Impegno etico

Matteo Papadopoulos
Mondi meditabondi
Published in
4 min readFeb 14, 2015

In questi giorni ci sono state varie situazioni che mi hanno stimolato a riprendere una vecchia riflessione di quando ero ragazzo, rispetto alle responsabilità di chi nasce in condizioni fortunate. Con fortuna non intendo necessariamente situazioni di grande agio economico. Anche se ci piace molto lamentarci, siamo (più o meno tutti) nati con la possibilità di avere un’istruzione, cibo, agevolazioni, un posto caldo, un lavoro (non sempre effettivamente), degli interessi, l’informazione. Questo ci porta inevitabilmente ad avere mentalmente più energia libera rispetto a chi deve combattere quotidianamente per la sopravvivenza.

Non è una questione francescana per cui “chi ha” deve “dare” i suoi averi. No, no! Parlo di un altro piano. Chi ha, dovrebbe mettere la propria fortuna al servizio del miglioramento della situazione di altri. È un impegno etico molto pratico a cui si aderisce col cuore e con le mani, in modo disinteressato: voler far bene le cose e metterle al servizio del mondo.

Per questo tanti anni fa ho aderito al manifesto etico del Centro Mondiale di Studi Umanisti che qui riporto integralmente.

Siamo in un mondo in cui molti sono ancora disposti a vendere la propria conoscenza e il proprio sapere per qualsiasi fine. Questo ha portato a coprire il nostro pianeta con macchine di morte. Altri hanno utilizzato il proprio ingegno per inventare mezzi al fine di manipolare, zittire e addormentare la coscienza della gente.

Ma esistono, in diverse latitudini, donne e uomini che utilizzano la Scienza e la Conoscenza per superare la miseria, la fame, il dolore e la sofferenza, per dar voce e fiducia agli oppressi. Oggi, agli inizi del terzo millennio, la sopravvivenza dell’Umanità è minacciata e sulla nostra Terra incombe un incubo di violenza, guerra ed ecatombe nucleare.

Per questo, esprimiamo oggi il nostro impegno di utilizzare le conoscenze solo per il benessere e lo sviluppo dell’essere umano.

Scelgo e mi impegno a dare impulso allo sviluppo della conoscenza al di sopra di quanto viene accettato come verità assoluta.
Mi impegno ad applicare tale conoscenza solo al benessere dell’essere umano, per il superamento del dolore e della sofferenza.

La buona conoscenza porta alla giustizia.
La buona conoscenza porta alla riconciliazione.
La buona conoscenza porta, inoltre, a svelare il sacro nella profondità della coscienza.

Lanciamo un appello da questo luogo a tutte le università, scuole, istituti di ricerca, organizzazioni sociali e culturali, affinché si istituisca questo impegno etico, in modo da ottenere che la conoscenza venga utilizzata solo per vincere il dolore e la sofferenza, per umanizzare la Terra.

Omaggio a Galileo

di Salvatore Puledda — Piazza di Santa Croce, Firenze, 7 Gennaio 1989.

«Io, Galileo Galilei, lettore di matematiche nell’Università di Firenze, pubblicamente abiuro la mia dottrina che il Sole è il centro del mondo e non si muove, e che la Terra non è il centro del mondo e si muove. Con cuore sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto i suddetti errori ed eresie, e qualunque altro errore, eresia e setta contrari alla Santa Chiesa.»

Questo è il testo dell’abiura strappata a Galileo il 22 Giugno 1633 dal Tribunale dell’Inquisizione sotto la minaccia della tortura. Galileo abiurò per non subire la sorte di Giordano Bruno, condotto al rogo con un legno incastrato nella bocca perché non parlasse, e bruciato in Campo De’ Fiori a Roma in un giorno d’inverno del 1600. Giordano Bruno, che aveva proclamato l’infinità dell’Uomo e dell’Universo, l’esistenza di innumerevoli mondi…

Solo dopo tre secoli, i “discendenti” di coloro che avevano costretto Galileo all’abiura hanno ammesso di mala voglia il loro errore, e Giordano Bruno aspetta ancora giustizia…

Ma né la tortura né il rogo hanno impedito che uomini e donne coraggiosi impugnassero il telescopio e lo puntassero non solo verso le stelle ma anche contro coloro che li opprimevano e li sfruttavano.

Ma questi, i potenti della terra, hanno ben presto capito che la Nuova Scienza poteva essere usata per alimentare la loro avidità e per estendere i loro privilegi. E così hanno allevato “una progenie di gnomi inventivi” — come li ha chiamati Bertold Brecht — pronti a vendere la loro scienza per qualsiasi scopo e a qualunque prezzo.

Questi gnomi intelligenti e ciechi hanno cercato in tutti i modi di piegare la natura alla volontà di potere dei loro padroni e hanno coperto la terra di macchine di morte. Altri hanno usato il loro ingegno per inventare nuovi mezzi per manipolare, tacitare, addormentare la coscienza dei popoli. Mezzi più sofisticati e “puliti”, ma non meno dolorosi ed inumani del bastone incastrato nella bocca di Giordano Bruno.

Certo, sappiamo che innumerevoli altri uomini e donne hanno usato la Nuova Scienza per alleviare la fatica e la fame, il dolore e la sofferenza dell’Umanità, per strappare il bavaglio dalla bocca degli oppressi, per dare loro voce e fiducia.

Ma sappiamo anche che oggi, mentre il secondo millennio dell’Occidente volge al tramonto, la sopravvivenza dell’intera specie umana è minacciata e sulla nostra casa comune, la Terra, incombe l’incubo della catastrofe ecologica.

È per questo che noi Umanisti, venuti dai quattro angoli della Terra, chiediamo qui, davanti all’edificio che ospita la tomba di Galileo, chiediamo a tutti gli scienziati della Terra di usare finalmente la Scienza ad esclusivo beneficio dell’Umanità.

Con la voce che è stata tolta a Giordano Bruno e come a lui a milioni di oppressi, con quella voce che ora risuona in questa piazza, lanciamo questo appello: che in tutte le università, in tutti gli istituti di ricerca, venga istituito un giuramento, un voto solenne — analogo a quello creato da Ippocrate per i medici nell’alba dell’Occidente — di utilizzare la Scienza solo ed esclusivamente per vincere il dolore e la sofferenza, per umanizzare la Terra.

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Matteo Papadopoulos
Mondi meditabondi

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