Geografia di Bitcoin
Per una sintesi topologica della sensatezza e dell’opportunità.
Oggi come oggi quasi nessuno che scriverebbe un manoscritto editoriale o un discorso utilizzando una vecchia macchina da scrivere al posto dei moderni programmi di videoscrittura. Eppure un certo mercato di nicchia di tali apparati meccanici esiste ancora, e se passiamo alla classica scrittura a mano si carta ci rendiamo conto che quaderni, notes, post-it e affini supporti cartacei vengono ancora prodotti in quantità, alimentando un commercio ancora molto florido e non certamente in dismissione.
La morale a corollario di questo semplice esempio è altrettanto semplice. Non è detto che la piena mass adoption di un certo strumento implichi automaticamente la scomparsa di strumenti alternativi che soddisfano la stessa esigenza, con specifiche peculiarità.
La stessa cosa può essere detta di Bitcoin. Esso rappresenta la quintessenza di un’economia (che ho chiamato) non euclidea (ovvero decentralizzata), che può però tranquillamente prosperare — come effettivamente prospera — all’interno di un’economia euclidea (ovvero centralizzata) del tutto classica.
Alla luce di quanto ho spiegato piuttosto diffusamente in svariati articoli, la sensatezza e opportunità d’uso di Bitcoin può essere agevolmente sintetizzata in una sorta di mappa, i cui punti fondamentali sono altrettanto facilmente elencabili in sequenza:
- Acquisto di BTC — puntuale o sistematico — a scopo di accumulo, al fine di sfruttarne la natura deflativa (investimento, protezione del risparmio, etc…).
- Accettazione come strumento nativo di pagamento o transazione, al fine di cogliere opportunità o comodità rispetto ad altre forme (in seguito a vincoli, contingenze o affini).
- Acquisto al fine di effettuare o completare un pagamento che per varie ragioni può essere effettuato o è opportuno effettuare solo in via decentralizzata.
- Accettazione come modalità alternativa all’acquisto, per i fini descritti nei punti 1 e 3.
- Acquisto per messa in sicurezza di capitali da possibili ritorsioni di terze parti potenzialmente in grado di accedere ai medesimi in via centralizzata.
La lettura congiunta di questi punti restituisce una vera e propria geografia o topologia della sensatezza e dell’opportunità di Bitcoin. Con una derivata concettuale piuttosto significativa che è la seguente: In assenza di un surplus sistematico che si genera nella dinamica del conto economico tempificato dello specifico utente, la conversione “per uso immediato” di moneta fiat in BTC ha senso unicamente lungo l’asse della convenienza transazionale legata a uno specifico mercato, intrinsecamente legato alla necessità — ragionevole o paranoica, poco importa — di privacy.
Un esempio che faccio spesso ai miei clienti si esprime in una domanda: Preferiresti avere centomila euro in una banca italiana o novantacinquemila euro in una banca svizzera? Intuitivamente la risposta è ovviamente la seconda. Ma quale sarebbe l’ulteriore risposta se io chiedessi: Per fare la spesa questo mese, preferisci avere cento euro digitali, controllati e tracciati dal sistema finanziario, o novantacinque euro in satoshi (ammesso e non concesso, ovviamente, che il supermercato accetti nativamente i satoshi, cosa al 99% falsa)? Ebbene, credo che la risposta sarebbe del tutto diversa, in quanto l’attenzione alla piena incensurabilità dei risparmi a medio e lungo termine non è certo la stessa rispetto a quella dedicata al potere d’acquisto spicciolo, che mi serve immediatamente, qui e ora.
Un eloquente riassunto di quanto detto può essere efficacemente proposto in forma di esempio concreto, al fine di illustrare forse uno dei più gettonati “scenari” proposti da molti divulgatori in tema di crypto, con specifico riferimento a Bitcoin. Tale scenario è esprimibile in uno slogan piuttosto inflazionato, che è quello che conoscete probabilmente tutti: diventa la banca di te stesso.
Ora, se l’utente in questione ha come unica fonte di guadagno dei pagamenti nativi in satoshi, e se tutte le sue spese correnti sono effettuabili in satoshi — nativamente, ma direi anche non nativamente, basti pensare a soluzioni come Bitrefill e affini — direi di sì: l’utente è diventato indubbiamente la banca di sé stesso, e su questo non ci piove.
Ma quante ipotesi preliminari abbiamo snocciolato in riferimento a questo caso specifico? Molte. Direi anzi troppe.
Il caso, invece, per ovvie ragioni più rappresentativo e reale è quello di una normalissima persona che riceve stipendio e pagamenti correnti in un comune conto bancario (IBAN), e che solo in un secondo tempo effettua una conversione in satoshi, per convertire la quota non spesa nell’unità di tempo (ragionevolmente mensile, o al più annuale). In questo caso l’idea stessa di liberarsi dalle banche è pura astrazione, in quanto l’ingranaggio bancario risulta essere necessario in entrata, e molto probabilmente utile, se non inevitabile, anche in uscita.
Tuttavia, anche in questo secondo caso, ben più ragionevole di quello, astratto, vigente in un regime di Bitcoin standard (sia pure personale), siamo di fronte a una morfologia per certi versi approssimabile all’essere “banca di sé stessi”, con l’unica differenza della prospettiva a medio-lungo termine.
In altre parole, chi accumula satoshi in modalità onchain costruisce un capitale tendenzialmente deflativo, che non solo potrà essere speso un domani con un maggiore potere d’acquisto, ma con tutta probabilità potrà anche dar luogo a transazioni dirette e native, senza bisogno di intermediazione bancaria.
La motivazione è quindi duplice, in quanto coinvolge due fattispecie in una: deflazione e decentralizzazione, riunite nel nome di Bitcoin.
Tornando all’idea di mappa, ovvero di geografia topologica nell’uso sensato di Bitcoin, ecco che essa si pone come anello di congiunzione tra presente e futuro. Nel presente, la possibilità di accedere da subito a transazioni anonime in entrata e in uscita. Nel medio e lungo termine, invece, la dotazione di una riserva finanziaria in grado di permettere pagamenti e transazioni sia classici — ossia attraverso un cambio in moneta fiat — che in via decentralizzata, per l’acquisto di beni e servizi la cui disponibilità sarà con tutta probabilità molto più diffusa.