Una Questione di Concretezza

Bitcoin al cospetto della mistificazione. Riportare la discussione sull’uso delle valute decentralizzate ai fatti oggettivi.

Filippo Albertin
Nakamotas
5 min readNov 11, 2023

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Io parto da un concetto semplice: Di qualsiasi cosa si parli in termini di proposta a noi stessi e alla collettività, necessariamente si deve capire cosa si deve fare per ottenere un certo obiettivo, ovviamente argomentando scientificamente sui passaggi logici che legano il fare a tale obiettivo. Detto questo, le cose da fare possono essere solo e unicamente scelte tra le cose che si possono fare. In mancanza, bisogna trovare altre cose possibili da fare per rendere altrettanto possibili quelle che non lo sono, e così via lungo una catena a ritroso.

In mancanza, tutta la propaganda altro non è che una sterile manifestazione di piazza, buona solo a far pomiciare qualche liceale.

Ebbene, a livello di “mondo Bitcoin” quali sono le cose che un normale individuo può fare, indipendentemente da qualsivoglia obiettivo filosofico, politico o economico che sia ulteriore rispetto alla sua ragionevole funzione di utilità?

La mia risposta è semplice: solo tre.

  1. Nel caso il suo stipendio sia interamente speso per gli acquisti fissi necessari e correnti, giorno dopo giorno, non può fare proprio un bel nulla.
  2. Nel caso invece rimanga un certo surplus, che chiamiamo “risparmio”, può cambiarlo regolarmente in satoshi nella prospettiva di un’accumulazione a scopo di incremento del suo potere d’acquisto nel medio-lungo termine.
  3. In tutti i casi, può dichiarare al mondo di essere disposto ad accettare satoshi come metodo di pagamento.

A parte queste tre cose, che al limite possono essere riassunte in due — l’accettare BTC punto e basta, e l’accettare BTC avendo anche possibilità di comprarne al di fuori delle spese correnti (queste ultime, ovviamente, in valuta fiat) — non esistono altre cose che un individuo, con Bitcoin, possa fare.

Ipotizzando dunque un individuo che, in un modo o nell’altro, riesce ad accumulare BTC, la domanda sorge spontanea: perché accumulare?

Dal mio punto di vista, la risposta è la più banale del mondo, ed è appunto legata alla stessa motivazione che da decenni, per non dire secoli, spinge molte persone a investire in case o in oro, con la sola differenza — e relativo, innegabile vantaggio — della decentralizzazione: poter godere di più beni e servizi rispetto al tempo precedente.

Nel caso di Bitcoin, abbiamo anche una moneta che gode appunto dei vantaggi della decentralizzazione, quindi siamo a cavallo.

Esiste però tutta una cerchia di guru autoproclamati, libertari, anarcocapitalisti, fantasisti, consulenti, fricchettoni e chi più ne ha più ne metta che si ostinano a dire che queste cose — che come ho detto sono le uniche cose che un essere umano può fare con Bitcoin — porteranno a chissà che mutamento globale della società, non ho ben capito e non capisco sulla base di quale fantomatico meccanismo.

Ma soprattutto, che ci farà il massimalista anarcolibertario di turno dopo aver accumulato, che so, dieci, cento, mille BTC, che un domani si rivaluteranno per dieci o cento volte il prezzo d’acquisto? Continuerà a farli marcire nel suo wallet, oppure li venderà, o utilizzerà per comprarsi dieci ville a Miami Beach e altrettante Ferrari Testarossa? Ma soprattutto, questa azione chi andrà a privilegiare se non sé stesso, come — intendiamoci — perfettamente legittimo?

Dalla notte dei tempi esistono persone che si arricchiscono — e arricchiscono dinastie — facendo investimenti accurati nel corso del tempo, ma non si è mai visto che un certo asset di riferimento per tali operazioni speculative o deflative si tramutasse improvvisamente in moneta sonante tale da caratterizzare economie esattamente con la stessa pervasività di valute a corso legale.

Di contro, se anche tutti diventassimo esperti risparmiatori in BTC, e se anche tutti accettassimo magicamente BTC come forma di pagamento, quale idiota andrebbe a rischiare il proprio capitale mettendolo interamente in circolazione e rischiando di non vederselo più ritornare sotto forma di analogo pagamento onchain?

Ovviamente, nessuno. Nessuno nel futuro più roseo e utopistico, figuriamoci nel presente, dove un comune evasore fiscale non ha certo bisogno della predica di un cypherpunk per fare quello che gli riesce meglio, logicamente utilizzando il contante che da sempre utilizza, e non certo quella diavoleria di Bitcoin, che va su e giù continuamente.

Ogni volta che sento parlare un massimalista bitcoiner, sento sempre parlare di libertà, libertà e ancora libertà. Ma mi chiedo: quale libertà “speciale” può caratterizzare una moneta digitale decentralizzata come BTC, se come ho puntualmente dimostrato, fatti alla mano, in numerosi articoli prima di questo, una sensata accumulazione della stessa può avvenire solo e unicamente in condizioni lavorative e sociali compatibili col risparmio finanziario?

Mi si perdonerà la battuta, ma la sola “libertà” incondizionata che io vedo all’orizzonte, mediata dall’anonimato permesso in regime di decentralizzazione, è quella del sicario o spacciatore di droga colombiana che vende il suo prodotto o servizio nel dark web facendosi pagare in satoshi. Altra non ne vedo, a parte appunto l’evasione fiscale o l’occultamento di capitali — originariamente e rigorosamente in moneta fiat — alla moglie che chiede gli alimenti.

Ma restiamo sul campo degli esempi pratici e concreti. Supponiamo che io sia un comune cittadino con uno stipendio di 1500 euro mensili, ergo non certo un povero, ma neppure un ricco. Supponiamo anche che le mie spese correnti minimali ammontino, che so, a 1000 euro esatti. Ebbene, posso tranquillamente fare un piano d’accumulo mensile di 500 euro in satoshi, accumulando una riserva da usare in futuro. Ma da usare come? Pensate forse che, in caso di moltiplicazione del valore di Bitcoin per due o per tre, io non provvederei immediatamente a monetizzare una buona parte del mio capitale accumulato?

Che cosa dovrei fare? Accumularlo per sempre? La cosa può avere senso in un contesto di finanza decentralizzata, dove un certo capitale può rendermi un interesse (cosa che, attenzione, sussiste già a tutt’oggi pure per Bitcoin, però in un contesto che — guarda caso — piace gran poco ai massimalisti); ma nel caso dei satoshi accumulati in uno o più wallet digitali la cosa funziona in modo ben diverso: o li vendi, o li usi, che è poi la stessa cosa. Ed ecco che ricadiamo nel caso delle ville e delle automobili di lusso. Una volta comprate, chi avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato. La libertà che predichi è al limite la tua libertà, ma questo ha forse determinato una rivoluzione copernicana nel resto del pianeta, solo perché svariati altri individui hanno fatto come me? Che volete che vi dica. Fatico a crederlo.

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Filippo Albertin
Nakamotas

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