Michel Houellebecq e la musica rock

Marco Zoppas
Mitologie a confronto
4 min readJun 27, 2020
Fonte: www.mangialibri.com

Non glielo daranno il Nobel. Non a uno scrittore che prende di mira i perbenismi, e senza peli sulla lingua concentra parte del suo repertorio su vecchie battone frustrate dalla vagina inesplorata; semi-impotenti a cui il cazzo serve solo per pisciare; uomini fanaticamente dediti alla masturbazione; discettazioni sui vantaggi della spagnola e dello sperma in faccia; invettive contro la proibizione di fumare nei locali pubblici; elogi per le prostitute che spompinano senza preservativo, e via dicendo. Se non altro Houellebecq ha la faccia tosta di non vergognarsi mai.

Fin qui nulla di strano, lo potresti benissimo ignorare come capita di fare con un inopportuno rompiscatole che ti attacca discorso con in corpo qualche bicchiere di troppo. Ma Michel Houellebecq ha il merito di presentare, nel suo lucido delirio, una disamina ineccepibile dell’inabissarsi dell’Occidente in un suicidio senza fine. La colpa, ahimè, sta tutta nella musica rock. Leggerlo è una doccia fredda. Si vengono a conoscere retroscena poco simpatici sulla nascita delle comunità fondate in nome della libertà sessuale e sull’aprirsi delle porte di conoscenza tramite le esperienze psichedeliche. Lo squallore di quegli anni — i mitici anni sessanta — viene vivisezionato come se il rock’n’roll fosse un topo da laboratorio e si giunge alla conclusione che il messaggio della cosiddetta controcultura, nella sua versione edonista-libidica, nonostante la contestazione del capitalismo concordava con l’industria del divertimento sul punto essenziale: distruzione dei valori morali giudaico-cristiani, apologia della gioventù e della libertà individuale. I movimenti giovanili fanno il gioco dell’economia conducendo alla civiltà del tempo libero, tutti sospinti o condannati alla ricerca del piacere.

Houellebecq raggiunge l’apice di sarcasmo e livore quando si scaglia contro il ’68 e i suoi nostalgici. Come minimo li definisce degli emeriti cretini per aver proclamato la superiorità della gioventù sull’età matura senza prevedere l’inesorabile effetto boomerang di questa presa di posizione, visto che sarebbe toccato anche a loro di invecchiare. Le spietate descrizioni della deriva New Age di questi ex giovani sessantottini appassiti nelle comunità alternative sono tra le sue pagine più gustose. Ma come hanno fatto a non capire che l’afflosciarsi delle loro carni li avrebbe relegati all’imbarazzo e alla solitudine privi della protezione di un tessuto sociale che loro stessi avevano voluto distruggere? Per che cosa? Per ritrovarsi poi come dei coglioni in età avanzata alla ricerca di nuovi valori spirituali? Stritolati in un sistema di seduzione allargato che rispetta solo la giovinezza? Houellebecq è magistrale nel mettere in scena la commedia dell’arte dell’amore fisico, con il definitivo passaggio all’era del consumismo erotico e con gli sforzi patetici di chi arranca per starci dietro tra crisi di pianto continue e inutili quanto costose sedute dallo psicanalista. Coloro che si sentono liberati per aver abbracciato una visione edonista della vita non sono altro che elementi passivi di un movimento storico, di una tappa evolutiva (o involutiva).

Houellebecq smaschera la grande truffa del rock’n’roll meglio dei Sex Pistols. Parte dall’assunto incontestabile che nella storia dell’umanità non c’è stato mai nulla, dopo la divinizzazione dei faraoni nell’antico Egitto, di paragonabile al culto dedicato alle rockstar. Nell’industria del divertimento conta soltanto la gloria mediatica e allora il valore di un banchiere, un ministro o un imprenditore impallidisce rispetto alla venerazione di cui godono i nuovi idoli da palcoscenico. Ci si sottomette volentieri perché una volta smantellati i vecchi ideali rimane il bisogno di una religione sostitutiva. I vari Mick Jagger, Grateful Dead e Snoop Dogg fanno da perfetto surrogato.

L’ennesima provocazione dello scrittore francese è che gli hippy hanno vinto. Non sono un rimasuglio del passato, si sono riciclati tramite dottrine su chakra e cristalli più che mai di moda, tramite movimenti ambientalisti e animalisti per il reinserimento di lupi cinghiali e serpenti nelle campagne con conseguente incazzatura di contadini e pastori. Le invettive contro vegetariani, ecologisti e mangiatori di carote biologiche sono sparse ovunque nelle “Particelle Elementari”, uno dei suoi romanzi più acclamati in cui esplora il lato sinistro della Stagione dell’Amore, la violenza fisica come conseguenza dei desideri e dell’intolleranza dogmatica degli hippy. Sarà un caso se la California ospita così tante sette sataniche? Sesso e morte sono destinati a intrecciarsi. Esaurito il primo livello di godimento gli individui si sentono svincolati dagli obblighi morali, possono lanciarsi in riti orgiastici sempre più estremi e crudeli. Charles Manson allora non rappresenta più “una mostruosa deviazione dell’esperienza hippy, bensì il suo logico risultato”.

E allora perché Houellebecq sa dedicare alcune delle sue pagine più belle, profondamente riconoscenti, ad artisti come Leonard Cohen, Neil Young, Iggy Pop, gli Stooges e Nick Drake nei suoi articoli scritti per la storica rivista francese “Les Inrockuptibles”? Che cosa lo ha portato ad esibirsi dal vivo in concerti-lettura con formazioni rock? Un binomio con questa forma artistica che risulta vero e sentito, tanto che l’autore ha più volte dichiarato giusto paragonare la canzone alla poesia, e affermato in un’intervista rilasciata a Christophe Conte e Nelly Kaprièlian nel 2018 che “la canzone è un’arte per la quale nutro la più grande ammirazione”.

Lui, conclamato poeta (per quanto controverso), ritrova l’umiltà e si inchina di fronte al potere della musica leggera per dire che certe canzoni sono “di una semplicità perfetta che mi piacerebbe riuscire a raggiungere, e a ogni modo è ciò che cerco”.

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Marco Zoppas
Mitologie a confronto

Insegnante e traduttore. Autore dei libri “Ballando con Mr D.” su Bob Dylan, “Da Omero al rock” e “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks”