Caro Michele,

Matteo Papadopoulos
Mondi meditabondi
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7 min readFeb 22, 2015

sono passati diversi giorni e devo dirtelo: nessuno di questi è stato facile. Ho parlato con alcuni amici comuni e tenuto d’occhio la tua bacheca facebook, colma di saluti, belle parole e di buone speranze. Io ho taciuto, perché non so più bene come esprimermi di fronte a questi avvenimenti.

Ho preferito fermarmi a riflettere per poi trovarmi qui, il sabato notte, a scriverti e delirare un po’. Forse sarebbe più onesto dire che scrivo a me stesso ma scelgo comunque questa forma, una lettera scritta a te, anche se so che non la leggerai. Mi piace pensare di poter parlare ancora una volta nel modo in cui facevamo nelle nostre serate da emigranti in quel di Milano, il mio complice romano dagli occhi buoni e sorridenti!

Ho deciso di scrivere per condividere con te alcune riflessioni su un tema di cui tu ora hai esperienza mentre io continuo a far supposizioni: la morte.
Se solo tu potessi raccontar qualcosa, ci faresti davvero un bel regalo, sai! ☺

Ricordi quando passammo un’intera serata a discuterne? Beh, anche se non è passato molto tempo, le mie idee sul tema sono decisamente cambiate. E devo dire che in 40 anni sono cambiate diverse volte. Mi ritrovo oggi a non avere ancora nulla di concreto in mano.

Da ragazzino e poco più, era l’aspetto mistico ad affascinarmi maggiormente. Mi sono scervellato rimuginando sul “post-mortem” fino a convincermi, sulla base della logica, che la vita non ha senso se tutto finisce con la morte. Quante volte l’abbiamo letta e discussa questa frase, pensando al suo significato. La morte è solo un evento che cambia lo stato energetico vitale che va al di là del corpo, non ha senso che finisca, quindi continua in altri spazi. Me ne sono convinto al punto tale che la paura della morte è svanita, tanto che anche le dipartite più vicine di amici e parenti, non hanno sconvolto di dolore la mia esistenza. Ho sentito piuttosto una sensazione interna di pace e rilassamento, accompagnata da una anomala “allegria”, una sincera vicinanza armoniosa con quella persona, immaginando lo stato idilliaco del caro estinto che finalmente poteva vagare libero in spazi infiniti (a fare non so che!). Adesso dimmi Miché, è davvero così?!

Dichiaro davanti a voi e davanti a tutti, la mia fede irremovibile basata sull’esperienza che la morte non chiude il futuro ma che la morte, al contrario, modifica lo stato provvisorio dell’esistenza per lanciarla verso la trascendenza immortale. — Silo

Una sera, parlai di questo tema proprio con Silo che, con una singola frase, smontò il mio modo di procedere nel ragionamento.

Non è importante cosa c’è dopo, se pensi che tutto finisca o che la vita continui. L’importante è arrivare preparati al momento.

Tanto banale e tanto semplice quanto illuminante in quel particolare momento della mia ricerca interna. E anche apparentemente contraddittorie le due affermazioni, se le confrontiamo dal punto di vista della mia credenza. Ma non è questo il punto che voglio raccontarti.

Negli anni ho accumulato esperienze che mi hanno profondamente convinto dell’importanza di un attitudine coerente con i propri valori profondi; quello che abbiamo tanto discusso insieme parlando del “proposito”. Inoltre ho imparato l’importanza di comprovare le cose, cercando di dimostrare la validità delle ipotesi, senza prenderle come verità basate su mere congetture. Quindi, come dimostro le mie teoriche convinzioni sugli stati idilliaci post morte? Non ne ho la minima esperienza, questa è la verità con cui posso far crollare le mie credenze giovanili.

In questa fase ho messo in pratica le riflessioni per cui “vivere una vita coerente”, al di la delle basse tentazioni, fosse un buon modo per restare integro internamente. Con l’avanzare dell’età sono diventato anche più prudente, una forma di maggiore rispetto nei confronti della Vita. In sintesi: meno rischi, evitare sgarbi al mio prossimo, niente compromessi contraddittori con me stesso. Il mio modo per arrivare preparato al momento del giudizio finale.

E daje!!! Ancora credenze! Chi è che alla fine giudicherà il nostro operato? Un Dio? Una schiera di Dei? Una qualche commissione di entità superiori che vagliano le nostre contraddizioni al fine di puntarci addosso il ditino scuotendo la testa? Insomma Michele, diciamolo, se così fosse, con tutti gli imprechi alla toscana che abbiamo sfoderato a suon di grasse risate, non abbiamo troppe speranze di passare l’esame! Lasciamo da parte le mitologie clericali a cui nessuno di noi era attaccato. Proviamo a prendere in considerazione un’ipotesi diversa: forse quel giudizio ognuno lo fa con sé stesso… pensiamo per esempio alla storia dei tunnel di cui tanti parlano, della vita che scorre velocemente al contrario. E se non fosse altro che un modo di fare un riesame utile alla coscienza per valutare in breve tempo una vita intera? Potrebbe essere, no? Se i registri sono buoni, vai avanti, se no puppa.

Tutto questo mi ha portato a credere alla validità delle parole dell’amico argentino e “arrivare preparato”, a testa alta, riconciliato con le cazzate fatte in passato. Se poi davvero ci sarà una commissione suprema, non posso saperlo adesso e quindi non me ne preoccupo, mi troveranno pronto a prescindere! Intanto faccio i conti con me stesso.
Questo nuovo modo di pensare ha creato in me una sorta di distaccamento dagli aspetti mistici a cui ho aderito negli anni addietro, lasciandomi comunque una tranquillità interiore che mi ha permesso di non soffrire per le perdite dei cari a cui posso solo augurare di aver trovato la propria coerenza.

Poi arriva Matilde. Ricordo quando mi raccontavi della tua nipotina Sofia: ne eri innamorato, assolutamente entusiasta. Ti capivo in quel periodo, vivendo anche io un’esperienza da zio. Ma l’esperienza da babbo, caro Michele, è una cosa che non so spiegare, non esistono nelle lingue parlate, le parole giuste per raccontare quello che succede nel cuore e nella mente. Oltre all’estasi (che toglie lucidità, sia chiaro) l’avvento porta con sé un lato oscuro e la mia tranquillità sul tema “morte”, piano piano, è svanita: e se dovessi morire ora? Cazzo Micky, mi girerebbero parecchio le palle. E sai perché? Perché voglio avere il tempo di insegnarle quelle poche cose che so, voglio vederla crescere, voglio vederla essere. Di fatto adesso ho paura di morire. Magari non ho paura della morte come evento negativo. Però ho sicuramente paura di morire troppo presto. Ho avuto un piccolo problema di alterazione cardiaca lo scorso Natale e sono andato nel panico assoluto. Poi, ti ci metti tu a ricordarci con forza bruta che non siamo più ragazzini e che se anche lo fossimo, il domani è solo un dono a cui dover dare valore. Del doman non v’è certezza.

Ok, hai ragione, torniamo sulla questione Matilde. Ricapitolando, ho passato 35 anni a prendere accordi con la Signora Morte, incasellandola in alcune credenze che mi permettevano di raccontarmi che avrei potuto morire in qualunque momento, senza rimpianti e con la coscienza a posto: o sarei passato in un altro spazio, avrei volato libero verso l’infinito energetico o, meno magicamente, avrei fatto i conti con le mie azioni dopo una vita tutto sommato coerente.

Prima di lei, avrei potuto anche morire senza rimpianti. Adesso non più.

Concorderai, caro amico, che questo mi crea qualche problema. Sono quindi incatenato alla sua esistenza? Incatenando di conseguenza pure lei alla mia? Oppure l’apparente tranquillità sul tema non è stata altro che una continua assenza di senso, per cui vivere o morire era la stessa cosa? Matilde mi proietta in un futuro a cui non posso mancare? Diventa lei il mio senso provvisorio?

No, tutto questo è inaccettabile e mi pone di fronte a nuove domande. O meglio, sono sempre le solite domande che ci siamo fatti per una vita intera e che oggi acquisiscono un significato differente. Fanculo la morte Michele, parliamo della vita… ma che cazzo di senso ha questa vita? Anni di lotte sociali, di lavoro personale, di ricerca interiore, di chiacchierate profonde per poi avere la sensazione di aver cercato per qurant’anni risposte facendo le domande sbagliate. Oggi do valore alla coerenza con il “trattare gli altri come vorrei essere trattato”, cerco di applicarla nel mio ambito immediato, cerco di costruire realtà decenti nel terrificante mondo del lavoro… ma domani, oggi, durante il pisolino pomeridiano, potrei morire. E cosa lascio? Cosa lascio a Matilde? Non solo: cosa lascio al mondo? In che modo ho contribuito all’evoluzione della Vita? Forse con la mia sola esistenza? Perché comunque siamo solo un numero utile a far statistica nell’evoluzione di milioni di anni in cui la Vita scorre? Allora potremmo davvero far qualunque cosa, tutto è concesso…

No! qui c’è distruzione e il pensiero è distorto caro Michele, lo so.
Ma viene fuori così nei momenti di sconforto.

Quel che penso oggi è ancora diverso amico mio. Sono rimasto molto scosso dalla tua morte perché così facendo, mi hai messo di fronte alla mia. Ancora una volta mi hai aiutato a riflettere e non posso che ringraziarti, un po’ egoisticamente e a malincuore. Se c’è davvero una commissione di super-esseri, falli sbellicare dal ridere. Se c’è altro, goditelo. E se non c’è nulla? Sarà la dimostrazione che nonostante tutto, tu continui ad esistere qui. Non mi mancheranno le tue battute e le risate. Per me sei nella stanza accanto, e quella stanza è il mio cuore. Posso sentirti ridere in ogni momento e posso continuare a riflettere pensando a te. Rimarrai nel cuore di tutte quelle persone che hanno avuto la fortuna di incontrarti anche solo per il tempo di un caffè. Forse è questa la trascendenza: quando le tue azioni, trascendono il momento finale, alla faccia di quel che avviene dopo. Pertanto, quel momento non è la fine di tutto. È la fine di uno stato biologico, certamente, ma ciò che hai fatto in vita continua in chi rimane, nella cultura di chi hai influenzato, nei libri di storia, nell’immaginario collettivo che può usare quelle azioni come modello per farne delle altre, contribuendo così in maniera attiva all’evoluzione.

Io rimango qui (senza avere idea per quanto) a pensare cosa posso far di valido nel mondo, a come dare un senso profondo alla mia vita, come liberare me e i miei cari dalle invisibili catene della sofferenza, a come costruire felicità. Rimango a far qualcosa che vada oltre questo “io” che altrimenti avrebbe sempre paura di morire.

Ti voglio bene Miche! :*

Matteo.

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Matteo Papadopoulos
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