«Fuori il Pd dalla scuola»

massimiliano
6 min readJun 28, 2015

Il patto per tenere unito il Par­tito Demo­cra­tico nelle mani di Renzi ha tenuto e l’agnello della scuola è stato sacri­fi­cato. La sini­stra Dem ha votato la fidu­cia sul Ddl Renzi, ha sal­vato il governo e ha segnato la pro­pria fine. «È la peg­giore fidu­cia pos­si­bile — ha ammesso il sena­tore Pd Miguel Gotor, docente uni­ver­si­ta­rio — per­ché viene data a un governo che con il suo com­por­ta­mento mostra di non avere fidu­cia nel mondo della scuola. Que­sto non è il par­tito né il pro­gramma con cui nel 2013 noi sena­tori del Pd ci siamo pre­sen­tati alle ele­zioni. Gli ita­liani e gli elet­tori non ci per­do­ne­ranno facil­mente que­sto tra­di­mento». Il voto è stato dato per evi­tare di far cadere il governo — «il paese non può asso­lu­ta­mente per­met­ter­selo» — e per «disci­plina di par­tito» — ha pre­ci­sato Gotor.

Una pie­tra tom­bale per l’equivoco rap­pre­sen­tato dalla «sini­stra» Pd. Un equi­voco durato quin­dici anni: è dalla riforma Ber­lin­guer che gli eredi del par­tito comu­ni­sta (Pds-Ds-Pd) usano i voti degli inse­gnanti per fare poli­ti­che con­tro la scuola e l’istruzione pub­blica. Renzi rap­pre­senta la svolta: con lui il Pd ha mostrato la sua inter­nità al pro­getto neo­li­be­ri­sta, azien­da­li­sta e auto­ri­ta­rio isti­tuendo il «preside-manager», la chia­mata diretta dei docenti, un vul­nus alla libertà di inse­gna­mento, aggra­vato dall’introduzione del prin­ci­pio del nepo­ti­smo nella scuola che si mani­fe­sterà quando i pre­sidi dovranno sce­gliere tra migliaia di cur­ri­cu­lum il loro docente preferito.

Il mes­sag­gio è stato con­te­stato dai due­mila mani­fe­stanti che ieri a Roma hanno sfi­dato con i sin­da­cati Flc-Cgil e Cobas, Cisl e Uil Scuola, Gilda e Snals l’afa di fine giu­gno per pro­te­stare con­tro un par­tito che si è arreso al suo lea­der nella spe­ranza di pun­tel­larne il governo. A fare le spese del «tra­di­mento» è stato Cor­ra­dino Mineo, il sena­tore Pd «dis­sen­ziente» che con Wal­ter Tocci e Felice Cas­son, ieri non ha par­te­ci­pato al voto al Senato. Men­tre era ancora in corso il voto al Senato, Mineo ha aggi­rato l’imponente mas­sic­ciata degli auto­blindo della poli­zia che hanno impe­dito al cor­teo di rag­giun­gere il Senato, bloc­can­dolo in piazza Sant’Andrea della Valle. Mineo ha seguito Ste­fano Fas­sina, che però si è dimesso dal Pd 48 ore fa e ha sfi­dato la ten­sione immer­gen­dosi nella folla facen­dosi inter­vi­stare nello spa­zio tra i poli­ziotti con scudi e caschi e la prima fila del cor­teo in piazza Sant’Andrea della Valle. Accanto a lui, stretto tra cor­doni e urla, Arturo Scotto di Sel. La scelta di Mineo di non votare «no» alla fidu­cia, e di non pre­sen­tarsi in Senato, ha creato subito forti tensioni.

«Che ci fai qui — gli ha chie­sto un’insegnante in un capan­nello, tra tele­ca­mere, regi­stra­tori e mega­foni — Non lo capi­sci che con il tuo par­tito ormai la rot­tura non è più ricu­ci­bile?». Mineo si è ritro­vato da solo, ha mostrato corag­gio, men­tre la rab­bia e la fru­stra­zione si è sca­ri­cata con­tro di lui. «Per­ché non hai votato no?» gli ha chie­sto un altro inse­gnante. «Non l’ho fatto per­ché avrei accet­tato il ricatto di Renzi» ha rispo­sto Mineo. Una spie­ga­zione che non è stata per­ce­pita. Il Pd è il par­tito che ha «tra­dito». «Te ne devi andare!». «Esci da quello schifo, ci vuole dignità!».

