Gian Domenico Silvestrone: “Con i cartoni animati i bambini esprimono i loro talenti migliori”

Nicola Bonafini
Mus-e Reggio Emilia
6 min readFeb 13, 2019

La “Storia di Babacar, maestro di Percussioni” è stato uno dei momenti più alti della Giornata Mus-e 2018, tenutasi nell’aprile scorso presso l’Aula Magna dell’università di Reggio. Con i preparativi già in atto per l’edizione del 2019, abbiamo voluto ricordare uno dei momenti più belli e commoventi dell’anno scorso, incontrando l’ideatore di questo progetto e di molti altri che hanno per protagonisti i bambini e l’arte: Gian Domenico Silvestrone.

Gian Domenico Silvestrone, innanzitutto: come nasce il progetto dei cartoni animati per Mus-e?

«Il progetto dei cartoni animati nasce perché nel lontano 2007 fui mandato a Genova per seguire un corso sul cinema di animazione. In quella sede, portai uno dei primi progetti di mosaico, e dovetti relazionare su di esso, portando una serie di diapositive. Al contempo, ebbi anche l’opportunità, in quei quattro giorni, con maestri molto bravi, di seguire i sistemi su come nasce, ovvero viene creato, il cinema di animazione. Poi, malauguratamente, quegli insegnamenti sono rimasti in un cassetto. Questo sino a tre anni fa. Quando abbiamo dato vita ai primi cartoni animati, utilizzando quanto appreso a Genova. Anche quest’anno ne faremo altri due. Vedremo come e su quale argomento, ma questa è l’idea.»

L’ispirazione alla storia di Babacar quale è stata e da come nasce?

«Nasce perché, avendo il percussionista africano, che è Lancei Dioubate, abbiamo convenuto che era giusto cambiare il nostro target. Ci sono tante storie incentrate sulla realtà europea, perché non fare qualcosa che parli del continente africano e qualcosa che ne abbia attinenza? Abbiamo trovato un libro, uno dei tanti che ha lui, di questo ragazzo che ha una dote innata, il talento di percuotere uno strumento, di conoscere sostanzialmente la musica senza averne una consapevolezza “didattica” diciamo, con note e spartiti. Dunque, questo ragazzo, dotato di talento musicale naturale, parte dal villaggio e va ad un concorso per percussioni. Da lì, spazio alla fantasia dei bambini, tutto quello che si poteva inventare sull’Africa, dalle case, ai leoni, agli animali si è fatto, ed è nato così»

La risposta dei bambini come è stata?

«Assolutamente entusiasti. Nelle prime due, tre lezioni hanno fatto molta fatica a capire cosa stavano facendo, perché, certo, noi glielo abbiamo spiegato a voce, ma figurarsi l’idea di costruire un cartone animato ex novo, nelle pratica gli sembrava qualcosa di molto difficile. Però alla fine, un po’ siamo stati bravi noi che li abbiamo convinti, un po’ loro hanno questa propensione al disegno, e quindi il progetto è andato avanti, perché sono bravissimi a fare la stessa persona con due o tre espressioni diverse, e così, dopo due o tre volte che tu metti insieme questo pezzettino di animazione, di dieci secondi, glielo fai vedere e loro tra stupore e meraviglia si entusiasmano ancora di più. Lavorano ancora di più»

Operativamente, come è stato assemblato il cartone animato?

«Il filmato l’ho assemblato io con il computer, perché, chiaramente, i bambini non l’avrebbero potuto farlo. Però i disegni sono stati fatti da loro, come i ritagli e in parte sono stati creati degli scenari di fondo…»

Tutto questo da parte dei bambini, giusto?

«Assolutamente. E’ tutto fatto da loro».

Bene. Gli scenari, dicevamo…

«Esatto, in pratica i bambini hanno disegnato questi “sfondi” per definire il contesto attraverso cui la storia si dipanava. Il leone nel bosco con l’asino che scappa inseguito dal primo. Oppure l’attraversare il deserto. Con loro, con la macchina fotografica sul cavalletto, abbiamo incominciato a muovere i pezzi, o meglio, loro muovevano i pezzi, e si faceva una foto ogni due, tre secondi e poi si passava al montaggio delle varie foto in sequenza, sostanzialmente».

E la musica in sottofondo?

«E’ stata fatta in base a quello che loro hanno imparato a percuotere e poi abbiamo usato le loro voci, facendogli fare anche un po’ gli attori. In maniera molto divertente».

L’avete presentato alla Giornata Mus-e di Aprile ed è stato uno dei momenti di maggior successo di quella giornata. Dal tuo punto di vista, la soddisfazione più grande è stata?…

«In linea generale la soddisfazione è stata enorme, perché i bimbi per tutta una serie di orari non coincidenti, non sono riusciti a vederlo in aula il cartone animato, quindi, anche per loro, quella è stata una prima volta. In più c’erano anche i loro genitori, quindi sono stati estremamente orgogliosi di aver presentato loro questo progetto. Devo dire che la sensazione di ammirazione per quanto fatto l’ho percepita abbastanza forte in tutti i partecipanti».

