Perché si dice “Top Management” e mai “Bottom Management”?

Ennio Martignago
Benessere, Lavoro e Innovazione 
3 min readMar 25, 2015

di Henry Mintzberg

Nelle nostre organizzazioni si parla di “top management”. Anche di “middle management”. Allora perché non si usa “bottom management”? Dopo tutto, questi manager sanno bene che se un manager è in alto e altri sono nel mezzo, devono essercene anche sul fondo.

Questo non tanto per dirci di più a proposito del “bottom”; per parlarci piuttosto del “top”: che non è nulla più che una metafora, e tutto sommato una sciocchezza. Al top di che cosa?

1. Sulla parte superiore del grafico? Per mettersi al sicuro. (Vedere qui sotto). Ma se si mette il grafico in orizzontale su un tavolo si vedrà il top management per quello che è: non è di fatto superiore a qualunque altro. Perché siamo così ossessionati con la gerarchia — con chi ci si trova al vertice di chi? È tutto quello che c’è in una organizzazione? Penseresti così se fossi tentato di trovare qualsiasi altra rappresentazione grafica del posto.

2. Normalmente si dice “in cima” intendendo sopra un edificio. Si usa per dar l’idea di una panoramica migliore? Da lassù, i top manager possono vedere tutto in generale, e niente in particolare. Tenete presente che il più basso dei bottom manager di Denver siede migliaia di metri più in vetta del più alto dei top manager di New York.

3. E allora, dalla cima si coglie bene quello che sta succedendo all’interno dell’organizzazione? Certo che no. Percepirsi arroccato sulla cima di una organizzazione è il peggior modo per capire cosa sta accadendo all’interno di essa. Uno dice “top” e noi immaginiamo qualcuno che si libra sopra il luogo, come se si trovasse su una sorta di nuvola, lontano da tutte quelle persone che fanno i prodotti e offrono i servizi.

E dunque che dire? Ci liberiamo di “top management” (intendo dire del nome). Al suo posto possiamo usare “Central Management”, come mostrato nel cerchio interno della figura qui sotto. Questo suggerisce l’idea che sia una figura essenziale ma non superiore, per quanto permanga al di fuori dell’operatività, almeno in questa rappresentazione è chiaro.

Nel cerchio esterno, tutto intorno l’organizzazione, abbiamo messo quei manager che affrontano al mondo, che sono a stretto contatto con i clienti e con i dipendenti operativi. Per questo possiamo chiamarli manager operativi.

E tra i dirigenti centrali ed i responsabili operativi si trovano i manager di collegamento. Anche qui essi fungono da traduttori tra il centro e l’operatività, ma anche da portavoce delle idee migliori prodotte durante l’operatività a beneficio del centro. Non si trovano più, come Sisifo, a doverlo fare spingendo in salita!

Così, invece di vedere il manager intermedio come il tubo di scarico dell’organizzazione — sperduto da qualche parte nelle intercapedini, da usare alla prima occasione per far fuori (lo si chiama “downsizing”: s’intende massacro) — questo manager di collegamento può essere visto come uno degli attori essenziali nella creazione di cambiamento costruttivo. In realtà, i migliori fra loro che beneficino ancora di una prospettiva ampia abbastanza da poter apprezzare il quadro generale della situazione da un punto di vista abbastanza terra a terra da permetter loro di contribuire allo sviluppo, possono rivelarsi strateghi chiave dell’organizzazione.

Per concludere, se vuoi fare qualche ridimensionamento utile nell’organizzazione, comincia dal tronfio vocabolario del “top management”. Smetti di usarlo. In questo modo si può cessare di guardare su e giù, per capire chi è più e meno importante, cominciando invece a guardarsi intorno, prestando l’attenzione a tutti i propri stimati colleghi.

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Ennio Martignago
Benessere, Lavoro e Innovazione 

Master of curiosity and soul sharing, “circlesquaring man” and builder of impossible balancing; ph. d. in psychesoterology, freedomosophy and managemanarchy