Il bivio della nuova generazione

Umberto Bezzi
Next Stop Sarajevo
Published in
3 min readNov 10, 2016

Lamija, studentessa universitaria, racconta il sogno di un’Europa senza barriere

“L’identità è qualcosa di molto personale e al contempo che condividiamo con tutto il mondo. Ognuno di noi crea legami attraverso l’amicizia, i viaggi, l’amore ed il lavoro. Identità è anche poter essere qui con voi stasera perché credo che sia un forte strumento, se usato nel modo giusto, e se si rispetta quella altrui”.

Lamija Skalonja, studentessa di letteratura italiana all’Università di Sarajevo, è sorridente, forte e coraggiosa. È nata nel sotterraneo di un ospedale durante l’assedio di Sarajevo, suo padre è stato ferito più volte in guerra: i suoi ventidue anni hanno molta più storia di quanto non dovrebbero avere. Camminando per la sua città, parla di Europa, in bilico fra le aspettative di una ventenne e i dubbi di una nazione.

Cosa cambierebbe nella tua vita quotidiana essere cittadina europea?

Molte cose! Prima di tutto l’ambiente nel quale noi studenti viviamo. Poi le opportunità di carriera, che non abbiamo in questo momento: sentirsi cittadini europei è un concetto relativo, poiché il processo per entrare è molto lungo, anche se la richiesta ufficiale è già stata fatta.

L’Europa è nata per difendere la pace. Secondo te sta riuscendo a raggiungere questo obiettivo?

Parzialmente. Il mio Paese, in particolare, non è ancora unito ed all’interno dell’Europa ci sono forti identità nazionali. La mia risposta è sì e no: anche se stiamo vivendo un periodo di relativa pace e tranquillità ci sono comunque problemi come l’immigrazione e gli attacchi terroristici.

Come affronteresti un problema come l’immigrazione?

Siccome sono nata e cresciuta in una città multiculturale, questo è un problema che non è mai esistito per me. Io studio con Serbi, Croati e altri Bosniaci. C’è una sola vera barriera: i pregiudizi.

La guerra ha influenzato la tua visione di “identità”?

No, non lo ha influenzato.

Oggi gli studenti di Sarajevo si sentono uniti oppure ci sono ancora pregiudizi?

Dalla mia esperienza personale, in Sarajevo non ci sono più pregiudizi tra studenti. Nonostante le diverse nazionalità ed origini, io ed i miei compagni di classe andiamo molto d’accordo.

In che modo i giovani di Sarajevo contribuiscono ad un futuro senza confini?

La cosa più importante è conoscere l’altro lato delle credenze delle persone e delle nazioni: religione, guerre ed etnie. È uno dei problemi odierni di Sarajevo e ci lavoriamo ogni giorno duramente. Vogliamo davvero far parte dell’Unione Europea, ma non sappiamo cosa aspettarci e vedremo cosa succederà nel futuro!

Secondo te, che cosa dovrebbe fare ognuno di noi per creare una confederazione di Stati Europei?

La comunicazione ed il rispetto degli altri è essenziale per assicurarsi che l’Unione Europea possa diventare unita e non essere fatta di tanti diversi Stati con una forte identità nazionale ed una debole identità europea.

Umberto Bezzi, Andriana Botnari, Karina Bono, Luca Di Martino, Gloria Reboldi, Alessandro Iervasi (Istituto IPSSAR Mantegna di Brescia)

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