Dal punto di vista del risultato didattico è possibile stilare un bilancio di questa esperienza?

«Oggi che viviamo nel tempo della “iper” tecnologia, con qualsiasi cosa che è touch, dove le immagini sullo schermo viaggiano in modo molto veloce, abbiamo deciso di ritornare alla matita, usando i metodi di una volta, dove ognuno si è disegnato il proprio pezzo. E’ stato assolutamente propedeutico per i bambini perché hanno avuto l’opportunità di riprendere confidenza con tecniche desuete, ma a loro molto più congeniali, perché danno spazio completo alla loro fantasia. Ripeto, ci sono alcuni di loro che hanno un vero talento naturale per il disegno, ed è giusto, quindi, che possano esprimerlo in modo compiuto. Infine, rimane la grande lezione che assieme sono riusciti a fare una cosa che individualmente non sarebbero stati in grado di portare a temine. E questa è una grande cosa. Quindi la loro felicità per ciò che è stato fatto l’ho trovata profondamente genuina. Quindi si può tranquillamente affermare che il progetto, dal punto di vista didattico, è perfettamente riuscito».

E per quest’anno hai in serbo di proseguire su questo filone?

«Sicuramente quello che posso dire è che faremo altri due cartoni animati. Ma non voglio andare oltre, per non togliere la sorpresa a quelli che li vedranno nella prossima Giornata Mus-e».

Gian Domenico, ci puoi raccontare come è nato il tuo rapporto con Mus-e e come si è sviluppato nel corso degli anni?

«Il mio rapporto con Mus-e è nato quando nel mio studio di Via dei Due Gobbi è entrata la professoressa Elisabetta Benassi, la quale, molto gentile e molto cordiale, mi ha chiesto se volessi essere in qualche modo un artista del Progetto Mus-e. Ha parlato per un’ora ed io non capii assolutamente nulla!… Ma non per la sua incapacità di esprimersi, quanto per la mia, allora, incapacità di cogliere il significato di questo grande progetto, decisamente molto articolato. Detto questo, ho deciso di farne parte, dapprima come mosaicista, facendo il mio primo mosaico con Mus-e, stiamo parlando dell’anno 2004, poi, dall’anno dopo, sono diventato il coordinatore artistico di Mus-e Reggio Emilia e da quel momento ho proseguito nella mia attività di artista e di coordinatore».

Come definiresti questa esperienza?

«E’ una grande esperienza. Mus-e, con i corsi di formazione per gli artisti, ci ha offerto una grande opportunità formativa, oltre alla possibilità di entrare in contatto con altri artisti che, se non ci fosse stata la meritoria attività dell’associazione, non si avrebbe mai avuta questa chance di essere esposti a questo immenso sapere. Penso, tra i tanti altri che sono transitati nei nostri corsi di formazione, a Moni Ovadia, solo per dirne uno. Veramente persone che hanno fatto grande l’ambito artistico in cui operano, e per me è stata un’esperienza meravigliosa».

Dando uno sguardo verso il futuro, che direzione può prendere l’associazione e l’attività della stessa…

«E’ una domanda complessa anche se la questione è fondamentale, me ne rendo perfettamente conto. Per come la vedo io, Mus-e dovrebbe fare patrimonio di tutto quello che è stato fatto sino ad ora, scegliere il meglio, e riproporlo. Se l’esperienza serve per affinare un po’ la mira, oggi come oggi non andrei a cercare delle cose nuove, ulteriori territori da esplorare, perché è sempre molto “costoso”. O meglio, mentre si fa una esplorazione a 360 gradi, io la gran parte dell’investimento lo farei su questo patrimonio che abbiamo assimilato negli anni ed è veramente tantissimo. Io cito sempre la Principina che è stata un’esperienza meravigliosa, perché tra tutti gli artisti presenti, eravamo circa 260. Siamo stati cinque giorni in questo resort, che porta appunto il nome di “Principina”, dove abbiamo veramente fatto delle esperienze formative splendide e, forse, irripetibili. Ecco, se si potesse, ripartirei proprio da lì nella evoluzione dell’associazione, del suo progetto e di come proporlo ai bambini delle scuole con cui collaboriamo».

Gli altri due cartoni animati creati dai bambini del progetto Mus-e di Reggio, possono essere visti sul canale YouTube dell’associazione, cliccando sul link evidenziato.

--

--

Nicola Bonafini
Mus-e Reggio Emilia

journalist, blogger, writer, media manager, editor. Sports, mainly… but not only. Italian is my language, English is my passion