Facilitare l’invisibile

Letizia Piangerelli
Mozaic
Published in
5 min readJul 7, 2019
From: California fish and game (1914) — Internet Archive Book Images

Avete presente quei momenti in cui oggetti familiari cambiano natura in maniera irreversibile? Come quando impari a leggere e l’alfabeto sarà per sempre un’altra cosa rispetto al sottobosco di animali immaginari di quando tenevi i libri a testa in giù.

O come quando hai a che fare per la prima volta con la metodologia Lego® Serious Play® e quelli che vedevi come innocenti mattoncini si trasformano da un giorno all’altro in strumenti utili per pensare. Lo smarrimento si fa ancora più evidente quando ti metti in gioco come apprendista facilitatore. LSP non è l’unico strumento di facilitazione a cui faccio ricorso, ma in qualche modo l’incontro con questa metodologia ha influito sulla qualità del mio sguardo in modo significativo, sia nel lavoro che nella quotidianità.

In che modo? Lungo la strada ho raccolto tre indizi e questa è la mia versione dei fatti, per come li ho capiti fin qui.

Costruite un papero

Nel mondo LSP se desideri pensare devi prima imparare ad agire, per cui la prima cosa che faremo sarà costruire un papero.

Musica. Silenzio. Mani che si agitano.Tempo scaduto.

From: The bird, its form and function (1906) — Internet Archive Book Images

Ora immaginate che attorno al nostro tavolo siano nati 12 paperi, in attesa di ricevere da noi, creatori impacciati e goffi, una prima istruzione caratteriale per muoversi nel mondo. Partiamo da quello nell’angolo: il papero longilineo, ha le zampe in avanti lanciate verso l’azione. Poi quello più a destra, il papero rinato. Smontato e rimontato più volte, è diventato esso stesso l’emblema della trasformazione, con quell’ala asimmetrica in procinto di sbocciare. A sinistra segue il papero Picasso, esperto nel prodigio di appiattire in verticale tutte le possibili dimensioni; ed eccoci al papero grasso, la papera ballerina e il mio papero a immersione.

Poi c’è lui, il papero pazzo. Mentre saltella isterico tra le mani rapide del suo creatore, con quella cresta scomposta e gli occhi strabici appoggiati a metà tra il ventre e le zampe, offre a tutti una declinazione materiale della parola libertà.

Siamo giunti al primo indizio: un semplice papero nato dalla combinazione di 6 mattoni ti racconta di più sulla natura, le credenze, i valori, le esperienze di chi l’ha costruito di quanto possa fare un’accurata presentazione. L’informazione che ne ricavi è rilevante, soprattutto quando la sfida che hai davanti richiede una certa dimestichezza con gli affari della complessità. Purché tu sappia cosa chiedere e dove guardare… E questa riflessione ci incammina spediti verso l’indizio numero due.

Fate amicizia col trickster

Arrivati a questo punto vi sarete accorti che il papero pazzo sta attento alle parole che usiamo per raccontare. Ad esempio, mentre provi a convincerlo che quel pezzo su cui lui sta puntando il dito tu “in realtà l’hai scelto per caso”, lui annuisce sornione e in men che non si dica le sue domande gli hanno già permesso di guadare il fiume.

Quello di solito è il momento in cui entra in scena il trickster, il coyote, l’amabile imbroglione, il disseminatore di trappole che sfidano la nostra cecità offrendoci la possibilità di leggere, nel modello tridimensionale che abbiamo appena costruito, informazioni più profonde utili alla sfida che dobbiamo affrontare.

Tarot pack, 19th C — British Museum digital collection

“Un attraversatore di confini presente in tutte le culture, il trickster viola i principi dell’ordine sociale e naturale…non crea, ma co-crea, mettendo giocosamente in moto cambiamenti imprevedibili, ristabilendo la vita su nuove basi § Wikipedia

Osservando un bravo trickster in azione ti fai un’idea più precisa del perché si chiami serious game e qui si annida il nostro secondo indizio: la maestria nella facilitazione non ha a che fare col rendere le cose semplici, ma (come ho imparato in Cocoon Pro) col “generare ed evolvere uno spazio sicuro in cui gli altri possano raggiungere i loro obiettivi”. È perciò indispensabile imparare a confezionare domande succose, che si guardano bene dall’esprimere un giudizio o tirare conclusioni, ma che abbiano piuttosto il sapore benevolo delle interferenze più significative.

Se ora pensate che la strada della facilitazione sarà lunga e tortuosa sono totalmente d’accordo con voi! È per questo che il terzo indizio, quello che amo di più, potrà aiutarci a rendere il tragitto più intrigante e leggero.

Stesi sul filo dell’orizzonte

La posa tipica del facilitatore LSP è curiosa, fateci caso.

Photo by Cocoon Projects on Flickr

Vicino alla persona che racconta il suo modello, seduto di fianco quando non direttamente piegato sulle ginocchia in precario equilibrio, il maestro nell’arte (marziale) del gioco serio cerca conferme alle nostre parole nella traiettoria di tutti i punti attorno alla superficie. Prende nota mentalmente dei pattern che rintraccia nella nostra narrazione, in ciò che abbiamo detto e omesso, in ciò che è uguale e nelle differenze, e ricollega tutto alle nostre intenzioni. Così facendo tesse l’ordito che ricompone, coi fili isolati delle nostre storie, la trama di una storia più grande che non siamo ancora in grado di raccontare.

Come in quei quadri dove il disegno tridimensionale è inglobato in una costellazione di puntini ed emerge soltanto se riesci a trovare lo sguardo giusto, sfocato ma a fuoco. A quel punto l’immagine si rivela con la forza di una sorpresa e resta per sempre in sovraimpressione.

Questa piccola illusione ottica ha il sapore di un enigma, perciò funziona benissimo come indizio numero tre, che mi sono immaginata così: non importa se ciò che ci interessa sia migliorare la nostra capacità di problem solving, co-creare una strategia, affinare un’identità di team, personale o organizzativa (esempi non esaustivi di ciò che si può fare con LSP).

La differenza la farà sempre questa capacità sensibile e preziosa di ascoltare e facilitare l’emergere dell’invisibile.

Una fine

Questo ovviamente è solo l’inizio. Dal canto mio ho trovato la caccia agli indizi così entusiasmante che non posso che continuare a camminare, insieme a una vibrante comunità di compagni di viaggio, che sempre più spesso si ritrovano qui.

Photo by Cocoon Project on Flickr

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Letizia Piangerelli
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On a mission to keep sense of wonder alive. Making and Writing @makinglife.substack.com | Team member & Facilitator @CocoonPro