Quel Dolcino dal sapore amaro

Antonino Monteleone
3 min readJan 22, 2009
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Il 18 ottobre del 2007 il Consiglio Superiore della Magistratura designò Enzo Jannelli come magistrato che avrebbe dovuto ricoprire il posto di Procuratore Generale di Catanzaro lasciato libero da Domenico Pudìa, andato in pensione.

Nel periodo di “vacanza” le redini della Procura Generale stavano nelle mani dell’Avvocato Generale dello Stato, Dolcino Favi.

Tra il 19 ed il 20 ottobre viene divulgata la notizia (comincia Libero, seguono a ruota gli altri) dell’iscrizione nel registro degli indagati del Ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Una fuga di notizie che danneggiava seriamente il lavoro di Luigi De Magistris, in quel momento impegnato nella fase più delicata dell’inchiesta Why Not.

Con la nomina di Jannelli a Procuratore Generale, il facente funzioni Dolcino Favi perdeva la legittimazione che gli consentiva fino a quel momento di reggere l’importante ufficio. Avrebbe dovuto mantenere l’incarico per il c.d. “disbrigo degli affari correnti”. Nulla che eccedesse l’ordinaria amministrazione.

Invece Dolcino Favi adotta un provvedimento tanto eclatante, quanto capzioso.

Fa ricorso all’istituto dell’avocazione (istituto straordinario per contrastare eventuali inerzie dei magistrati inquirenti, non proprio il caso del PM di Why Not) per sottrarre a De Magistris l’inchiesta motivando il provvedimento con un sopraggiunto (e presunto!) conflitto di interessi, ovvero una imcompatibilità, del pubblico ministero in relazione al fatto che il Guardasigilli, appreso di essere indagato, aveva chiesto il trasferimento del suo inquisitore.

Insomma se indaghi il Ministro della Giustizia e questo chiede per ritorsione il tuo trasferimento, perdi l’inchiesta.

Una interpretazione cervellotica e tendenziosa poi divenuta fonte di contestazione per lo stesso Favi da parte dei magistrati di Salerno nell’indagine culminata con il provvedimento di sequestro degli atti e perquisizioni disposto a carico dei magistrati di Catanzaro.

L’arrivo di Jannelli, comunque, non sposta di un millimetro la cortina posta attorno a Luigi De Magistris ed ai suoi collaboratori. Polizia Giudiziaria e consulenti.

Ora che il CSM ha disposto il trasferimento di Jannelli, messo in ginocchio la Procura di Catanzaro fortemente sotto organico, umiliato il Procuratore di Salerno Luigi Apicella, a reggere la Procura Generale tornerà di nuovo lui. Dolcino Favi.

Un uomo dai mille perché.

I perché sollevati anche davanti al CSM 10 anni fa relativamente a fatti contenuti anche in una interrogazione firmata da un giovane radicale, Francesco Rutelli, che chiedeva al Governo di allora quali provvedimenti intendeva adottare nei confronti di quel Dolcino Favi accusato di «essere dedito a sistematiche violazioni di norme, in particolare di quelle poste a presidio dei diritti fondamentali dell’individuo» come sostenuto dal consigliere del CSM Renato Papa dinanzi al plenum del CSM.

Si chiedeva ancora di fare luce dei rapporti con la suocera del pentito Pandolfo, di cui il dottor Favi si servì per far pervenire messaggi alla malavita; della vicenda che ha visto Favi reo di avere spiccato mandati di cattura nei confronti di alcuni magistrati catanesi sulla base di intercettazioni telefoniche irregolari, di cui sono state tenute in conto solo quelle con «esito positivo» non annotando quelle utili a discarico degli indagati e di quella che lo ha costretto a rispondere dall’accusa di avere falsificato una delega del procuratore della Repubblica di Messina per il compimento di un atto istruttorio, inviando a sé stesso un fonogramma.

Era anche incolpato di dilatare i tempi di alcune indagini a lui affidate favorendo così lo scadere dei termini di prescrizione anche in procedimenti incardinati per l’accertamento di responsabilità in ordine a gravi ipotesi di reato.

Mentre di recente, a Palermo, nel processo contro Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia (non perquisirono il covo di Riina dopo la sua cattura!), il colonnello Michele Riccio raccontò al PM Nino Di Matteo che il boss Luigi Ilardo fece il nome di Dolcino Favi.

Sempre secondo la deposizione del Colonnello Riccio, Favi — all’epoca sostituto a Siracusa — sarebbe stato gestito dall’avvocato D’Amico di Lentini “molto legato a Nello Nardo, uomo del boss Nitto Santapaola”.

Ilardo non collaborò mai con la Giustizia perché perse la vita, in circostanze non del tutto chiarite, alla vigilia del suo ingresso nel programma dei collaboratori di Giustizia.

Questo è Dolcino Favi, l’autoreggente.

Quel deputato radicale, che interrogò il Govero su questo magistrato, ne ha fatta di strada. Sindaco di Roma, candidato Premier, Ministro ed oggi Presidente del COPASIR.

Commissione Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica che ha cominciato oggi l’analisi dei dati forniti dalla Procura Generale di Catanzaro su una delle tante balle inventate per distrarre l’opinione pubblica. L’archivio Genchi. Che non esiste!

antonino monteleone

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