Movimenti narrativi: non avrai altro quadrante all’infuori del primo

exedre
NaNoWriMo in zona di comfort
6 min readDec 22, 2015

8/ Il fattore di reversibilità e pericolosità delle complicazioni progressive

Tra la chiamata all’azione e la crisi lo scrittore può (e dovrebbe) introdurre un certo numero di complicazioni progressive. Ogni complicazione allontana la possibilità di raggiungere il risultato e quindi alza il prezzo che il personaggio deve pagare per soddisfare il lettore. Se il personaggio soddisfacesse immediatamente la domanda posta nella chiamata:

Chiamata ➠ Risposta

Lo scrittore non starebbe scrivendo un romanzo ma rispondendo al telefono. Ogni complicazione aggiunge un elemento di difficoltà per il personaggio e la bravura dello scrittore sta proprio nella capacità di essere additivo nelle complicazioni portate sulla scena fino al punto di giungere oltre il punto di non ritorno.

Durante le complicazioni progressive provare a soddisfare parzialmente la chiamata prima che sopraggiunga la crisi è la cosa che rende più debole la storia e semplicemente non va fatto.

Tento di visualizzare una cosa con un esempio. La chiamata è causale, un amico dice al nostro personaggio di procurarsi il quotidiano di oggi dove c’è un articolo che spiega tutto sul delitto su cui il personaggio sta indagando. Il personaggio e vicino al suo obiettivo, ad esempio l’edicola è appena dietro l’angolo dell’isolato, la chiamata gli impone di raggiungerlo. L’obiettivo è proprio dietro l’angolo quindi il lettore si aspetta che il personaggio non faccia altro che fare due passi per raggiungere il suo obiettivo, leggere l’articolo e passare oltre. Invece avviene la prima complicazione, ad esempio nel fare i pochi passi che lo separano dall’obiettivo urta un passante, il passante inizia a questionare ma il personaggio, che è vicino al suo obiettivo non dà retta al passante, ma questi lo colpisce, interviene un poliziotto e indipendentemente dal fatto che il personaggio non vuole denunciare il passante, il poliziotto vuole che sia chiarita la dinamica dell’incidente, il personaggio continua a voler andare via ma questo insospettisce il poliziotto che lo ferma e lo porta alla centrale, alla centrale si scopre che esiste un suo omonimo ricercato dai federali quindi viene trattenuto in arresto, all’arrivo dei federali viene duramente interrogato per fargli svelare i nomi dei complici di un crimine altrimenti rischia una incriminazione per omicidio e possibilmente un lungo processo che potrebbe culminare con la pena di morte. È una scena assolutamente credibile, almeno per alcuni generi letterari (l’hard boiled ad esempio).

Non solo le complicazioni sono progressive e ci siamo allontanati abbastanza dal luogo della risposta che ci era stata mostrata come dietro l’angolo, ma abbiamo anche introdotto un elemento che poi sarà determinante nel successivo movimento narrativo: l’assolutezza del valore in gioco.

Se è vero che il personaggio nell’ambito di questa scena non ha altro obiettivo che raggiungere un’edicola e leggere un giornale, le complicazioni progressive hanno reso questa banale cosa una questione di vita o di morte ed è stato fatto in pochi paragrafi. A questo punto siamo tutti curiosi (io per primo come scrittore) di sapere se il personaggio riuscirà veramente a leggere quell’articolo anche se all’inizio l’idea che un indizio del nostro giallo si trovasse su una pagina di un’articolo ci è sembrata una cosa troppo semplicistica e quasi insulsa.

Le complicazioni progressive hanno «alzato il prezzo» dell’azione.

Ora mentre è in ostaggio dei federali, accusato di omicidio e potenzialmente a rischio della vita come reagirà il personaggio?

Quello che non deve mai succedere durante le complicazioni progressive è che il personaggio invece di allontanarsi dal proprio obiettivo ci si avvicina, anche un piccolo avvicinamento è deleterio non tanto perché la narrazione ne può essere compromessa ma perché abbassa la suspence di cui poi ci sarà bisogno quando il personaggio darà la sua risposta alla crisi. La polarità delle complicazioni progressiva deve essere uniforme. Prima le cose dovranno andare leggermente male, poi un po’ peggio, poi ancora peggio, poi decisamente peggio, poi la situazione deve diventare complicata, critica ed infine insostenibile, a quel punto un ulteriore elemento dovrà provocare la crisi.

