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5 min readDec 5, 2015

6/ Come si progetta un «battito» e il magico numero 4 ± 1

Una scena è una sequenza di battiti. Ma quanti battiti ci vanno in una scena?

«The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on Our Capacity for Processing Information» è uno dei più famosi e citati documenti di psicologia.

Pubblicato nel 1956 dallo psicologo George A. Miller del dipartimento di Psicologia dell’Università di Princeton negli “Psycological Review”, afferma che il numero di oggetti che una mente umana media può tenere in mente mentre è in funzione è, appunto, 7 ± 2.

Questa valutazione è conosciuta anche come la Legge di Miller ed in generale è sostenuta a spada tratta soprattutto da quanti non hanno letto la pubblicazione di Miller e tutto quello che è stato pubblicato poi sull’argomento. L’articolo di Miller non è un lavoro sperimentale ma solo speculativo e pur avendo l’indubbio merito di aver costruito un framework razionale per l’utilizzo della sperimentazione scientifica anche nel campo della psicologia cognitiva è in realtà carente proprio in quest’aspetto.

Ricerche successive hanno determinato che la capacità umana di si attesterebbe attorno ai 4 ± 1 piuttosto.

Quindi 4 ± 1 potrebbe essere la corretta valutazione per la suddivisione della scena in battiti, ciò porterebbe la dimensione di un battito

Il dimensionamento della lunghezza dei battiti è, tra tutte le misure riportate, quella meno stabile. Il trattamento del battito e quindi la sua lunghezza, dipende veramente molto dall’esposizione dell’autore, ma anche dal genere, dal tipo di scena ecc. ecc. Inoltre battiti diversi è ragionevole che abbiano lunghezze medie differenti.

Ma quanti tipi di battiti esistono?

All’interno di un battito possono trovare posto solo tre tipi di eventi:

  • un’azione
  • una rivelazione
  • una decisione

Esistono tipi residuali di battiti da usare con grande parsimonia (le descrizioni ad esempio, che non rappresentano una rivelazione funzionale all’intreccio).

Strutturalmente un battito è composto da quattro o più movimenti narrativi

  • la chiamata
  • le complicazioni progressive
  • la crisi
  • la risposta
  • il riscontro

Tra il movimento narrativo della chiamata e quello della crisi possono essere introdotti ad libitum uno o più movimenti di complicazioni progressive, di solito almeno uno, ma potrebbe essere assente.

La chiamata (o incidente scatenante) è ciò che muove all’azione il personaggio (in questo caso non necessariamente l’eroe ma uno qualsiasi dei personaggi della narrazione, quello che è protagonista di questo specifico battito: quindi l’eroe, il cattivo, la spalla ecc. ecc.), oppure quello che giustifica l’espressione della rivelazione o l’assunzione della decisione.

Le complicazioni progressive sono tutti quei passaggi non voluti che separano il momento in cui è sorta la necessità (la chiamata appunto) e il momento in cui questa necessità sarà soddisfatta (la risposta). Le complicazioni possono e devono agire su differenti livelli e innescare una dinamica di aggravamento della situazione in modo da rendere la crisi più drastica possibile.

La crisi è il momento in cui viene espressa l’evidenza che una risposta non è più procrastinabile senza mettere in gioco delle caratteristiche fondamentali del personaggio (idealmente la vita).

La risposta (o climax) è il momento in cui il personaggio reagisce effettivamente allo stimolo della chiamata nelle condizioni gravemente compromesse dovute alle complicazioni progressive. Su quale debba essere la risposta, specialmente dell’eroe, dovrà essere fatto un approfondimento specifico.

Infine il riscontro è la descrizione di ciò che il personaggio ottiene dall’azione. In alcuni generi ed alcuni autori usano come come caratteristica narrativa non rappresentare affatto il riscontro in modo da mantenere alta la suspence sul risultato della risposta del personaggio: il lettore capirà com’è andata l’azione in un battito successivo.

Al di là di considerazioni di opportunità o stilistiche si può facilmente considerare che, ipotizzando una produzione «in medio» sui numeri precedentemente indicati, con un battito di 400 parole ciascuno di questi movimenti dovrebbe essere rappresentato con un’ottantina di parole, ovvero un paio di paragrafi come questo.

Questo, se non altro, incentiva alla produzione di una scrittura molto diretta concentrata sull’azione.

Può sembrare un modello molto (anche troppo) schematico ed in effetti lo è ma risponde bene alla domanda: cosa devo scrivere adesso. È difficile avere crisi creative quando il percorso narrativo è così ben tracciato. Poi, probabilmente, in fase di revisione verranno idee migliori sul trattamento del battito, o dell’intera scena, ma intanto si è superato lo scoglio iniziale che è quello anche più duro: scrivere la prima stesura.

I cinque movimenti presentati come costitutivi di un singolo battito hanno in realtà un valore molto più ampio. Ogni singolo elemento del romanzo deve essere modellato su questi movimenti. Ogni battito, ogni scena, ogni atto, ogni sezione e l’intero romanzo deve rispondere alle stesse logiche.

Il rapporto, ad esempio, tra la struttura dell’intero romanzo e questi movimenti è il seguente:

Il rapporto tra le fasi del lutto ad otto componenti (MEL8) e i movimenti narrativi sono:

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