La ten­sione è salita alle stelle. Mineo ha cer­cato una via di fuga, senza tro­varla. «Vai in aula e vota no, ver­go­gna!» gli ha detto un inse­gnante, pao­nazzo. A sal­vare il sena­tore è arri­vato Piero Ber­noc­chi dei Cobas che lo ha stretto con un brac­cio e lo ha por­tato fuori dalla piazza. Tre­cento per­sone li hanno seguiti. Il ser­vi­zio d’ordine dei Cobas ha cer­cato di fare cor­done, men­tre qual­cuno gri­dava al sena­tore: «Porci, siete tutti attac­cati alle pol­trone!». Ber­noc­chi è riu­scito a met­tere in sicu­rezza Mineo die­tro un cor­done di poli­zia dopo un inse­gui­mento di cin­que­cento metri in Corso Vit­to­rio Ema­nuele. La poli­zia si è schie­rata, i blin­dati sono avan­zati. Nes­suno da quella parte ha capito cosa stava accadendo.

Una scena dram­ma­tica. Le più furenti erano le inse­gnanti, in grande mag­gio­ranza al cor­teo. «Il Pd ha finito con la sini­stra — ha argo­men­tato una docente, una volta scesa la ten­sione men­tre le cam­pane della Basi­lica di Sant’Andrea della Valle suo­na­vano per la messa delle 19 — Que­sto non è il Pd che è stato votato». Sin­go­lare asso­nanza con la posi­zione di Gotor qual­che minuto prima in Senato. Il dato poli­tico di una vicenda nata male, e finita peg­gio, è con­fer­mato. La riforma pas­serà, ma d’ora in poi nes­sun par­tito potrà usare i voti di sini­stra per fare poli­ti­che di destra. Agni­zione tar­diva, avve­nuta troppo tardi, alla fine di un sonno durato tre lustri. Tutto que­sto fa parte della tra­ge­dia ita­liana. La mani­fe­sta­zione ha tenuto. Alle 20,30 gli inse­gnanti erano ancora seduti sull’asfalto del Corso in assem­blea. L’ultimo atto di resi­stenza in una gior­nata ini­ziata all’alba dai sin­da­cati e dagli stu­denti dell’Uds al Miur e nei prin­ci­pali monu­menti della Capi­tale. Insieme hanno espo­sto lo stri­scione: «Fidu­cia nel palazzo, sfi­du­cia nelle scuole».

*Aggior­na­mento, venerdì 26 giugno:

Mineo rico­strui­sce la con­te­sta­zione subìta in piazza, prima in que­sto modo: «Io con­te­stato in piazza? Non sarebbe suc­cesso niente se non ci si met­te­vano i sin­da­ca­li­sti» ha detto ieri a Il Mani­fe­sto. Oggi, a Repub­blica Tv, sostiene che la respon­sa­bi­lità dell’accaduto sarebbe di Piero Ber­noc­chi (Cobas) il quale “ha pen­sato bene che fosse utile allon­ta­narmi e que­sto ha per­messo a 4 o 5 per­sone di sfo­garsi. L’intervento quindi è stato poco prov­vido, me la sarei cavata meglio da me”. Oltre alla cro­naca in presa diretta, rac­colta nell’articolo, le imma­gini sono suf­fi­cien­te­mente chiare per dimo­strare che Mineo avrebbe rischiato di subìre un lin­ciag­gio e che Ber­noc­chi lo ha gene­ro­sa­mente sot­tratto da con­se­guenze spia­ce­voli per Mineo e com­pli­cate per tutti i sin­da­cati. In una nota Ber­noc­chi defi­ni­sce “sven­ta­ta­mente scia­gu­rata” la pre­senza in piazza di Mineo” che ha avuto non solo la fac­cia tosta di venire a van­tar­sene tra i mani­fe­stanti infu­riati, ma che ha pure insul­tato chi lo ha sal­vato dalla pur sacro­santa rab­bia popolare”.

