Com’è il nuovo The Games Machine

La storica rivista di videogiochi cambia filosofia, per restare al passo con un pubblico che legge sempre meno (e casomai su internet)

Lorenzo Fantoni
N3rdcore
7 min readJun 23, 2017

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In Italia c’è stato un tempo in cui le riviste di videogiochi, un po’ come i dinosauri, dominavano la Terra, e proprio come i dinosauri si sono quasi del tutto estinte, solo che al posto di un meteorite è arrivata internet e i loro lettori hanno iniziato a trovare recensioni, notizie più fresche e approfondimenti anche su là, senza dover spendere un euro.

Di quell’età dell’oro (soprattutto per chi riusciva a tirarci fuori uno stipendio degno) restano alcuni buoni giornalisti che sono passati al digitale e una sola vera sopravvissuta: TGM, ovvero The Games Machine.

TGM ha rappresentato per anni la spina dorsale della critica videoludica italiana e ha di fatto creato un modo di raccontare i videogiochi che ha fatto scuola. Un buon redattore di TGM sa danzare al limite tra ironia e informazione, tra competenza e battute, tra il cazzeggio e la serietà. Prima di YouTube, su TGM nascevano tormentoni (anzi, meme) e un’informazione fatta di volti, più che di parole. Non leggevi una recensione solo perché volevi sapere com’era il gioco, volevi l’opinione di quel redattore là, perché un po’ lo sentivi come un amico lontano.

TGM è stato parte della cultura popolare italiana per tantissimi anni e tutt’ora influenza il modo in cui si parla e si scrive di videogiochi. Proprio leggendo TGM (ma anche Zzap, K, Zeta, Games Republic, Giochi per il mio computer) un sacco di bambini e ragazzi hanno sviluppato la loro passione per questo mondo e qualcuno è persino riuscito a farlo diventare un lavoro (povero pazzo).

Col tempo si è poi aggiunto il sito, un forum attorno al quale si è stretta la comunità, ma il centro di tutto è rimasta comunque la rivista, nonostante un settore che offre sempre meno soldi e sempre meno investimenti a chi scrive, nonostante il crollo generale dell’editoria italiana, nonostante la lettura sia una roba per vecchi. Per continuare la metafora, proprio come i coccodrilli o gli squali che sono sopravvissuti alla preistoria, per andare avanti TGM doveva adattarsi e ridurre le proprie dimensioni, farsi più agile, offrire qualcosa di differente, un bisogno che ha portato a un drastico ripensamento dei contenuti, per venire incontro alle mutate condizioni del settore.

Ma com’è questo nuovo TGM?

Il concetto di base ricorda un po’ quello che anima PlayStation Official Magazine: visto che le recensioni e le news la gente se le cerca online, così può anche lamentarsi del voto, riduciamone lo spazio e diamo ampio respiro ad approfondimenti, critica videoludica e speciali. Il pubblico ideale è quello che vuole qualcosa di più, che ha superato la fase fecale dei commenti su YouTube, quella orale degli insulti alle mamme altrui online ed è pronta a trattare i videogiochi come una cultura.

Il pezzo di apertura è la cover story, dedicata per l’occasione a Destiny 2, che viene trattato nei suoi vari aspetti dai redattori. Son ben 20 pagine di aspettative, retrospettive e analisi sul gioco che fanno il loro sporco lavoro: ingolosire il neofita e far salire ancora di più la voglia chi il gioco lo attende. Forse non aiuteranno chi non ha idea di cosa sia Destiny, ma in quel caso è anche colpa vostra.

Dopo la Kikko’s Intro di Ivan Conte in cui troviamo l’utilissimo backlog, ovvero un elenco degli ultimi giochi recensiti sul TGM.it, c’è l’approfondimento dedicato a Deus Ex, un ottimo pezzo “freddo” assolutamente in linea con il nuovo corso e utilissimo oggetto di approfondimento pensato per essere letto con calma. Sullo stesso tono il pezzo successivo, dedicato a Platinum Games, studio mai abbastanza lodato che ci ha donato Vanquish, Bayonetta, NiER: Automata.

Il terzo approfondimento, quello della Nordic Game Conference, è l’ottimo esempio di un contenuto che su carta va benissimo, ma che difficilmente troverebbe lo stesso spazio e la stessa dignità online. Non a caso credo che nessuna rivista online possa vantare un articolo del genere; è un pezzo lungo, ricco di approfondimenti e temi che vale la pena leggere con calma. Se fosse un alcolico sarebbe un whisky un po’ forte, adatto agli iniziati. Sono curiosissimo di vedere una roba simile declinata in salsa E3, che di analisi tutte uguali ne ho già lette troppe.

