Hey, Internet! Lo sai perché i wrestler usano le catchphrase?

YES! YES! YES!

Davide Costa
N3rdcore
7 min readJan 5, 2017

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Magari non lo confessate, ma quando rivedete per l’ennesima volta il vostro film preferito sono sicuro vi capiti di anticipare le battute dei personaggi. E alcune battute magari le dite ad alta voce. Che si tratti di “aver visto cose che voi umani”, o addossare la colpa “Al funerale di mia madre! Un’inondazione! Le cavallette!” oppure indicare che “Il castello ululì!”, quelle frasi entrano in testa, diventano parte della propria cultura pop e, nelle visioni successive, il poterle anticipare crea quel rito di ripetizione e conforto che si prova nell’accompagnare i propri personaggi preferiti lungo le loro avventure.

Ora immaginate di poter urlare quelle frasi a squarciagola, in un palazzetto o uno stadio insieme a decine di migliaia di persone, mentre viene pronunciata al microfono dal vostro personaggio preferito di fronte ai vostri occhi. È quello che succede ogni volta che un wrestler prende un microfono in mano e sciorina la sue o le sue catchphrase.

Che si intende per catchphrase? “BAZINGA!” penso basti per far capire di che parliamo, ma in caso non abbiate mai visto The Bing Bang Theory, pensate a un qualsiasi personaggio di una serie televisiva che abbia una frase, un modo di dire o una parola che lo definiscano in qualche modo e che ritorni, ciclicamente, nei vari episodi. Il pubblico conosce queste frasi, gli sceneggiatori sanno che gli spettatori lo sanno, e giocano su questo creando attesa o disattesa a seconda del caso. La differenza però sostanziale tra una serie TV e uno spettacolo di wrestling è il rapporto tra personaggi e audience: anche quando le serie TV, in particolare le sit-com, sono registrate con un pubblico dal vivo, questo viene tenuto fuori scena, silenziato e non interagisce mai con la storia e i suoi personaggi.

Il wrestling invece abbraccia il suo essere uno spettacolo dal vivo con un pubblico altrettanto vivo e vivace: i lottatori hanno come obiettivo primario quello di provocare una reazione forte e decisa in chi guarda, e il miglior modo di capire se chi ha comprato il biglietto si sta godendo lo spettacolo è ascoltarlo. Un’arena silenziosa è l’incubo di wrestler e impresari, un’arena in cui fischi e ola si alternano significa aver centrato il segno. Ma un’arena in cui tutti urlano la catchphrase del proprio beniamino è ancora meglio. A volte basta una sola parola. Guardate questo video, ma soprattutto ascoltatelo:

Il tipo barbuto che alza le braccia al cielo si chiama Daniel Bryan. Quella movenza è il segnale ai suoi fan di partire con la sua catchphrase, un semplicissimo “YES!” ripetuto all’infinito che galvanizza la folla e di conseguenza galvanizza Daniel, permettendogli di colpire al meglio il suo avversario, Bray Wyatt. Tutta l’arena è dalla sua parte e quando il suo ginocchio colpisce Bray è come se tutti colpissero Bray. Se vi sembra ridicolo, pensate alla soddisfazione che provate quando il vostro eroe preferito sconfigge il cattivo nel vostro film preferito.

La reazione del pubblico è indicativa: mostra quanto Daniel sia risuscito a entrare, lungo la sua carriera, in sintonia con i suoi fan, a dar loro quello che vogliono e a far venire loro voglia di averne ancora: vedere i suoi match, conoscere la sua storia e vederlo vincere. Per fare questo i wrestler usano la propria fisicità all’interno del ring, riuscendo a simulare un combattimento convincente (quanto può esserlo un tipo vestito da Pipistrello che sconfigge un Superalieno potente come un dio, per dire) mostrando capacità atletiche fuori dall’ordinario e la disponibilità a rischiare la propria sicurezza fisica. In questo teatro del corpo non mancano però i dialoghi e le parole.

E se vi si è mai piantata in testa una frase accattivante come “Yes, we can!” oppure “Make America great again!”, conoscete quale potere abbiano le parole giuste nel catturare l’attenzione. Questo è un aspetto fondamentale: in uno spettacolo seriale come il wrestling, e in particolare quello della WWE che va in onda ogni lunedì da 24 anni, catturare e tenere desta l’attenzione del pubblico è la parola d’ordine. Quando un wrestler incuriosisce il pubblico e lo cattura, rende felici gli impresari, che daranno più spazio al wrestler per cercare di aumentarne ancora il successo allargando, si spera, il numero di suoi fan e dei biglietti che compreranno per vederlo dal vivo.

Per sua natura breve e concisa, simile a uno slogan, la catchphrase si mostra utile durante le interviste e i promo, permettendo ai wrestler di puntellare il discorso legato al match del momento con i propri punti esclamativi lessicali o chiudere col botto con la sua chiosa coperta da copyright. Questa può diventare anche un’arma da usare durante i botta e risposta tenuti dai wrestler sul ring, piccole battaglie verbali che a loro modo riprendono l’attitudine della battle rap o delle diatribe poetiche di una volta, con l’aggiunta di poter serenamente degenerare in seggiolate sulla testa. In questo caso, di nuovo, il coinvolgimento del pubblico diventa essenziale: quando a dire la catchphrase non è solo il wrestler ma le migliaia di persone nel palazzetto, chi subisce la frase si trova decisamente dalla parte sbagliata di un suplex.

