Europa: così vicina, così lontana

Anna Benevolo
Next Stop Sarajevo
Published in
3 min readNov 7, 2016

La voce di tre studentesse universitarie sul futuro targato UE: le speranze ma anche i dubbi di una generazione

Gli studenti del corso di italiano dell’università di Sarajevo

I giovani scalpitano, qui in Bosnia. La mentalità dei loro stessi genitori è, a volte, il primo ostacolo da superare. Si chiamano Arijana, Amila e Hasija, sono studentesse dell’Università di Sarajevo, tutte e tre studiano anche la lingua italiana. Sono loro a prendere la parola nell’incontro sul significato della cittadinanza europea e sulle loro aspettative per il futuro, che si è tenuto a Sarajevo il 4 novembre scorso.

Le abbiamo incontrate per saperne di più, sulle loro previsioni riguardo ai cambiamenti che avverranno in Bosnia-Erzegovina successivamente all’annessione all’Unione Europea. La Bosnia-Erzegovina, infatti, ha fatto domanda nel febbraio 2016 poiché era stata ritenuta una potenziale candidata.

Le loro voci sono di speranza, ma anche critiche. Parlano dei lati negativi del loro Paese, in primis il disinteresse della popolazione nei confronti della piaga della disoccupazione che affligge l’economia. E ancora le preoccupazioni riguardo all’arretratezza del Paese, soprattutto nella mentalità poco aperta e tradizionalista rispetto ai cambiamenti e al modello europeo.

«La gente è chiusa» dice Arijana Porča, ventiduenne dolce e pacata «e noi giovani dobbiamo fare qualcosa per allargare gli orizzonti, fare dei passi verso la modernità: cambiare, studiare, viaggiare».

E sono proprio i giovani a lamentarsi di questa chiusura, per questo in molti decidono di emigrare in Paesi più sviluppati, dove hanno sbocchi lavorativi e possibilità di migliorare la qualità dei loro studi.

Così la pensa anche Hasija Omerbegović, che desidera trasferirsi in Italia per proseguire gli studi di psicologia e sociologia e trovare lavoro nel nostro Paese; proprio per questo ha intrapreso lo studio della lingua italiana.

Amila Omanović, studentessa di lettere a Sarajevo

Il tema della mentalità chiusa sembra essere decisivo anche per Amila Omanović, studentessa di lettere:

«Questo li rende più poveri spiritualmente ed anche dal punto di vista intellettuale. Quando superiamo i confini mentali, superiamo i confini fisici: non abbiamo pregiudizi sugli altri Paesi, sulla gente diversa da noi».

L’annessione all’Unione Europea, dicono tutte e tre, è un altro elemento che potrebbe smuovere la popolazione, aiutarla ad accettare i cambiamenti. Porterà miglioramenti, certo, tuttavia nessuno può sapere quale sarà l’impatto reale sulla popolazione. Giudizi positivi anche sui cambiamenti che potrebbero avvenire in ambito scolastico, in particolar modo universitario: si potrà viaggiare più liberamente, c’è l’Erasmus, ci sono gli stage di lavoro.

Ancora Hasija: «Lo svantaggio è che la Bosnia, essendo un paese piccolo in via di sviluppo, non potrà stare al passo dell’Unione Europea, perché qui le cose si svolgono più lentamente».

La paura è che le altre potenze europee surclassino la Bosnia, soprattutto a livello economico, poiché l’economia bosniaca è di recente fioritura, rallentata dall’esperienza della guerra.

«L’annessione sarà uno shock per noi» conclude Amila «perché la maggior parte della gente non potrà abituarsi alla nuova situazione».

Il manifesto esposto fuori da un Jazz Club

Basta guardarsi intorno camminando per le vie di Sarajevo, dove manifesti appesi sui muri ricordano ai cittadini quali orrori hanno dovuto passare e le colpe dell’Unione Europea a riguardo. Gli interventi nella guerra, le idee più progressiste, l’appoggio all’ONU: l’annessione è un’idea per nulla condivisa. I cittadini si dimostrano reticenti ai benefici economici e culturali che l’entrata nell’UE dovrebbe portare. I giovani pensano che la tradizione sia troppo radicata e il pensiero troppo conservatore, ma la Bosnia-Erzegovina ha un’identità culturale ed una storia da preservare e non dimenticare. Dove penderà la bilancia è ancora difficile da prevedere. Il cammino è lungo.

Alessia Belleri, Anna Benevolo, Giulia Anzini (Istituto Lunardi di Brescia)

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