Terminati i Dossier è il momento delle Playlist, ovvero le recensioni dei titoli più interessanti del periodo. Probabilmente è la sezione più debole. Non certo per colpa dei contenuti, visto che le recensioni sono ricche di analisi interessanti e di punti di vista originali, è tutta una questione di tempismo, probabilmente il lettore medio ha già comprato o letto recensioni sui titoli coinvolti. Vero è che in questo caso non parliamo di recensioni classiche, ma approfondimenti, soprattutto per quelle più lunghe, ma a quanto so la soluzione non piace molto ai lettori che paradossalmente frequentano il forum, ma non vogliono leggersi le recensioni su internet, mistero della fede. Io personalmente togliere persino i voti, ma ammetto che ci vuole parecchia incoscienza.

Forse sarebbe meglio rosicchiare qualche pagina a quest’area per aumentare quella dei dossier, vero valore aggiunto. Va anche detto però che già così lo spazio delle recensioni è decisamente piccolo rispetto al totale della rivista, quindi probabilmente toglierne altro snaturerebbe troppo la sua essenza.

Una sezione che senza dubbio mi piacerebbe vedere ampliata è la indie zone, che offre un bel mix di retrospettiva sulla pur esile storia videoludica italiana e una finestra sul presente.

E se le recensioni dei videogiochi hanno sempre meno senso sul cartaceo, quelle dei giochi da tavolo di Board Machine sono invece uno spazio piacevole e interessante, che cambia il ritmo e apre una finestra su spazi che magari il pubblico ignora, visto che i giochi di ruolo sono una grande nicchia italiana in espansione che fatica a trovare uno spazio dove mostrarsi ai non conoscitori.

Precisa e puntuale la parte relativa all’hardware, con un buon mix di articoli altamente tecnici e consigli veloci per chi vuole farsi un buon PC e avere una panoramica su periferiche e computer usciti nel corso del mese.

Ma la novità forse più interessante di questo nuovo corso si trova a pagina 96, in una sezione eSport che ero estremamente curioso di vedere. Quello del gaming competitivo è un grande recinto chiuso in cui si fatica a entrare se non si è già del giro, è difficile parlarne ed è difficile tenere conto delle sue mille facce. Il risultato su TGM mi ha lasciato contento a metà, va bene l’articolo sulla ricetta per l’esport perfetto e vanno bene anche le due news, ma c’è bisogno di più spazio, perché questo è un settore che si muove troppo velocemente per due sole pagine.

In chiusura tornano gli approfondimenti con Time Machine, che ci parla di Ron Gilbert, forse un argomento un po’ abusato per chi conosce il settore, ma la storia dell’uomo che ha inventato Manic Mansion si legge sempre volentieri. Ancora più interessante e totalmente coerente col nuovo corso la sezione The Twilight Zone, che parla di cinema seguendo alcuni filoni specifici e cercando le possibili ibridazioni col mondo dei videogiochi.

Le ultime pagine sono dedicate alla rubrica dei due di PlayerInside e Sabaku. Il secondo trova nella scrittura forse la soluzione migliore per il suo stile forbito e ricco di rimandi, il risultato è un buon articolo che parla dei Walking Simulator e lo fa con competenza e offrendo al lettore un punto di vista interessante e da approfondire. L’articolo di PlayerInside non è allo stesso livello ed è forse un po’ troppo autoreferenziale (in fondo quale influencer non lo è?), ma è comunque interessante perché mostra uno spicchio di vita di chi ha trovato un’altra via per parlare e vivere di videogiochi.

Assolutamente di valore l’articolo di chiusura, dedicato alla figure italiane che fanno parte dell’industria. Al di là del fatto che conosco il buon Tosini, è importante che chi cerca in tutti i modi di far decollare i videogiochi nel nostro paese riceva ogni supporto possibile, anche perché raccontando com’è questo mondo quando diventa un lavoro si contribuisce alla crescita del pubblico, se ha voglia di leggere.

Tirando le somme, questo nuovo TGM è senza dubbio una scelta coraggiosa, forse l’evoluzione obbligata di un Pokémon che vuol restare competitivo, ma comunque un prodotto editoriale di livello. Gli approfondimenti sono di qualità, l’impaginazione è sempre chiara e ben fatta, il carattere è forte e in ogni articolo si respirano le tre cose più importanti per chi scrive: stile, passione e conoscenza.

Alcune cose forse sono da rivedere, soprattutto nella gestione degli spazi, ma la strada imboccata è quella giusta, una strada che dovrebbe portarvi in edicola ogni mese. Perché il problema è tutto là, i redattori di TGM hanno fatto senza dubbio un lavoro egregio, ma la palla adesso è in mano a un pubblico che dev’essere in grado di apprezzarne una qualità che va oltre i gameplay urlati, gli articoli scritti per il gusto della polemica e recensioni fatte per uscire prima di tutti.

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