Se la catchphrase di Daniel Bryan rientra nella nutrita schiera di motti composti da una sola o pochissime parole, ci sono frasi più articolate, usate spesso dai wrestler per introdurre se stessi al pubblico subito prima di un incontro. Una sorta di salmo laico che viene urlato al microfono per definire chi sia e quale sia il suo carattere, un modo per introdurre lo spettatore nuovo alla sua personalità e per dare al fan di lunga data, se vuole, l’opportunità di cantilenare col suo beniamino preparandosi al rito della lotta tra le corde.

Un buon esempio di come la catchphrase scaldi il pubblico e nello stesso tempo sia utile a definire il carattere dei wrestler lo possiamo sentire ogni volta che i New Day entrano in scena. Si tratta di un tag team composto da Xavier Woods, Kofi Kingston e Big E che detiene il record del regno come campioni di tag più lungo nella storia della WWE, come ci tengono a sottolineare ogni volta che entrano nelle arene. Ascoltate, a partire da 9:18:

Quando la voce di Big E urla il nome della città in cui si svolge lo show, il pubblico si prepara e attacca andandogli dietro, dicendo di non essere acidi e di sentire la potenza. Big E si riferisce alla potenza della positività in arrivo grazie al Nuovo Giorno di cui lui e il resto del trio sono alfieri, una parodia dei motivational coach sempre su di giri e positivi con un tocco di predicatore televisivo. In una manciata di parole i New Day si sono introdotti, hanno fatto capire che tipi sono, ci tengono a sottolineare i risultati raggiunti in maniera smargiassa e sono pronti a dare schiaffazzi agli avversari. E il pubblico è in attesa, sia di vederli menare le mani che di sentirli fare battute e sfottere gli avversari, che si trovano ora circondati da un ambiente ostile che li vuole vedere sconfitti, mettendoli in una situazione difficile dato che non solo devono sconfiggere i New Day, ma anche evitare in ogni modo di fare una figura barbina di fronte a migliaia di persone pronte a spernacchiarli fino allo sfinimento.

L’alleanza tra lottatore e pubblico si basa su un continuo dialogo che si instaura tra le parti dal momento in cui il lottatore arriva sulla scena fino a quando ne esce. Gli americani utilizzano la locuzione “reading the crowd”, ovvero “leggere il pubblico”, per indicare la capacità di un wrestler di capire l’umore degli spettatori e variare la propria performance di conseguenza, e quindi un lottatore che sa leggere bene il pubblico può giocare con le sue aspettative. Guardate, a 1:25, il più elettrizzante uomo nello sport entertainment, The Rock, come gigioneggia dicendo una delle sue frasi preferite:

“If you smell what the Rock is cooking!” è tra le battute più famose del wrestling di sempre, e di nuovo in poche parole descrive il carattere del personaggio (The Rock un giorno iniziò a parlare di sé in terza persona, e il resto è storia), ha un suono accattivante ed è semplice da ricordare portando il pubblico a fare il coro.

The Rock lo sa e cazzeggia perdendo tempo, andando contro le attese dell’arena, leggendola benissimo e portandola dove vuole lui. Quando un’arena arriva a pendere dalle labbra del wrestler, quello è un wrestler che sta facendo bene il suo lavoro di intrattenitore, che è riuscito nel tempo a creare una narrazione sul proprio personaggio entrando in sintonia col pubblico, dandogli quello che desidera ma riuscendo anche a tirare fuori colpi di scena e variazioni sul tema per tenerli sulle spine.

Se il pubblico si diverte e considera il wrestler un suo beniamino, e lo segue per mesi e anni tra alti e bassi, farà di tutto per dimostrargli il suo supporto e alla prima occasione gli coprirà le spalle per aiutarlo contro il suo avversario. Come succede in questo breve video in cui a 1:30 il pubblico si mostra pronto a fare la sua parte:

Enzo Amore e Big Cass sono arrivati su RAW, lo show di wrestling più importante di tutti per quantità di pubblico, solo da 8 mesi, non hanno ancora vinto nessuna cintura di coppia e nemmeno cinture singole. A voler essere generosi possiamo dire che dal punto di vista tecnico e atletico sono due lottatori competenti, che sanno eseguire molto bene le mosse base e sono in grado di giocare molto bene la tipica dinamica da tag-team, in cui uno dei due è spesso quello meno forte e che si trova a dover essere salvato dall’amico più potente.

Eppure sono così bravi a parlare al pubblico che tutta l’arena li sostiene ogni volta che spuntano e si presentano al microfono. Così bravi e coinvolgenti che la decisione del diabolico duo composto da Luke Gallows e Karl Anderson di tagliare loro il microfono per azzittirli da l’occasione perfetta al pubblico per partire col coro e inserirsi nel racconto in un ruolo attivo e da co-protagonista: cessa di essere un gruppo di spettatori passivi per diventare una sorta di sidekick collettivo composto dai “millions, and millions” di fan.

Un rapporto tra pubblico e personaggi/performer che può funzionare solo dal vivo e la cui mancata analisi, quando si parla di wrestling e ci si domanda del perché abbia successo e piaccia, non permette di comprendere appieno questo tipo di narrazione teatrale così sui generis.

E come direbbe Stone Cold Steve Austin:

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Davide Costa
N3rdcore

Scrivo fumetti e altre cose fiche per Disney e Sergio Bonelli Editore. Trapiantato epatico dal 2008. https://twitter.com/Baphomouse