Mantieni piccola la tua identità

Emanuele Cisbani
Mitologie a confronto
4 min readApr 2, 2019

Paul Graham, Febbraio 2009

L’autore di questo articolo è Paul Graham. La traduzione è di Marco Zoppas e Emanuele Cisbani. La versione originale in inglese è reperibile qui.

Finalmente oggi ho capito perché la politica e la religione danno spesso vita alle discussioni più inutili.

Di regola, qualsiasi cenno alla religione in un forum online degenera in una polemica religiosa. Perché? Perché succede con la religione e non con JavaScript o le ricette di cucina o altri argomenti di cui la gente parla nei forum?

La differenza con la religione è che le persone non si sentono in dovere di esserne un minimo competenti per avere opinioni in merito. Tutto ciò di cui hanno bisogno è una qualche forte convinzione, e chiunque può averla. Nessun discorso su JavaScript si svilupperà mai velocemente quanto quelli sulla religione, perché la gente si sente in obbligo di aver superato una certa soglia di competenza per parlarne. Mentre in ambito religioso chiunque si sente di poter dire la sua.

Allora ho pensato: è lo stesso anche con la politica. Anche la politica, come la religione, è un argomento che non richiede una soglia di competenza: basta essere molto convinti.

Cosa hanno in comune la religione e la politica, che spieghi questa coincidenza? Una possibile spiegazione è che trattano di questioni che non hanno risposte chiare, così non c’è alcun freno alle opinioni. Dato che nessuno ha palesemente torto, ogni opinione è ugualmente valida, e avendo questo sentore, ognuno si lascia trasportare dalla propria.

Ma la verità è un’altra. Ci sono certamente alcune questioni politiche che hanno risposte nette, come per esempio il costo di una data politica di governo. Ma anche le domande politiche più chiare subiscono la stessa sorte di quelle più vaghe.

Credo che ciò che accomuna la religione e la politica sia il far parte dell’identità delle persone, e le persone non riescono mai a condurre una discussione costruttiva su ciò che riguarda la propria identità. Si è di parte per definizione.

Quale argomento chiami in causa l’identità delle persone, dipende dalle persone, non dall’argomento. Per esempio un dibattito riguardo un conflitto che includa gli abitanti di uno o più dei paesi coinvolti, potrebbe facilmente degenerare in un diverbio politico. Ma oggi, un dibattito relativo a una battaglia avvenuta nell’età del bronzo, certamente no. Nessuno saprebbe da che parte stare. Così non è la politica all’origine del problema, ma l’identità. Quando si dice che un dibattito è degenerato in una guerra di religione, in realtà significa che è entrata in gioco l’identità delle persone. [1]

Émile FriantLa discussion politique

Poiché arrivare a quel punto dipende dalle persone più che dall’argomento, sarebbe un errore concludere che se una questione provoca guerre di religione allora non può avere risposte. Ad esempio, la questione dei rispettivi pregi dei vari linguaggi di programmazione spesso degenera in una guerra di religione, proprio perché così tanti programmatori si identificano come programmatori del linguaggio X o Y. Questo a volte porta a concludere che non ci sia risposta, che tutti i linguaggi si equivalgano. Ovviamente ciò è falso: qualsiasi altra cosa le persone facciano può essere progettata bene o male; non si capisce perché solo nel caso dei linguaggi di programmazione ciò non sia applicabile. E in effetti si può avere una discussione proficua sui rispettivi pregi dei linguaggi di programmazione, a patto che si escludano quelli che parlano solo in ragione della loro identità.

Allargando il discorso, si può avere una discussione proficua su un argomento solo se non coinvolge le identità dei singoli partecipanti. Ciò che rende politica e religione dei veri e propri campi di battaglia è proprio il fatto che coinvolgono le identità di un sacco di gente. Ma in linea di principio anche su questi temi è possibile avere una conversazione non inutile con alcune persone. Ci sono poi altri argomenti che possono sembrare in teoria innocui, come i pregi delle auto di una marca rispetto a quelli di un’altra, ma di cui in realtà non puoi parlare con gli altri in modo pacifico.

La cosa più affascinante di questa teoria, se giusta, è che spiegherebbe non semplicemente quali tipi di discussione evitare, ma come cercare di avere idee migliori. Se le persone non possono pensare in modo chiaro su nulla di ciò che è entrato a fare parte della loro identità, allora a parità di condizioni, la strategia migliore sarebbe tenere il minor numero di cose dentro la propria identità.

Molte delle persone che leggono questo articolo sono presumibilmente tolleranti. Ma c’è un passo ulteriore rispetto a pensare sé stessi come un soggetto x che tollera un soggetto y: non considerare sé stessi nemmeno più un x. Più etichette indossi, più queste ti rendono ottuso.

Note

[1] Quando succede questo, succede rapidamente, come al nucleo di un’esplosione. La soglia di competenza richiesta per partecipare si azzera, il che coinvolge sempre più persone, pronte a dire cose incendiarie, attirando altre contrapposizioni sempre più infuriate.

[2] Ci possono essere alcune cose che conviene includere nella propria identità. Per esempio l’essere uno scienziato. Ma probabilmente si tratta più di un segnaposto che di una vera etichetta, come scrivere la sigla NMI (No Middle Initial) in un modulo che richieda di inserire l’iniziale intermedia del tuo nome (middle initial), perché questo non ti impegna a credere in nulla di particolare. Uno scienziato non è vincolato a credere nella selezione naturale nello stesso modo in cui un letteralista biblico è vincolato a rigettarla. Tutto ciò a cui lui è vincolato è seguire l’evidenza ovunque essa porti.

Considerarsi uno scienziato equivale a mettere in un armadio un cartello con la scritta “questo armadio deve restare vuoto”. Certo, a voler essere pignoli, stai mettendo qualcosa nell’armadio, ma non nel senso ordinario.

Ringrazio Sam Altman, Trevor Blackwell, Paul Buchheit, e Robert Morris per aver letto la bozza di questo articolo.

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Emanuele Cisbani
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Tecnico: per la libertà dai vincoli della natura. Anarchico: per la libertà dal potere dei tiranni. Cattolico: per l'universale libertà dei figli di Dio.