La strada verso scuola

La storia di Lava, ventenne curda fuggita dalla Siria

Alessio Belshi
Next Stop Salonicco
3 min readMar 24, 2019

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Qual è lo spirito di “Un treno per l’Europa”? Non certo quello di una visita al museo, passiva e asettica, bensì è un’operazione di sensibilizzazione che serve da specchio per riflettere uno spaccato di attualità per coloro che non hanno avuto questa possibilità. Ma di cosa parliamo? L’accoglienza: un tema che ci riguarda in prima persona oggi, in cui è indispensabile imparare insieme ad essere più umani, come suggerito dall’organizzatrice del progetto, Lorena Pasquini.

In quest’ottica si inserisce l’incontro di venerdì 22 marzo al Blue Refugee Center di Salonicco. Gli studenti che hanno aderito a tale iniziativa si sono proposti di intervistare quattro profughi provenienti da Paesi caratterizzati da atroci guerre interne in atto.

Fra questi, ci ha subito colpito l’esperienza di Lava, ragazza curda ventenne partita dalla Siria a causa della guerra civile dopo gli attacchi dei turchi contro i curdi, che duravano da un anno e costringevano a fuggire di villaggio in villaggio questa popolazione. Dal punto di vista territoriale, le grandi potenze europee non hanno riconosciuto né l’esistenza né i diritti nel corso della prima guerra mondiale del popolo curdo, stanziato fra Iran, Iraq, Siria, Armenia e Turchia in primis. Lava, scappata da Aleppo, giunse ad Efrin dove visse la guerra per 8 anni.

Quali sono le tue speranze o sogni nel cassetto per il futuro?

Lava Ibrahim incontra le studentesse — Ph. Martina Greco

“Pensare al futuro, così come al passato, è insopportabile, perché fare piani per l’avvenire risulta impossibile dopo aver toccato con mano guerra, morte e distruzione, e il ricordo riporta alla mente un dolore che è necessario superare per poter continuare a vivere. Cerchiamo di pensare unicamente all’oggi e al domani. L’unico sogno che ho per me e mio fratello è di terminare l’università”.

Quando hai deciso di partire per la Grecia, quali erano le tue aspettative verso questo Paese e sono state rispettate?

“Così come andando a scuola il mio unico pensiero era se al ritorno avrei riabbracciato la mia famiglia, anche durante il viaggio verso l’Europa le mie preoccupazioni erano rivolte unicamente a loro. Le mie uniche aspettative consistevano nella loro salvezza. Posso però dire che, nonostante le difficoltà incontrate inizialmente, ho avuto modo di conoscere persone meravigliose ed amichevoli”.

Qual è l’oggetto a cui tieni di più che hai portato con te dalla Siria?

“Porto sempre con me, nella mia mente, due fotografie. Una ritrae la Siria prima della guerra, un Paese normale in cui ho vissuto un’infanzia felice, circondata da persone amiche con cui ho perso da tempo ogni contatto. La seconda immortala il Paese com’è oggi conosciuto al mondo, in cui le abitudini quotidiane sono stravolte e una ragazza per andare a scuola deve indossare il burqa, celando il volto e la propria identità di curda, senza mai sapere quando verrà il giorno in cui, sulla strada di mezz’ora che percorre prima e dopo le lezioni, verrà arrestata”.

di Marco Domenico Isola e Alessio Belshi

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