Le rea­zioni

Sin­da­cati: «Ricorsi a piog­gia in tri­bu­nale». Ven­dola: «Renzi peg­gio di Gel­mini». Taverna (M5S): «Ecco il vero Pd. Che schifo che deve essere una vita da schiavi»

Oppo­si­zioni esau­to­rate, una società in movi­mento con­tro il Ddl Scuola messa a tacere, un caos ammi­ni­stra­tivo di dimen­sioni ancora sco­no­sciute nelle scuole e l’ingiustizia con­tro i docenti pre­cari abi­li­tati. Que­sti i primi effetti dell’ostinazione cieca del governo sulla riforma della scuola. «A set­tem­bre, con la ripresa delle lezioni, la scuola si tro­verà ad affron­tare il caos per colpa di una riforma desta­bi­liz­zante che dovrà essere solo con­tra­stata. Con­ti­nue­remo la nostra bat­ta­glia in tutte le sedi, non escluse le aule dei tri­bu­nali» sostiene Fran­ce­sco Scrima (Cisl).

“Il governo e il Pd — aggiunge Rino Di Meglio (Gilda) — hanno oggi con­su­mato uno strappo insa­na­bile con gli inse­gnanti, una frat­tura che sicu­ra­mente avrà con­se­guenze sul piano elet­to­rale. Il 7 luglio, data fis­sata per l’ultimo pas­sag­gio par­la­men­tare, scen­de­remo ancora in piazza tutti uniti a gri­dare a gran voce il nostro no alla riforma. “Se il pre­si­dente del Con­si­glio pensa di aver vinto la guerra, si sba­glia di grosso — sostiene Dome­nico Pan­ta­leo (Flc-Cgil) –il mondo della scuola si bat­terà con tutti gli stru­menti con­sen­titi dalla legge affin­ché que­sta riforma inco­sti­tu­zio­nale venga can­cel­lata. Ci oppor­remo adesso e a set­tem­bre in tutti i modi pos­si­bili all’attuazione di quei con­te­nuti che distrug­gono la scuola pub­blica”. Mar­cello Paci­fico dell’Anief annun­cia un ricorso a tap­petto per i 70 mila docenti abi­li­tati esclusi dalle assun­zioni già a settembre.

“C’erano altre strade — sostiene la segre­ta­ria con­fe­de­rale Cgil Gianna Fra­cassi — per garan­tire sia l’immissione in ruolo dei pre­cari che una discus­sione appro­fon­dita sul resto del prov­ve­di­mento: non si sono volute per­cor­rere, minac­ciando e con­trap­po­nendo, in una sorta di ricatto, la sta­bi­liz­za­zione del per­so­nale con la pos­si­bi­lità del Par­la­mento di svol­gere fino in fondo il pro­prio ruolo”.

E’ l’inizio del «secondo tempo» della lotta con­tro la riforma di Renzi e del Pd: «Que­sta mobi­li­ta­zione non è che l’inizio di una nuova ondata di agi­ta­zione che arri­verà sino all’autunno che pun­terà a bloc­care in ogni modo l’applicazione di que­sta riforma» annun­cia Danilo Lam­pis degli stu­denti Uds. Que­sto prov­ve­di­mento apre all’istituzione di un modello di governo vec­chio e auto­ri­ta­rio della scuola e limita la libertà di inse­gna­mento» si legge in una nota delle 32 asso­cia­zioni, tra cui Forum Terzo Set­tore, Libera, Rete della Cono­scenza. «Hanno fatto un deserto e lo hanno chia­mato “buona scuola”». Quello che non è riu­scito alla Gel­mini con­tro la scuola pub­blica lo sta facendo Renzi, il suo governo, il Pd» ha scritto Nichi Ven­dola (Sel) su twit­ter. «Quello della mag­gio­ranza è stato un “sì” alla morte della scuola pub­blica, un sì per una scuola azienda, un sì a capo chino per garan­tirsi una pol­trona e qual­che anno ancora fino alla pen­sione. Ecco come il Pd ripaga i suoi elet­tori, spu­tando sulla costi­tu­zione e sullo stato di diritto. Che schifo che deve essere una vita da schiavi» ha scritto su Face­book la sena­trice del Movi­mento 5 Stelle Paola Taverna.

Fonte: Il Manifesto — Roberto Ceccarelli

Originally published at www.massimilianodeconca.name on June 27, 2015.

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