Forzare gli eventi in modo che le complicazioni risultino effettivamente progressive è uno dei trucchi della scrittura. Molte storie di vita vissuta, che non ricadono effettivamente in questa escalation della complessità, risultano noiose, se si provasse anche solo a riordinare gli eventi in modo da rendere più uniformi le transizioni drammatiche si scopre che, sebbene la storia non è più esattamente aderente alla realtà, ma diventa molto più potente narrativamente.

L’elemento che appartiene al romanzo più di ogni altra cosa è la valutazione del fattore di reversibilità delle complicazioni, ovvero quella valutazione di natura quantitativa di quanto una complicazione può essere smontata semplicemente tornando indietro nell’azione. Ad esempio se entrare in un locale complica la vita del personaggio per quale buon motivo egli semplicemente non dovrebbe uscire dalla stessa strada da cui è entrato per rendere la sua vita più semplice ed eventualmente aggirare il problema? Se l’azione è reversibile allora il pathos è assente. Un’azione diventa significativa quando cambia le cose in modo persistente e il personaggio non può più tornare indietro e deve necessariamente trovare una strada nuova per uscire dalla situazione.

Se l’azione diventa irreversibile e anche pericolosa addirittura a rischio della vita allora il personaggio è chiamato veramente ad un’azione e dovrà necessariamente compierla altrimenti, come probabilmente fa ciascuno di noi, troverebbe più utile attendere. Entra quindi in gioco anche un fattore di pericolosità della complicazione.

Per valutare le complicazioni progressive è quindi possibile rappresentarle in un grafo bidimensionale a quadranti che ha come dimensioni la irreversibilità e il rischio.

Gli eventi che sono sia irreversibili che rischiosi appartengono al quadrante degli eventi «pericolosi» fino ad essere «mortali», mentre quelli che sono facilmente reversibili e poco pericolosi sono gli eventi «quotidiani».

Ciascuna complicazione trova posto all’interno di questo grafico ed è importante che la storia proceda sempre in modo che le complicazioni procedano dal basso a sinistra verso l’alto a destra. In particolare è opportuno che appartengano alla parte del piano degli eventi irreversibili.

Le due traiettorie mostrate possono rappresentare l’evoluzione delle complicazioni progressive e va notato che le curve sono strettamente crescenti (in senso matematico) in ambedue le dimensioni, si muovono sempre verso destra e/o verso l’alto senza mai tornare indietro.

L’ultima complicazione dell’insieme, che è quella che porta alla crisi, dovrebbe essere vicino allo spigolo in alto a destra, cioè dovrebbe portare ad un evento «mortale» (non reversibile e massimamente pericoloso).

Qui «mortale» va inteso certamente in senso letterale perché la vita è la cosa che più di ogni altra ha valore per il personaggio e per il lettore. Comunque il narratore può in precedenza aver costruito un insieme di valori tale per cui potrebbe non parlare realmente di morte fisica. La complicazione può mettere a rischio uno dei valori essenziali che per il personaggio sono equivalenti alla vita stessa, in questo senso è comunque un evento «mortale».

Il quadrante II, quello degli eventi «reversibili ma molto pericolosi» è il tipo di complicazioni da cui stare lontani perché suonano fasulle e comunque non aiutano veramente la storia. Se il personaggio può semplicemente tornare indietro per evitare un pericolo che è considerato molto alto diventa totalmente irrazionale che non lo faccia, questi sono i casi in cui una persona normale non agirebbe, si fermerebbe un momento per scegliere in modo meditato un’altra strada. Orrore! La non azione è Esistono condizioni esterne per cui il personaggio possa fare una puntatina nel secondo quadrante ma ogni passaggio da quella parte deve essere visto con sospetto. Il comandamento è:

Thou Shalt Not Go II Quadrant.

Posto che le complicazioni si muovano sempre e comunque verso maggiore irreversibilità e pericolosità la scelta di frequentare solo il primo o anche gli altri quadranti è strettamente correlato al genere che si sceglie. Va ripetuto perché sia più chiaro che anche quando non è la morte fisica in gioco il narratore deve fare in modo di chiarire al lettore che i valori in gioco sono tali per cui per il fallimento «valga quanto se non più della morte stessa». Il personaggio soffrirebbe e gli sarebbe impossibile elaborare il lutto, e quindi completare la sua avventura.

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