Ma in molte realtà comuniste è esistito questo filone sottostante, per quanto illogico possa sembrare. Pensa solo al culto della mummia di Lenin. Basandomi su alcune cose che Francesco Dimitri nel suo libro del 2004 sul comunismo magico aveva scritto sul regime cubano ho aggiunto alcuni elementi che ho scoperto io in Venezuela su Chávez, tramite testimonianze che ho raccolto di prima mano, più altre sulla Bolivia che risultavano dalla cronaca. Ma è comunque roba di cui non si è parlato molto in Italia. Ne ho fatto un saggio su Limes intitolato “Il triangolo esoterico” incentrato su Fidel Castro, Chávez e Morales. Fidel Castro si è affidato al sincretismo cubano, alcuni leader della sua rivoluzione avevano delle simbologie che erano tipiche dei santeros, i sacerdoti di questo culto. Chávez ci va giù in maniera ancora più pesante nei suoi tentativi di evocare e addirittura riesumare la salma di Simón Bolívar. Lui pensava di essere la reincarnazione di alcuni personaggi della storia venezuelana. Questo mi è stato testimoniato da una persona che era stata a pranzo con lui. Effettivamente Chávez faceva tenere una sedia a parte a tavola perché lì si potesse sedere lo spirito di Bolivar. Morales ha promosso il culto della Pachamama, la divinità andina equiparata ai culti cattolico e protestante nei programmi scolastici boliviani. Offriva i lama in sacrificio alla Pachamama prima di fare i viaggi all’estero. Se n’è parlato quando papa Francesco ha messo una statua della Pachamama in Vaticano, che poi è stata buttata nel Tevere. Questo filone esoterico sta tornando prepotentemente adesso che formalmente il marxismo è stato rifiutato dal regime russo. Dicono che pure Breznev si facesse curare da una maga. In Corea del Nord cercarono di curare Kim il-Sung con l’aiuto di sciamani insieme agli scienziati. Hai presente Operazione Sottoveste, il film? Quello del sottomarino americano? C’è la scena dello sciamano in cui dicono “abbiamo bisogno di tutti gli aiuti possibili e immaginabili”. Infatti in Corea del Nord utilizzarono sia i medici moderni che gli stregoni. “Qualcosa funzionerà, no?”, si saranno detti. Kim il nonno voleva diventare immortale. Quando è morto l’hanno nominato presidente eterno. Il capo dello stato nordcoreano è sempre e ancora lui nominalmente. Il padre e figlio hanno avuto altre nomine, tipo Capo del Consiglio di Difesa o qualcosa del genere. Quando fanno i congressi del partito essi iniziano con la voce registrata di Kim nonno che fa un discorso: una componente quasi da religione dei faraoni, da divinizzazione degli imperatori romani.

--

--

Marco Zoppas
Mitologie a confronto

Insegnante e traduttore. Autore dei libri “Ballando con Mr D.” su Bob Dylan, “Da Omero al rock” e “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks”